Intermot 2004: belle moto lassù a Monaco
Nonostante la mai troppo citata crisi che più o meno continua ad imperversare sull’Europa, allo scorso EICMA novembrino abbiamo ammirato parecchie novità di spessore. Novità interessanti e in alcuni casi decisamente coraggiose, se pensiamo alla chiacchieratissima Kawasaki H2 sovralimentata, e a nuove, sofisticatissime supersportive del calibro della Yamaha R1 ed R1M (che tutti naturalmente aspettiamo al varco nel mondiale, ma per quest’anno in pista la vedremo solo in Superstock), ma anche della stessa Ducati Panigale 1.290, che attualmente in Superbike non potrà correre per ovvi motivi regolamentari, ma domani chissà…Senza scordarsi, naturalmente, della super Honda RC213V-S da oltre 100.000 euro.
Non possiamo certo evitare di sottolineare che il defunto 2014, a livello di numeri di vendita, ha finalmente registrato un trend positivo, seppur con un timido +1,4%: un “+” che mancava dal lontano 2007, il che in effetti dovrebbe risollevarci un pochino il morale. Il quale tende invece a ripiombare nel baratro se, azionando la virtuale macchina del tempo per tornare al 2004, andiamo a curiosare non all’EICMA, bensì all’Intermot di Monaco: in quegli anni, infatti, Italia e Germania si alternavano saggiamente nell’organizzare il più importante salone motociclistico, dove apparvero parecchie novità di rilievo che avremmo poi visto circolare nella stagione successiva.
Ma andiamo a scoprire come andò il mercato italiano nel 2005, per constatare quale fu l’indice di gradimento delle novità presentate all’Intermot del settembre precedente. E poi andremo a verificare come, e quanto siano cambiati i nostri gusti motociclistici dopo dieci anni esatti, comparando i dati di allora con quelli del 2014.
Intanto, il consuntivo globale delle immatricolazioni del 2005 si discostò di poco – in negativo - da quello dell’anno prima: numericamente parlando, infatti, furono immatricolati 414.751 motoveicoli (147.152 moto e 267.599 scooter), contro 416.643 (144.194/272.449). In un anno, insomma, globalmente si persero per strada 1.892 motoveicoli, corrispondenti ad una percentuale negativa dello 0,45%. Una lieve perdita che colpì segnatamente l’immatricolato scooter (- 4.850 veicoli), a favore delle moto (+ 2.958). Visto che il bilancio motociclistico globale del 2014 riporta un immatricolato totale di 156.046 motoveicoli, è più che comprensibile che vengano i lacrimoni agli occhi. Ma un minimo di ottimismo, tuttavia, ci pare comunque doveroso.
Comunque sia, la classifica generale delle vendite del 2005 vedeva in testa la Honda, con 91.606 immatricolazioni. Seguiva a ruota Piaggio: 77.356 pezzi, considerando però anche la cospicua fornitura di Liberty 125 alle Poste Italiane. Al terzo posto figurava la Yamaha: 67.929 pezzi venduti in sell-out, tra moto e scooter. Dopo di ché troviamo Aprilia (31.988 veicoli: anni d’oro…), davanti a Suzuki, Kymco, Kawasaki, BMW, Malaguti (altro illustre scomparso) a quota 10.509 veicoli. Seguivano Ducati, Harley-Davidson, KTM, Gilera (che oggi ha in listino solamente il Runner 125, peraltro ancora attualissimo…sigh…), Moto Guzzi, Triumph, Husqvarna, SYM, Peugeot, Beta e, al ventesimo posto, le 1.874 MV Agusta.
Come nel 2005, anche nel 2014 la classifica italiana dei primi 20 costruttori vede in testa la Honda (36.953 veicoli), con alle spalle Piaggio (22.906) e Yamaha (20.650), con Kymco al quarto posto con 16.671 immatricolazioni. Seguono BMW, KTM, Harley-Davidson, Suzuki, Kawasaki, SYM, Ducati, Peugeot, Aprilia, Triumph, LML, MV Agusta, Beta, Moto Guzzi, Husqvarna e Benelli, che chiude la fila con 500 veicoli immatricolati.
Molto significativo il fatto che Aprilia, che nel 2005 era quarta con quasi 32.000 mezzi immatricolati, abbia venduto quasi quanto Honda vende oggi….
Crediamo sia anche interessante esaminare come sono cambiati i gusti dei motociclisti, nell’arco dell’ultimo decennio. Dieci anni che anno visto affermarsi sempre più le maxi enduro, e finire quasi nel dimenticatoio le supersportive – da 125 a 1000 di cilindrata - che ci sono ancora, ma con vendite letteralmente risibili rispetto a quelli che erano tempi d’oro per le “mezzi manubri”. Stiamo parlando di 31.593 unità (suddivise in 22 modelli) presenti tra le top 100 del 2005 - contro le 1.465, suddivise in 7 modelli, del 2014. E nell’ambito dello stesso segmento, è anche tristemente interessante notare che le “600” siano praticamente sparite (almeno tra le prime cento in classifica), mentre stanno pian piano facendosi notare le piccole cilindrate, da 250/300/390 cc.
Per chi volesse approfondire più accuratamente l’argomento, abbiamo preparato anche un pdf che riporta appunto le top 100 moto del 2005 e del 2014 affiancate, modello per modello e segmento per segmento, utilizzando i colori per valutare più facilmente dove e come si è orientato il mercato in dieci anni. Qui ci limitiamo ad aggiungere che abbiamo analizzato le prime cento moto in classifica, quindi il numero totale per ogni segmento è superiore, e che le tipologie sono quelle indicate nei dati forniti dal Ministero ed elaborati dall'Ancma. Per cui può capitare che modelli di impostazione simile abbiano cambiato categoria di appartenza dal 2005 al 2014.
Le meraviglie di Intermot 2004
E ora andiamo a riscoprire le protagoniste della kermesse tedesca di un decennio addietro, raccontate come se fosse oggi e naturalmente in ordine alfabetico. Quindi partendo dalla nostra Aprilia, che proprio il 28 dicembre di quell’anno venne ufficialmente ceduta da patròn Ivano Beggio al Gruppo Piaggio.
Aprilia
La Casa di Noale portò al Salone teutonico con una bella monocilindrica: la Pegaso 650 Strada, apprezzabile “mono” spinta dal poliedrico motore Minarelli-Yamaha 660 a iniezione da 50 cv nato per le varie Yamaha della serie XT, e che a Monaco esordiva anche sulla ardita Mulhacèn di Derbi, marchio inglobato anch’esso in Piaggio tre anni prima.
Snella ed elegante, la nuova Pegaso era una moto ben concepita: una “stradale” con ruote in lega da 17”, con una comoda sella biposto, cupolino autoportante inglobante la classica strumentazione analogico-digitale usata per vari modelli Aprilia. Inoltre godeva di un comodo portaoggetti ricavato sul serbatoio, oltre ad un piccolo vano sotto la sella. Ed entrò in listino al prezzo di circa 7.000 euro, e nel 2005 si piazzò al 35esimo posto nell’elenco delle prime 50 moto immatricolate, subito dopo la sorellina sportiva RS125.
Allo stand Aprilia c’erano anche le primissime, sofisticate bicilindriche (MXV da cross ed SXV da supermotard, ma era prevista anche la RXV da enduro e, più avanti, la moto destinata ai grandi Rally) che avevano debuttato proprio quell’anno, segnando il ritorno di Aprilia nel motocross dopo quasi un ventennio, e vincendo subito il Mondiale SM. A fine 2003, infatti, erano stati presentati i formidabili motori 45.V2 e 55.V2 (da 450cc/57cv e 550 cc/62 cv) farina del sacco dell’ingegner Ampelio Macchi (oggi a capo della rinata SWM): si trattava di compattissimi quanto evoluti bicilindrici a V di 77° da poco più di 20 kg, alimentati a iniezione elettronica (Dell’Orto), con distribuzione monoalbero in testa e 4 valvole in titanio per cilindro, e relativi coperchi teste con tagli asimmetrici, per facilitarne la manutenzione. I motori disponevano inoltre di cambi estraibili a 4 o 5 marce, ed era addirittura possibile modificare la fasatura di accensione da “screamer” a “big bang”, e viceversa, semplicemente modificando la posizione dell’albero a camme ed utilizzando un’apposita mappatura dell’accensione. Moto davvero raffinatissime, che ebbero naturalmente seguito anche nella produzione di serie – i loro prezzi variavano dai 9.000 ai 10.000 euro circa - ma che tuttavia (purtroppo) erano destinate ad aver carriera breve.
Novità tecnica di rilevo, per passare al mondo scooter, fu l’avvento dell’ABS sul confortevole Scarabeo 500, un GT automatico spinto dal motore Piaggio Master 460, il cui prezzo fu fissato in 6.490 euro.
Benelli
Passando dal Veneto alle Marche, ecco che il marchio del Leoncino, allora ancora appartenente alla famiglia Merloni (che però solo un anno dopo la cedette all’attuale proprietà, il gruppo cinese Quanjiang), portò in Germania tre versioni speciali della poderosa TNT 1130, la cattivissima naked tricilindrica presentata l’anno prima: si trattava della Titanium, ricca di materiali e componenti pregiati (prezzo 18.600 €), della Sport (14.200 €) e del prototipo Café Racer, con i mezzi manubri.
Quanto alla sportiva Tornado Tre 900 (che nel biennio 2001/2002 corse anche in Superbike pilotata dall’australiano Peter Goddard), oltre alle nuove colorazioni, ne venne presentato anche un ambizioso prototipo dotato di un ardito telaio completamente in fibra di carbonio, denominato “Carbon Flow”, che praticamente abbracciava la moto in quasi tutta la sua lunghezza. Il tutto rimase ovviamente allo stato prototipale.
Beta
Grande sorpresa per gli amanti delle gomme tassellate, da parte del costruttore fiorentino, e non si trattava di trial - settore peraltro florido per il marchio Beta, che presentava la sua REV-3 aggiornata, ma ancora col motore a 2 tempi (dal 2006 il 4 tempi sarebbe diventato obbligatorio). Al Salone tedesco, infatti, si respirava tangibilmente aria di ritorno all’enduro vero, e – udite, udite – con una spintarella venuta dal nord, nella fattispecie dall’Austria, leggi Mattighofen. A Monaco, infatti, c’erano ben quattro modelli Beta enduro nuovi di zecca, tutti con motori KTM a 4 tempi, da 250, 400, 450 e 525 cc: i rispettivi prezzi spaziavano orientativamente dai 7.900 agli 8.600 euro.
Bimota
La factory riminese si presentava all’Intermot premiata con il Motorcycle Design Association Award, conferito all’ambiziosissima superbike stradale DB5 disegnata dal compianto Sergio Robbiano, scomparso pochi mesi fa. La nuova supersportiva romagnola, spinta dal motore Ducati 1000DS desmodromico a 2 valvole raffreddato ad aria, sfoggiava un minimale telaio a traliccio e una carrozzeria decisamente originale, ovviamente con le ben note finiture di gran pregio e profusione di particolari e componenti speciali, per un peso dichiarato .
Il prezzo indicativo dichiarato era di 24.000 euro.
BMW
I padroni di casa con l’elica sul serbatoio sfoggiavano le loro nuove quadricilindriche in linea. Debuttava infatti pubblicamente la potente K1200S da 167 cavalli disegnata da David Robb, già presentata alla stampa addirittura nel mese di marzo e della quale entro il 2004 erano previsti solo 278 esemplari, da consegnare ai concessionari a settembre al prezzo di circa 16.500 euro. Ma quella che allora era la BMW più sportiva mai costruita sarebbe invece stata commercializzata a 2005 avanzato, per problemi di notevole rumorosità del gruppo frizione/cambio, riscontrati durante il test di lancio. E al suo fianco, a Monaco apparve anche l’inedita versione naked: la K1200R da oltre 160 cv, quindi nettamente al top di categoria. Si trattava letteralmente della versione spogliata della K1200S: via la carena, doppio faro asimmetrico della GS, rifiniture di stile attorno al radiatore, ed ecco fatto. Ferma restando, naturalmente, la nuova, sinuosa sospensione anteriore Duolever pressofusa in alluminio. Prezzo stabilito: 14.500 euro.
A Monaco 2004 si aprì dunque un nuovo ciclo (inaugurato dai due modelli sopra citati) , e nel contempo se ne chiuse un altro con la presentazione della R1200C Montauk (14.500 euro circa il suo prezzo), che sanciva la fine delle ardite cruiser BMW lanciate nel ‘97, delle quali erano state fino ad allora vendute 40.000 unità a livello mondiale.
Borile
A fianco alla nota café racer B500CR, Umberto Borile presentava a Colonia l’interessante B651 Scrambler, spinta dal bel monocilindrico “superquadro” (con alesaggio e corsa di 94x94 mm) della custom Suzuki Savage, modificato dallo stesso Borile nell’aspirazione e nello scarico, con cambio a 5 marce e logicamente con trasmissione finale a catena anziché a cinghia. Dotata di forcella Ceriani ed ammortizzatori Paioli, freni a disco da 260 e 220 mm e ruote da 21 e 17 pollici davanti e dietro, la bella special padovana pesava solo 142 kg a secco, ed era prezzata indicativamente a 9.500 euro.
Cagiva
Nulla di realmente nuovo da Schiranna, semmai alcune modifiche apportate alle naked Raptor 650 e 1000, dotate degli ottimi bicilindrici Suzuki: la 650 acquisiva l’alimentazione a iniezione elettronica a doppia farfalla, oltre ad un manubrio un po’ più basso e un piccolo cupolino ridisegnato, sostenuto da supporti integrati in lega leggera poggiati sulla piastra inferiore della forcella. Il prezzo della Raptor 650 era di circa 7.400 euro. Le modifiche di cui sopra riguardavano però anche la Raptor 1000, con in più l’arrivo dell’ammortizzatore di sterzo trasversale. (prezzo indicativo 9.700 euro). Da notare l’acquisizione dell’omologazione Euro-2 per la carinissima, piccola Raptor 125 (nata come Planet nel 1997 e ribattezzata proprio in occasione del Salone tedesco), strettamente derivata, com’è noto, dalla ambitissima Mito, della quale acquisiva anche lo scarico stile racing. La mini Raptor costava circa 4.300 euro.
CR&S
Esordiva in Germania la prima moto costruita dalla milanese CR&S, da realizzare in piccola serie su ordinazione. Una snellissima naked sportiva dal peso di soli 130 kg, e dal nome apparentemente strano: Vun, che in dialetto milanese significa “uno”, riferito al fatto che la leggerissima special in questione montava un motore monocilindrico, nella fattispecie un Rotax di derivazione BMWG650GS. Il prezzo dell’interessante proposta meneghina era ancora da definire, ma comunque sarebbe variato a seconda delle esigenze tecniche ed estetiche dell’acquirente. Con la particolarità del libretto di istruzione realizzato in milanese, italiano ed inglese.
Derbi
Sorpresona da parte del celebre e plurititolato (nel motomondiale) brand spagnolo del Gruppo Piaggio, noto specialista delle piccole cilindrate, che a Monaco scosse letteralmente gli appassionati con una ardita monocilindrica dallo stile tanto originale quanto attraente. L’oggetto si chiamava Mulhacén 659 (dal nome della montagna più alta della penisola iberica: 3.482 metri, giusto per la precisione), e, come già detto, montava il noto motore Minarelli-Yamaha 660, modificato in alcuni particolari estetici decisamente riusciti. Il monocilindrico monoalbero da 48 cv era appeso a un leggero e minimalissimo telaio in tubi tondi superiori, con un bellissimo forcellone in lega leggera, forcella a steli rovesciati e ruote a raggi da 18” dotate di intriganti dischi freno marcatamente dentati e pneumatici per uso misto.
Il tutto vestito da sovrastrutture anch’esse minimali d’ispirazione vagamente dirt-track, e con tanto di scaricone laterale rialzato, decisamente cool. Un mezzo assolutamente interessante, la Mulhacén, che però sarebbe arrivato dopo una annetto, con un prezzo indicativo abbastanza altino: circa 7.500 euro. Ma all’Intermot erano presenti anche parecchie altre novità, tra le quali citiamo le due nuove GPR, con motore 125 a 2 tempi: la sportiva carenata derivata dalla omologa 50 (circa 4.900 euro) e la naked Nude, dotata di doppio faro e scarico rialzati, in listino a circa 4.700 euro. Nuovo anche l’aggressivo scooterino sportivo GP1 50, con tanto di motore centrale e trasmissione a catena, telaio e forcellone in alluminio e look che definire aggressivo è riduttivo. E c’erano anche i nuovi GP1 125 e 250: stesse caratteristiche de cinquantino, ma con il motore posteriore da scooter “normale”.
Ducati
Novità a nome Multistrada, con l’arrivo della entry-level 620, dalla colorazione tendente all’arancione oppure Dark, in nero opaco. La Multistrada “piccola”, colore a parte, è distinguibile a colpo d’occhio dalla 1000 per via del suo forcellone posteriore tradizionale a bracci rettangolari, in luogo del ben più attraente (e certamente più costoso) e carismatico monobraccio. Tutto il resto è condiviso con la sorella maggiore, tranne chiaramente il prezzo: 8.000 euro per la Dark e 8.800 per la standard, contro i 12.000 della sorella maggiore.
Prezzo ancora da stabilire, invece, per la nuova Multistrada 1000S, accessoriata con sospensioni Öhlins totalmente regolabili, manubrio a sezione differenziata e, dulcis in fundo, parafango anteriore e cartelle copri cinghie di distribuzione realizzate in fibra di carbonio. La sua quotazione venne fissata in 13.500 euro.
Nel 2005 furono venduti 999 esemplari della Multistrada 620, 39ª moto più venduta, seguita a ruota dalla 1000, con 981 vendite.
Ma ad Intermot 2004 debuttava anche la Monster S2R 800, replica estetica della S4R – quindi con strisce nere o bianche longitudinali su cinque colorazioni disponibili, doppio scarico laterale (con polmone inferiore) e naturalmente con sospensione posteriore monobraccio. Ovviamente, però, sotto al telaio a traliccio figurava il mitico Desmo a due valvole raffreddato ad aria da 77 cv, alimentato a iniezione e dotato di frizione APTC antisaltellamento, graditissima quanto morbida da azionare. Prezzi: 8.500 euro per la Dark, 8.800 per la standard, e 12esima moto venduta nel 2005, con 2.394 esemplari immatricolati.
Oltre alle varianti Dark anche per altri modelli, supersportiva 749 compresa, a Monaco apparve anche la costosissima superbike 999R col motore Testastretta completamente rivisitato, e portato a 150 cv: livello mai raggiunto prima da una Ducati, abbinato ad una coppia di circa 12 kgm a 8.000 giri. Il prezioso oggetto era quotato 30.000 euro. Nel 2005 furono immatricolate 979 Ducati 999 (42ª), ma non sappiamo se tra esse fosse compresa anche qualche 999R.
Ghezzi&Brian
La piccola factory lecchese, fondata nel 1999 da Giuseppe Ghezzi e da Bruno “Brian” Saturno, esponeva a Monaco una naked davvero affascinante. Prendendola un po’ alla larga, ricordiamo che la G&B nacque in seguito ai risultati lusinghieri dello stesso Ghezzi, tecnico ben noto per il suo smisurato amore per la Moto Guzzi, che in sella alla special da corsa da lui preparata nel 1996 vinse il Campionato Italiano Supertwins, emanazione nostrana del combattutissimo challenge B.O.T.T. (Battle Of The Twins), nato in U.S.A. e subito estesosi anche in Europa ed oltre, e ovviamente riservato esclusivamente alle moto bicilindriche.
In Ghezzi&Brian si iniziò dunque a costruire repliche della special di Ghezzi, omologate per uso stradale, con sotto il V2 Guzzi 1100, col nome di Super Twin. Ma presto seguì anche la versione spogliata, la grintosa naked Furia. Alla quale fece seguito appunto la Fionda esposta a Monaco. La Fionda differiva dalla Furia nell’avantreno – doppio disco anziché discone perimetrale singolo, pinze Brembo radiali, forcella marzocchi da 50 mm, faro singolo bislungo anziché due polielissidali sovrapposti - nella sella più corta e slanciata con codino rialzato, e nelle ruote a 10 razze anziché 5. Prezzi, anche in questo caso, da appassionati facoltosi: circa 30.000 euro.
Harley-Davidson & Buell
Si respirava un’atmosfera piuttosto vintage allo stand Harley-Davidson. In particolare per la presenza dell’affascinante forcella Springer a mollone centrale sulla nuova Softail Classic, naturalmente spinta dal bicilindrico V2 TC88 Big Block da 1.450 cc a iniezione, con doppio contralbero di bilanciamento. Il tutto per circa 20.000 euro.
Nel 2004 non esisteva ancora l’attuale progetto CVO (leggi “Custom Vehicles Operation”), ma ogni anno dalla sede di Milwaukee uscivano comunque alcuni modelli speciali e conseguentemente costosi, realizzati su ordinazione con parti aftermarket scelte dal super-catalogo Screamin’ Eagle. Le tre special presentate a Monaco per il 2005 erano una Electra Glide gialla e argento dalle grafiche particolarmente attraenti; una V-Rod arancione e nera con ruote in lega a 5 razze ed altri ritocchi estetici, ma soprattutto con motore portato da 1.130 a 1.250 cc – che dal 2008 avrebbe equipaggiato tutte le versioni – e una Fat Boy rosso e argento.
La novità del marchio Buell (allora ancora legato alla Casa madre H-D) era invece l’interessante versione SX City Lightning della XB9, quindi dotata del “vecchio” motore da 984 cc da 92 cv (mentre già erano in listino i modelli XB12 da 1.203 cc e 103 cv): un allestimento particolarmente interessante ammiccante allo stile motard, quindi con sella più alta e praticamente piatta, manubrio con traversino e paramani rigidi, fari velatamente “protetti” da un paio di grigliette e pneumatici ibridi Pirelli Scorpion Sync. La SX costava circa 9.900 euro.
Honda
Per il 2005, in Honda avevano pensato di dare una ripassatina alla CBR600RR. Quindi ne avevano alleggerito l’avantreno con una nuova forcella a steli rovesciati da 41 mm tutta regolabile, dotata di pinze freno radiali e dischi da 310 mm. Leggermente modificati in alcuni dettagli anche telaio, forcellone, scarico e codino, mentre il motore, a parità di potenza (117 cv) beneficiò di pistoni ed iniettori nuovi. Prezzo praticamente invariato: circa 10.400 euro. Le classifiche di vendita del 2005 accomunavano la CBR600RR e la sorella CBR600F al 4° posto assoluto in classifica, con 5.660 esemplari immatricolati.
Esordio assoluto, invece, per la monocilindrica FMX650, piacevole supermotard dotata del motore della Dominator, seppur in versione fin troppo addolcita, causa le sempre più penalizzanti restrizioni omologative relative alle emissioni. Interessante il prezzo: 5.600 euro, che certamente aiutò a vendere i 1.008 esemplari della nuova monocilindrica Honda, che figurava al 38° posto nella classifica vendite del 2005.
Altro esordio assoluto per il genialmente originale Zoomer, praticamente spoglio di sovrastrutture ed estremamente minimale: quindi con telaio e motore in bella vista e freni a tamburo, ma con avviamento sia elettrico che a pedivella, e un poderoso doppio faro anteriore sovrastato da un mini-portapacchi, ovviamente in acciaio, come il posteriore (dotato di poggia schiena). Una nuova concezione di veicolo ideato espressamente per la mobilità urbana, spinto da un “frullino” a quattro tempi (da 4 cavalli) dai consumi ovviamente risibili - 50 km/l dichiarati - e con svariate possibilità di personalizzazione. Il tutto al prezzo di 1.990 euro. Un motorino simpaticissimo, di quelli destinati a diventare una sorta di cult.
Ma il 2005 avrebbe segnato anche il 30° anniversario della leggendaria Goldwing, celebrato con un’edizione speciale della poderosa 1800 esacilindrica, ovviamente contrassegnata dagli appositi loghi, e disponibile in blu, amaranto o grigio metallizzati.
Nuove anche l’enduro CRF450X e la trial Montesa (marchio iberico di proprietà Honda) Cota 4RT con motore a 4 tempi, che anticipava l’abolizione dei motori a 2 tempi nelle competizioni di trial, a partire dal 2006.
Sempre attenta alla sicurezza, Honda presentò a Colonia anche uno scooter Silver Wing 600 dotato di Airbag in fase di sviluppo, che esattamente due anni più tardi, sempre all’Intermot tedesco, sarebbe comparso di serie sulla stessa Goldwing.
Husqvarna
Nel 2004 il gruppo MV Agusta presentò a Colonia la nuova Husqvarna SM610, aggressiva supermotard stradale “disegnata” da Miguel Galluzzi attorno al monocilindrico Husky dotato di doppio contralbero di bilanciamento, pompa dell’olio ed avviamento elettrico. Il prezzo venne fissato in 7.500 euro. Inoltre venne riproposta anche la bella enduro TE510 Centennial, celebrativa del 100° compleanno del glorioso marchio ex-svedese, festeggiato l’anno precedente. Prezzo da delirio: 18.000 euro!
Hyosung
Il costruttore coreano portò in Germania le versioni semicarenata e completamente carenata della già nota naked Comet GT, denominate rispettivamente GT650S ed R. Si trattava di una bicilindrica a V di 90°, che per i soliti motivi di “passaparola” moltissimi credettero fosse dotata dell’omologo motore delle Suzuki SV650, con il quale il gemello coreano in effetti non aveva assolutamente nulla in comune, se non la configurazione tecnica.
Lo stesso motore era presente anche sul prototipo della decisamente estrosa custom Aquila, anch’essa esposta a Colonia, ma che sarebbe arrivata più avanti.
Proprio nel 2004, le moto coreane arrivarono in Italia tramite l’importatore Hyosung Italia di Bolzano, sostituito dall’estate 2014 dalla Media Auto Srl, con sede a Rosà (Vicenza). La Comet GT650S costava circa 6.200 euro, 20 in più della GT/R.
Kawasaki
A soli due anni dalla presentazione dei modelli precedenti, da quel di Akashi arrivò a Colonia la nuova ZX-6R 636 (sempre affiancata dalla 600RR, base regolamentare per partecipare al Mondiale Supersport), vistosamente rivisitata a partire dallo scarico – piazzato in alto, sotto a un codone più abbondante – ma anche nella carrozzeria. Nuovi anche il forcellone posteriore, abbondantemente rinforzato, e i dischi freno a margherita. Quanto al motore, erano stati ridisegnati i pistoni, la testata (e relative misure delle valvole) e i profili delle camme. La nuova Ninja 636R costava 10.200 euro, mentre per la 600RR occorreva spendere circa 300 euro in più. Le Ninja “medie” ebbero un buon successo l’anno successivo, visto che figuravano i piani alti della classifica vendite, occupando il sesto posto con 3.909 esemplari immatricolati.
L’apprezzatissima naked Z750 presentata l’anno prima, invece, accoglieva la sorellina Z750S dotata di una ben dimensionata semicarenatura - che oltre al faro differente ospitava anche un nuovo cruscotto con tachimetro e contagiri analogici - oltre a manubrio, sella e codone ridisegnati per un un’ergonomia più accettabile col passeggero a bordo. Il prezzo della Z750S (7.650 euro) era di soli 200 euro superiore a quello della sorella naked. In quel periodo la naked di Akashi andava a gonfie vele: con 6.986 esemplari immatricolati (tra i quali sicuramente figuravano anche le nuove 750S), figurava infatti sul terzo gradino del podio del mercato 2005, assieme alla leader Yamaha FZ6/Fazer (10.909 vendite) e alla Honda Hornet 600 (8.365).
Passando al mondo custom, la grossa e lussuosa VN Classic Tourer si ritrovava col suo “coppioso” bicilindrico V2 maggiorato da 1.470 a 1.552, cambiando dunque la denominazione virtuale da 1500 a 1600. La nuova cruiser di Akashi costava 15.000 euro.
La simpatica multiuso bicilindrica KLE, invece, ricompariva in veste piacevolmente rinfrescata, con tanto di cupolino ispirato allo stile Z1000, una nuova sella, finiture più accurate e colorazioni decisamente piacevoli. Prezzo decisamente allettante: meno di 6.000 euro.
Quanto ai modelli da cross, inoltre, oltre ad apportare alcuni miglioramenti funzionali alla KX250F a quattro tempi, Kawasaki smentiva recisamente la paventata alienazione del motore a 2 tempi presentando una KX250 completamente rifatta, sempre attorno ad un telaio perimetrale in acciaio, ma anch’esso snellito ed irrobustito.
KTM
Le truppe bi-rotate austriache si infiltrarono in Germania mostrando gli artigli, sottoforma di due inedite, prestazionalissime bicilindriche con gomme decisamente stradali: la inedita Supermoto 950 (che alla prova dei fatti si sarebbe presto rivelata come una delle moto più gustose ed equilibrate del momento, al prezzo di 11.200 euro), e la ignorantissima Super Duke 990 (12.000 euro circa) - versione maggiorata e alimentata a iniezione della Duke 950 a carburatori - che invece alla prova dei fatti si rivelò ben più “cattiva”della precedente per via della fin troppa prontezza del motore, difficilmente gestibile a causa del fastidioso effetto on/off, inesistente con i carburatori.
Ma la sempre maggior propensione della Casa austriaca verso le moto “da asfalto” era a maggior ragione palpabile osservando il prototipo della pistaiola 990RC8 già precedentemente presentato in Giappone: un missile squadrato ”stile Kiska”, accreditato di 126 cv per 175 kg di peso, e soli 1.399 mm di interasse. A fianco alla quale figurava la nuda Venom, una concept anch’essa già presentata in Giappone.
Kymco
Cose grosse e a ruote basse in casa Kymco, in quel settembre 2004: il colosso taiwanese esordiva infatti con l’Xciting 500, possente e lussuoso monocilindrico da 38 cv, con forcella a doppia piastra, doppio disco anteriore (e naturalmente singolo posteriore) e ruote da 15”, pronto per l’esordio nei mesi successivi, al prezzo di circa 5.200 euro. Tecnica interessante, ma motore parecchio ingombrante in larghezza, mentre più dimensionalmente equilibrato il fratellino da 250 cc, che costava circa 4.000 euro.
Nelle vendite del 2005, tuttavia, fu il 500 il secondo Kymco più venduto: tant’è che si piazzò addirittura al 25° posto assoluto su 50 (19° tra gli scooter) nella classifica mista moto/scooter, con ben 3.583 vendite, subito dietro al fratellino People 200 (3.771 pezzi).
Malaguti
Colpo di scena anche per la nostra Malaguti (che oggi purtroppo si occupa solo di biciclette elettriche e vendita di ricambi on-line), anch’essa esordiente nella categoria “mezzo litro” con l’ambizioso Spidermax GT500, spinto dal notevole monocilindrico Piaggio Master da 40 cv, incastonato in un sofisticato telaio pressofuso in alluminio – denominato V-Box – con davanti una forcella anche qui a doppia piastra, tipo moto e impianto frenante a triplo disco. Un sontuoso maxi a ruote basse da gran turismo, insomma, con uno spaziosissimo vano sottosella trasversale (evidentissimo l’ingombro laterale posteriore). Molto confortevole, protettivo e con un cruscotto di stampo automobilistico, lo Spidermax costava 6.000 euro.
Moto Guzzi
Le due novità dell’Aquila mandelliana (anch’essa prossima ad entrare nell’orbita Piaggio, prima della fine del 2004) si chiamavano Breva e Griso, entrambe dotate del V2 a doppia accensione da 1100 cc e presentate nelle versioni definitive. Pronte per la commercializzazione prevista per la primavera 2005, costavano rispettivamente 11.390 e 11.790 euro. Indubbiamente due ottime moto, disegnate dallo Studio Marabese e ancora oggi attuali: tant’è che sono ancora in listino con l’attuale motore 1200, la Griso sempre identica a sé stessa, e la Breva trasformata in GT, e rinominata Norge.
MV Agusta
Nessuna vera novità per MV Agusta, per l’anno 2005, però a Colonia non mancava qualche edizione particolare di modelli già esistenti, come la Brutale Mamba, arricchita di particolari in fibra di carbonio. Ma soprattutto c’era la specialissima F4 1000 che Claudio castigliani volle dedicare al suo amico e braccio destro Massimo Tamburini: la magnifica F4 1000 Tamburini, appunto. Realizzata in seria limitata a 300 esemplari, e dotata di sistema di aspirazione a geometria variabile: accreditata di ben 173 cv a 11.750 giri e 11,5 kgm di coppia massima a 11.200, per una velocità massima di 304 km/h, venne commercializzata praticamente subito al prezzo – ovviamente “da amatori” - di 43.000 euro circa, nella splendida livrea rosso/nera con telaio, steli forcella e ruote dorati.
MZ
Il glorioso marchio ultracentenario dell’ex Germania Est, attivissimo anche nelle competizioni in pista e fuoristrada, nacque nel 1906 e, tra mille peripezie aziendali, dovette chiudere i battenti nel 2013. Nel 2004, quindi, l’attività ferveva ancora, seppur portata avanti da nuovi proprietari: la produzione – circa 7.000 moto l’anno - verteva infatti sull’enduro stradale SX125 monocilindrica a 4 tempi e sull’ambiziosa bicilindrica sportiva carenata 1000S da 117 cv. Da quest’ultima derivava dunque l’inedita naked 1000SF presentata all’Intermot, anch’essa quindi dotata di telaio a due travi sdoppiati in alluminio e di un interessante motore a cilindri paralleli inclinati in avanti di 45° con distribuzione bialbero a 8 valvole, che in questo caso era accreditato di 111 cv a 9.000 giri e 10,2 kgm a 6.700 giri, per un peso a secco dichiarato di 210 kg.
Peugeot
Il leoncino francese si giocava un bel jolly, presentando il cattivissimo “scooterino” sportivo Jet Force 125. “Cattivissimo”? Si, perché il Jet Force era il primo scooter, destinato alla produzione di serie, dotato di compressore volumetrico - quindi con prestazioni dichiarate paragonabili a quelle di un 250 - oltretutto disponibile prima della fine dell’anno a un prezzo gravitante attorno ai 5.000 euro. Già, ma come la mettiamo con il limite di legge dei 15 cv per i 125? Beh, il costruttore francese prevedeva ovviamente l’apposita versione limitata ad hoc.
Royal Enfield
Già nota per le sue moto a gasolio con motori monocilindrici da 335 a 440 cc dell’emiliana Lombardini, l’indiana Royal Enfield presentava a Monaco la Centaurus 851, con motore sempre italiano: un bicilindrico parallelo verticale della Ruggerini (azienda appartenente al gruppo Lombardini dal 1999) da 851 cc, alloggiato nel “corpo” di una Bullet. Niente di stratosferico in termini prestazionali assoluti, ovviamente, visto che la potenza dichiarata era di poco inferiore ai 20 cv - però a soli 3.600 giri - che comunque potevano spingere la moto oltre i 120 orari effettivi. Ma, soprattutto, con un consumo medio di ben 40 km/l, che con 14,5 litri nel serbatoio consentivano un’autonomia dichiarata di circa 600 km!
Sachs
La tedesca Sachs nel 2004 aveva già esordito con un “tubone” davvero intrigante. Si trattava di un cinquantino a 4 tempi con cilindro orizzontale (vedi Honda Monkey piuttosto che Cub) la cui presentazione dinamica alla stampa fu tanto inusuale quanto adeguata al giocattolo in questione: che si chiamava MadAss (la traduzione la lasciamo a voi: “mad” sta per “pazzo”….) ed era davvero bellino e fuori dagli schemi. I tester invitati all’evento, insomma, provarono il carinissimo ordigno negli stretti cunicoli di una vecchia miniera di sale tedesca riattata e trasformata in sito per eventi speciali….dopo esse scesi a 700 metri sottoterra in ascensore!
E all’Intermot dello stesso anno, ecco comparire il già preannunciato Mad Ass 125. Ma non solo: a sorpresa in Sachs avevano realizzato anche un MadAss 500, con motore Royal Enfield monocilindrico 500 e con un solidissimo telaio a doppio trave in pressofuso in alluminio (facente funzione anche di serbatoio, come sui fratellini), con sospensioni, ruote e freni adeguati. Insomma, una moto senza la carrozzeria, sempre con scarico sottosella.
Mentre con un telaio a traliccio in tubi d’acciaio apparve anche la Sachs X-Road 4T, sorta di naked-motard con motore da 125 cc sempre a 4 tempi.
Suzuki
Il costruttore di Hamamatsu porgeva su un piatto d’argento la GSX-R1000 K5: 178 cv e 166 kg dichiarati, look notevolmente snellito, scarico singolo con silenziatore triangolare basso in titanio, telaio e forcellone ridisegnati, leggeri pistoni forgiati, frizione anti-saltellamento, e 1.500 esemplari previsti per l’Italia, per questa supersportiva giunta ad un invidiabile livello di efficacia. La classifica vendite moto del 2005 vide la Gixxer 1000 al 13° posto con 2.386 immatricolazioni: quasi il doppio rispetto al 2004.
Mentre l’apprezzata GSF 600 Bandit guadagnava 50 cc, e si presentava in due versioni: nuda ed S, quest’ultima semicarenata e logicamente ovviamente più adatta ai viaggi. Non male le vendite del 2005, per le due valide medie cilindrate di Suzuki, che figuravano al 17° posto con 1.960 pezzi immatricolati.
Ma c’era anche una nuova custom/cruiser pronta per i concessionari, naturalmente a nome Intruder: si trattava della M800, caratterizzata da un design slanciato decisamente originale, con codone sfuggente e ruote in lega. La più pacioccona C800 con ruote a raggi e la gemella 1500 (ruote in lega) non erano invece previste per il nostro mercato.
E nel mese di febbraio sarebbe arrivata da Hamamatsu ai concessionari italiani anche la piacevole DR-Z400SM, agile e leggera supermotard stradale con cerchi ovviamente da 17”, naturalmente derivata dalla nota DR-Z da enduro. Fino ad allora la versione “da traverso” veniva realizzata dalla Valenti Racing di Lissone (Monza), ancora oggi distributore delle Suzuki da fuoristrada, e costruttore di notevoli “cinquantini” da enduro e motard.
Triumph
L’attesissima nuova Speed Triple 1050 non mancò di presentarsi a Colonia in tutta la sua nuova aggressività, fatta di codino molto corto, affiancato dai due silenziatori “mozzi” rialzati, dalle ruote pure ridisegnate e dal display analogico/digitale. E naturalmente anche dal confermato monobraccio in alluminio. Ma la chicca principale era il nuovo motore maggiorato da ben 130 cv a 9.100 giri, con 10,7 kgm di coppia a 5.100. Come di rigore era il doppio faro tondo gemellato. Prezzo 11.300 euro, e 1.487 esemplari venduti nel 2005, che piazzavano la nuova Speed al 23° posto assoluto.
Magari meno ansiosamente attesa, ma comunque molto valida anche la nuova Sprint ST, che sfoggiava addirittura un nuovo telaio a doppio trave (sempre in alluminio, e abbinato al forcellone monobraccio,) ad abbracciare lo stesso motore della Speed Triple, però leggermente depotenziato a 125 cv, a parità di coppia. Il serbatoio era da ben 21 litri, e l’Abs era optional. Da notare il triplo faro anteriore, il triplo silenziatore sotto al codone, ed i tre strumenti circolari del nuovo cruscotto, giusto per ribadire che il numero 3 in Triumph era (ed è) decisamente emblematico.
La nuova ST entrò in listino al prezzo di 10.800 euro.
Ma c’era anche un’altra novità Made in Hinckley, a Colonia, però col motore a 4 cilindri: si trattava della supersport Daytona col nuovo motore, maggiorato da 600 a 650 cc e con 114 cv di potenza. Prezzo 9.700 euro.
Passando alle bicilindriche, ecco la nuova Speedmaster col motore “simil Bonneville” ma con fasatura degli scoppi a 270° (anziché 360) e maggiorato a quota 865 cc, come peraltro sugli altri modelli della gamma. La cruiser britannica venne quotata a poco meno di 9.200 euro.
Yamaha
Sarebbe arrivata ai concessionari a primavera 2005 l’ardita MT-01, sfarzosamente esposta a Colonia dopo alcune apparizioni sotto forma di prototipo in svariate precedenti occasioni. Moto molto particolare e per certi versi molto intrigante, questa nuova Yamaha dal piglio robusto con due perentori megafoni rialzati che correvano ai fianchi della sella: una possente naked con telaio portante in alluminio, dotata di forcella upside-down e di un solido forcellone con tanto di capriata inferiore di irrigidimento, anch’esso pressofuso in lega leggera, ad asservire il “mono” posteriore. Una ciclistica dimensionalmente abbondante, visto l’interasse di ben 1.525 mm e il gommone posteriore da 190/50x17”. Per contro, il serbatoio era da soli 15 litri, il che si sposava poco con la caratura del motore appeso lì sotto. Mutuato dalla cruiser Warrior, dunque apparentemente in antitesi col mezzo che andava ad animare, il muscolosissimo V2 da 1.670 cc con distribuzione ad aste e bilancieri in effetti era accreditato di una novantina di cavalli: ma il suo bello stava nei 15,3 kgm di coppia a soli 3.750 giri (e col limitatre a 5.500!), nella morbidissima frizione antisaltellamento deputata a gestire il robustissimo freno-motore nelle scalate rapide, e nel cambio a 5 marce che brillava per la sua dolcezza negli innesti. Moto molto particolare, insomma, a un prezzo decisamente alto: 13.990 euro
Altra proposta molto accattivante (il che comunque non si traduce sistematicamente in numeri di vendita elevati) che esordì a Colonia 2004 era la simpaticissima Tricker 250: adorabile “motoalpinista” con motore raffreddato ad aria e con parecchi gadget di personalizzazione, venne proposta anche in una intrigante versione Tricker Pro appositamente allestita per il divertimento puro e il freestyle: il prezzo della divertente Tricker standard era inferiore ai 4.300 euro.
Quanto alla frizzante R6, potenziata di 3 cavalli ma soprattutto dotata di forcella upside-down e pinze radiali, sarebbe stata disponibile anche nella versione Rossi Replica, con sgargianti grafiche con tanto di sole e luna, con corpi sfarfallati maggiorati a 40 mm di diametro, scarico Termignoni in fibra di carbonio e centralina modificabile.
Carine anche le nuove XT125 – la motardina X e l’endurina R – costruite a Bologna da Malaguti con motore a 4 tempi, e in listino a prezzi inferiori ai 3.000 euro. Al loro fianco, anche le equivalenti versioni con motori a 2 tempi - DT125X e DT125RE – che però sarebbero costate più o meno un migliaio di euro in più.
Importante, inoltre, l’avvento dell’ABS anche su TDM900, FJR1300 e TMax, mentre il maxiscooter Majesty 400, sempre forte del suo robusto telaio pressofuso in alluminio, acquisiva il secondo disco anteriore.
Passerella elettrica, infine, per tre prototipi a impatto zero: Passol, FC06 e Divide-Pocke.
https://www.youtube.com/watch?v=RQbP1CJrtVc
significa che è ancora nel cuore di tanti specie fuori dall italia...da noi l importatore continuò a vendere come nuova il primo modello dell 2005 (nel 2006 ci furono colorazioni nuove fuori dall italia e dal 2007 cambiò l impianto frenante anteriore con pinze a 6 pistoncini)perchè da noi non ci fu la risposta di mercato prevista ed in belgarda dovettero smaltire la scorta iniziale..
e la scelta delle strade sgombre di traffico dell islanda come location per la pubblicità è stata "scoperta" dieci anni dopo anche dai produttori di auto..
https://www.youtube.com/watch?v=RAiUV8onr4Q