La fiera delle moto nella città (cinese) di Blade Runner
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La Cina va digerita. Per questo scrivo questo pezzo a un mese di distanza dal mio ritorno da Cima (si legge Ciaima), la fiera delle moto in Cina, precisamente a Chongqing.
Il tempismo non è casuale anche per l’imminente inizio di Eicma, perché se concorrenza alla fiera milanese, oramai diventata la più importante al mondo, prima o poi ci sarà da lì arriverà. Non ci sono dubbi. Eccolo il motivo per cui Moto.it, ospite del brand V Helmets, si è fatto 16 ore di volo con la Finn Air (la compagnia più tremenda con la quale vi possa capitare di volare): andare a vedere cosa succede in un altro mondo. Perché di altro mondo si tratta. La controprova la hai al rientro, quando sul foglio di via che devi consegnare prima di superare tutti i controlli e tornare a casa così vengono definiti gli stranieri: aliens. Alieni.
Piccole premesse per farvi capire meglio: Chongqing è una città di 32 milioni di abitanti. Avete letto bene, 32: più della metà degli italiani in una metropoli cementificata ovunque, in ogni sali scendi, in ogni collina, in ogni angolo. Una città che fa l’effetto di una donna (o un uomo) rimorchiata per trofeo, dopo il quinto gin tonic: di notte, con tutte le luci pare bellissima, e di giorno è tremenda, grigia, claustrofobica, senza senso.
L’unica dove esiste, talmente non c’era più spazio, un grattacielo in orizzontale, appoggiato sopra altri grattacieli. Assurdo, sì. Se poi pensiamo che considerando tutta l’area della provincia gli abitanti arrivano ad essere cento milioni chiudiamo il cerchio.
Sono tanti.
Sono troppi.
Qui, in mezzo a questo marasma, a 1h dal centro, c’è il centro fieristico. Uguale, fin troppo uguale al centro fieristico di Rho, sede
proprio di Eicma.
La fiera
L’anno scorso i padiglioni erano 2. Nel 2019 sono stati 5. Le presenze, 140 mila in 4 giorni. Stiamo parlando di numeri piccoli, non preoccupanti. Ma c’è un però. Il però è rappresentato dal segno + sulle statistiche: i visitatori sono aumentati del 100 percento; il mercato sopra i 250 cc sta esplodendo: i brand cinesi hanno fatto più del doppio delle vendite in un solo anno, quelli non cinesi hanno aumentato i propri affari dell’80 percento.
Insomma, arriveranno, stanno arrivando, anche nel mercato moto. Lo hanno deciso e quando lo decidono non ci mettono molto a crescere e a imporsi, in altri settori ne abbiamo avuto la prova lampante.
Basti pensare che la Cina è un Paese dove in soli 8 anni è stato costruito un ponte di 56 chilometri a collegare Macao a Hong Kong, di cui 6 sotto il livello del mare (e a costruirlo sono aziende italiane...). Anche qui avete letto bene, le macchine viaggiano sotto l’acqua: siccome in quel punto i venti erano troppo forti i cinesi non si sono fatti problemi: una diga, un tunnel dentro il mare e via, problema risolto. Capite? Se Eicma si è mangiata Colonia, questi potrebbero mangiarsi Eicma.
Ok, a Chongqing gli stand erano ancora poveri, le moto imitazioni anche patetiche ma occhio: quello più grosso e imponente era di Voge, un brand con una produzione enorme e rivenditore di BMW e MV Agusta. Quando farete un giro per i padiglioni di Rho ricordatevi questo nome: quest’anno a Milano ci saranno anche loro. E le informazioni che abbiamo ci fanno pensare che non passeranno inosservati.
Molte Case europee lo hanno capito che il mercato cinese va esplorato, Ducati in primis. Il Ducati store per esempio ha aperto proprio fuori Chongqing. Molti altri invece ancora fanno finta di niente. È vero, in molte città le moto non possono circolare e il casco non è ancora obbligatorio ma potete immaginare se le moto e gli accessori conquistassero solo l’1 percento della popolazione?
La città
Chongqing è Blade Runner: trovi il passato il presente e il futuro insieme. Le distanze spazio tempo si dilatano e si comprimono. Il futuro è in una disposizione architettonica che fa impressione, luci ovunque, costruzioni tradizionali che si mischiano coi grattacieli mastodontici, un fiume che taglia la città ma che sembra un Oceano, mancano solo le navicelle che si muovono nel cielo.
Il presente si riconosce nell’aria irrespirabile che però sei obbligato a respirare, nelle auto in fila che occupano qualsiasi centimetro di asfalto, nelle piazze piene di gente che ballano ore e ore perché danzare è divertente e costa poco.
Le persone
Il passato invece è nei costumi dei cinesi, delle volte credi di essere nel Medio Evo, tra persone (anche le donne!) che scatarrano e ruttano continuamente per strada, uomini che vanno in giro con la t-shirt tirata su per mostrare la pancia e ristoranti con gli hotpot invece degli hotspot, piatti enormi da mettere al centro tavola con una salsa super piccante dove dentro ci fanno bollire qualsiasi cosa.
In questa città le moto e gli scooter sono quasi tutti usatissimi, il casco sarebbe obbligatorio ma il più utilizzato è quello anti infortunisca e per coprirsi dalla pioggia usano metodi alquanto comici.
Meluccio Piricone, Ceo di International Helmet Company, società a cui appartiene V Helmets, frequenta la Cina da 12 anni, sa perfettamente quali sono le potenzialità di questo mercato e qual è il modo di agire dei cinesi: “A questo popolo è come se fosse cambiata la vita in 30 secondi. Stanno crescendo così velocemente che c’è un’attenzione verso il rispetto delle regole molto labile. Sia sul piano ecologico, come già sappiamo, sia sul piano stradale: anche nei posti dove il casco è obbligatorio, a Chongqing per esempio, nessuno multa qualcuno che va in moto senza”.
Il mercato
Anche il mercato motociclistico cambierà velocemente, dice Piricone: “È il motivo per cui con V Helmets abbiamo deciso di avere uno stand tutto nostro in CIMA, molto simile a quello che vedremo in Eicma, presentando le novità della nostra collezione ai distributori che sono arrivati qui da Paesi quali l’Indonesia o l’Argentina. Già il prossimo anno scommetto che i padiglioni saranno di più e di conseguenza anche i visitatori e le aziende”.
Insomma la sfida a Eicma è lanciata. Come non subire la loro velocità? Con le idee, chiaro. Idee sempre nuove, aperture anche a nuovi settori (sempre attinenti alle moto ma che magari coinvolgano categorie merceologiche diverse ), eventi e una contaminazione della città sempre più radicata.
Infine, parlando di collaborazione invece che di sfida. Un pensiero noi ce lo faremmo...
Però scusate, che tipo di collaborazione sarebbe possibile, per curiosità?
Dovesse passare l'obbligo del casco in Cina, secondo voi verranno a comperare i nostri fatti a bergamo (Nolan, Caberg)?
Oppure parlando di accessori, i Cinesi verranno ad acquistare i nostri fatti a Ferno (Rizoma)?
O non se li produrranno piuttosto in casa da soli?
Magari copiando (andate a fare un giro su Ali Express)?
Il dottor Carmelo Piricone può spiegarci che tipo di collaborazione sarebbe andare ad acquistare caschi 100% made in China ed importarli (già confezionati e pronti per la vendita) in Italia?
A chi vanno i profitti?
Quanti lavoratori italiani ne beneficiano?
Cosa che fa anche AGV (Dainese) sui caschi in plastica peraltro, a cui si potrebbero fare le stesse domande.