Le tendenze emergenti nei motori (Prima parte)
Da diverso tempo una grande standardizzazione pervade il mondo della tecnica motoristica. Se si prendono due motori a quattro cilindri in linea di elevate prestazioni, gli schemi costruttivi sono invariabilmente gli stessi. Ci può essere chi impiega un comando della distribuzione leggermente diverso (magari a due stadi, dei quali uno a catena o cinghia e l’altro a ingranaggi), o chi utilizza bielle con il cappello fissato con viti passanti anziché mordenti. Ma si tratta di qualche caso soltanto e di differenze davvero modeste.
Perfino le dimensioni dei vari componenti, oltre al disegno, sono estremamente simili. Ad esempio, negli attuali 1000 a quattro cilindri in linea i perni di banco dell’albero hanno invariabilmente un diametro compreso tra 34 e 36 mm. E l’angolo tra le valvole nei moderni motori di alta potenza specifica è compreso tra 20° e 28°.
In questo mondo dominato da una tale uniformità sono ben rari gli esempi di motori che, sotto qualche aspetto, si distaccano dagli altri, per via di soluzioni tecniche un poco diverse. Un esempio è quello della MV Agusta, che adotta valvole leggermente radiali. Si tratta comunque di di differenze di lieve portata. Solo la Ducati si distacca nettamente, facendo storia a sé, con alcune autentiche esclusività che rendono inconfondibili i suoi motori, a cominciare dalla distribuzione desmodromica, giustamente celebre in tutto il mondo.
Negli ultimi anni sono apparse alcune soluzioni innovative o se ne sono diffuse altre che già esistevano ma erano poco utilizzate e sono state “riscoperte” in un’ottica moderna. È questo ad esempio il caso dei bilancieri a dito, che nei motori di prestazioni particolarmente elevate, con distribuzione bialbero, hanno cominciato ad essere impiegati in misura via via crescente.
Restando nel campo dei quadricilindrici in linea, dopo la BMW di recente sono stati adottati dalla Yamaha e dalla Suzuki (sull’ultima GSX-R 1000). La strada è stata mostrata dai motori di Formula Uno, nei quali, dopo alcune sporadiche utilizzazioni nell’epoca Turbo, i bilancieri di questo tipo hanno iniziato ad essere impiegati sempre più frequentemente a partire dalla seconda metà degli anni Novanta. Non erano mancati esempi importanti anche molto tempo prima, ma erano stati pochi (spiccano il Maserati 2500 a sei cilindri che ha vinto il mondiale nel 1957 e gli splendidi motori Mercedes Benz da Gran Premio degli anni Trenta). Per il resto, nei motori con distribuzione bialbero la scena era totalmente dominata dalle punterie a bicchiere (o, in diversi monocilindrici, a piattello).
C’è comunque stata qualche rara eccezione.
Distribuzione leggera
Negli anni Sessanta hanno impiegato bilancieri a dito nelle loro moto da competizione la Jawa e la CZ. Doveva trattarsi di una soluzione cara alla scuola mitteleuropea, perché la ha utilizzata anche la Porsche, nei suoi motori da corsa a quattro e a otto cilindri con distribuzione bialbero, tra la metà degli anni Cinquanta e quella del decennio successivo.
Passando ai motori di serie, impiegavano bilancieri a dito i bicilindrici Honda CB 450 (e il successivo 500), apparsi nella seconda metà degli anni Sessanta e rimasti famosi perché per il richiamo delle valvole utilizzavano barre di torsione al posto delle consuete molle a elica.
Un discorso a sé meritano i bilancieri a dito sdoppiati, ciascuno dei quali aziona due valvole. Sono stati largamente impiegati negli anni Ottanta da case come Honda (basta ricordare la serie VF/VFR) e Suzuki (GSX e GSXR). I bilancieri a dito tradizionali (“singoli”, cioè uno per ogni valvola) sono stati utilizzati nella prima metà degli anni Novanta dalla Kawasaki. In seguito, per circa venti anni, sui loro quadricilindrici a sedici valvole i costruttori giapponesi hanno impiegato solo punterie a bicchiere.
Costituiscono anche qui un caso a parte i motori Ducati con distribuzione desmodromica bialbero, il primo dei quali è stato il celebre 851 che ha fatto la sua comparsa nella seconda metà degli anni Ottanta. In tempi recenti, va segnalato l’impiego di bilancieri a dito da parte della Rotax (sul suo splendido bicilindrico 1125 sviluppato per la Buell) e della KTM.
In passato i bilancieri a dito tendevano ad essere pesanti, avevano un pattino di notevole larghezza e lavoravano a flessione; il pattino stesso si trovava infatti in posizione intermedia tra il fulcro e l’estremità che azionava la valvola. Nelle esecuzioni moderne destinate ai motori molto veloci però la loro massa è fortemente diminuita, anche perché il pattino è molto più stretto. L’adozione di un riporto superficiale di DLC (Diamond Like Carbon) consente di sopportare senza problemi pressioni di contatto elevatissime e di lavorare anche in condizioni di lubrificazione critiche. Occorre comunque considerare che quella che realmente interessa non è la massa totale del componente ma quella “mobile” (escludendo cioè la parte del bilanciere in corrispondenza del fulcro e nelle sue immediate vicinanze). Si deve anche sottolineare il fatto che i bilancieri a dito dei moderni motori di altissime prestazioni lavorano fondamentalmente a compressione e solo nella zona al di sotto del pattino, che ha dimensioni modeste ed è piazzato direttamente sopra l’estremità che contatta la valvola. Gli altri vantaggi che questi componenti consentono di ottenere, rispetto alle classiche punterie a bicchiere, saranno trattati in un prossimo articolo.
Per quanto riguarda i riporti di DLC, comparsi sui motori di Formula Uno sul finire degli anni Novanta, negli ultimi tempi il loro impiego sta progressivamente aumentando. Come noto i loro punti di forza sono il bassissimo coefficiente di attrito, l’elevata durezza e la possibilità di essere realizzati in molte tipologie differenti, il che consente di soddisfare un gran numero di esigenze diverse.
Oggi li ritroviamo su svariati spinotti e bilancieri a dito, oltre che sulle canne di alcune forcelle, ma cominciano a vedersi pure sui segmenti e in altri punti del motore.
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Italo2I bilancieri a dito hanno un evidente miglioramento sui pesi e attriti dati dal sistema a bicchierini e compensano lo svantaggio di leva nella spinta grazie alla adozioni di camme più piccole a parità di alzata valvole. La camma più bassa ha una leva di spinta più corta e in parole povere dura meno fatica a spingere la valvola. In breve se gli ingegneri fanno bene i loro conti la maggior forza della camma corta compensa lo svantaggio del dito.. ciao
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alberto811Sempre molto interessanti questi articoli dell'Ingenere Massimo Clarke;mi farebbe piacere, se venisse trattato l'argomento sul motore a big bang, a me non molto chiaro.Grazie anticipatamente