Manuale di resistenza motociclistica: John Nash e la moto
Durante tutta la nostra vita ci viene ripetuto che per avere successo bisogna essere competitivi, sbaragliare la concorrenza e ispirarsi al principio che l’unico avversario buono è quello sconfitto, in pista e fuori. Non so se sia vero; comunque, lo scorso maggio è morto John Nash, un matematico schizofrenico e geniale: nella sua “teoria dei giochi” ha mostrato che quando un sistema competitivo è in equilibrio i singoli competitori, per migliorare le proprie rispettive posizioni, devono collaborare tra loro e superare quell’atteggiamento puramente razionale del cieco perseguimento del proprio interesse; quindi, secondo Nash, attraverso la cooperazione è possibile migliorare la propria condizione oltre i limiti fissati dal semplice egoismo e dal comportamento meramente razionale.
O almeno, a me che non ho fatto il liceo perché sono andato a scuola di rivoluzione, così sembra di avere capito.
Convengo sul fatto che chiedere di collaborare a persone con interessi contrastanti sia quasi come accoppiare una testa a quattro valvole ad un cilindro con i travasi, tuttavia, se partiamo dal punto di vista che il motociclismo è uno dei tanti serissimi giocattoli che ci siamo regalati, forse possiamo vedere le cose in maniera molto diversa. Rivoluzionaria.
Il “nostro” sistema, quello della motocicletta, sembrerebbe in equilibrio: c’è una timida ripresa del mercato, le Case non falliscono, la gente va in moto, le assicurazioni gongolano, lo Stato incassa, i concessionari più bravi sembrano guardare al futuro con una certa dose di ottimismo; tutto ciò potrebbe significare che, date le condizioni, il “sistema moto” sia in equilibrio e che ogni attore del sistema stia facendo il meglio che può per mandare avanti la propria carretta.
Ma siamo sicuri che sia il migliore equilibrio possibile? Non si potrebbe fare meglio?
Prendiamo i motociclisti: vessati da assicurazioni, prezzi d’acquisto e di rivendita, tasse sui carburanti, bolli, multe e limiti, costo dei ricambi e quant’altro sembra sproporzionato alla nostra capacità di sopportazione, noi motociclisti vorremmo la vita un po’ più facile.
Poi pensiamo alle Case produttrici che solo da poco ricominciano a risalire nei volumi di vendita. Le Case in cerca di nuovi mercati, con i loro reparti marketing a cercare di anticipare e stimolare le richieste dei clienti, desiderose di poter fare progetti di lungo periodo supportati da politiche adeguate.
Quindi passiamo ai concessionari, e qui la situazione è complicata: molti boccheggiano, alcuni vivacchiano, altri vivono, pochi prosperano senza sprecare e tutti loro spesso sono il parafulmine delle lamentele dell’utenza che li vorrebbe sempre appassionati e reattivi. Ciononostante tengono duro e desidererebbero margini maggiori, minori obblighi fiscali e amministrativi, un rapporto più semplice con le Case e con gli importatori.
Possiamo inserire come attori del sistema motociclistico pure le assicurazioni la cui strategia cerca di limitare al minimo possibile l’importo dei risarcimenti e di portare al massimo possibile i premi. Anche loro avrebbero margini di miglioramento della propria posizione, per esempio attraverso la riduzione, fino all’annientamento, del criminale fenomeno delle truffe.
Ovviamente lo Stato e il suo apparato burocratico sono attori a tutti gli effetti del “sistema moto”, sia perché le leggi che produce regolano i rapporti tra tutti gli agenti, sia perché il “sistema moto” genera non trascurabili entrate fiscali, influenza il mercato del lavoro e la bilancia dei pagamenti, solo per fare alcuni esempi.
Attori del “sistema moto” potrebbero essere pure i meccanici, i produttori e rivenditori di accessori e ricambi, forse pure i benzinai: certamente sto dimenticando qualcuno.
Ora, se ognuno di loro agisce per i fatti propri, dice Nash, dal conflitto usciranno vincitori e vinti e si creerà un equilibrio generato dal comportamento razionale degli attori. Ma se tutti cooperassero e superassero i limiti del proprio immediato tornaconto, se si sforzassero per una volta di collaborare, allora ci si potrebbe spostare verso un equilibrio dove alcuni potrebbero avere dei miglioramenti e nessuno dei peggioramenti o, nel migliore dei casi, tutti trarrebbero dei vantaggi.
Immaginate un mondo dove motociclisti, Stato, assicurazioni, concessionari, Case e via dicendo collaborano senza scaricare i propri problemi e le proprie criticità sugli altri.
In questo mondo collaborativo non ci sono truffe, i prezzi dei carburanti sono bassi, i concessionari traggono profitti commisurati agli investimenti e ai rischi, le Case assumono, innovano e rimangono in Italia, le assicurazioni non hanno bisogno di fare attività di lobbying, lo Stato e le amministrazioni locali non tappano i buchi di bilancio con le multe, i motociclisti non sono fracassoni spericolati e molti di loro riescono a tramandare la passione ai propri figli quattordicenni. In un mondo cooperativo, tutti avremmo da guadagnarci, anche chi in moto non ci va per niente.
Sarebbe una rivoluzione che potrebbe partire in ogni momento, ma abbiamo altro a cui pensare e più nobili traguardi da raggiungere, conti da pagare e in fin dei conti le avanguardie rivoluzionarie sono poco gradite alle logiche conformiste. Lo stesso Nash, tra l’altro, reputò la sua teoria dei giochi una delle sue intuizioni meno importanti.
Ma se per un solo giorno noi tutti ci sforzassimo di cooperare con gli altri abitanti del “sistema moto”? Se per una sera all’anno fosse concesso ad un rappresentante dei motociclisti, uno dei concessionari, uno delle Case costruttrici, un altro del Governo del Bel Paese, uno delle assicurazioni, un rappresentante per ogni categoria coinvolta nel nostro “sistema moto”, di sedersi in trattoria a parlarsi con calma, cosa accadrebbe? Secondo me alla fine di quell’incontro troveremmo un equilibrio migliore di quello di adesso e, in definitiva, faremmo tutti meno fatica a tirare avanti la carretta. E soprattutto staremmo di più e con più piacere sulle nostre motociclette.
Proviamoci, sarebbe una rivoluzione. Hasta la manetta, siempre!
A. Seeger
Un popolo,che per lo piu',venderebbe anche la madre se si parlasse di una cifra interessante.
Premessa questa triste realta',come si puo' anche solo pensare che la teoria di nash,possa essere applicata,specialmente nel nostro paese?
Qui si mangia anche sugli immigrati(mafia capitale),sulla sanita' quindi sulla vita dei pazienti,si mangia su ogni cosa,senza guardare in faccia a nessuno,perche' a mangiare su tutto e tutti,per primi,sono i nostri "direttori" a roma.
Come si puo' dunque pretendere di applicare una teoria giusta,certo,ma che il semplice buon senso,mette in campo,(senza la necessita' che ci sia qualcuno a farne una sua teoria,con tutto il rispetto per nash),quando ,haime',siamo i re mondiali,delle truffe? (piccole o grosse che siano,poco importa,la tendenza dell'italiano medio e di fregare il prossimo,piu' che in altre parti del pianeta,altro esempio,come spilliamo i danari ai turisti,che poi,ovviamente non verranno piu' in italia,andando a darci una martellata sui cogl...da soli,altro che furbetti,coglioni sono e coglioni rimangono anche quelli che fan cosi').
La cooperazione,qui da noi,entro certi limiti,c'e' solo quando succede una catastrofe naturale. STOP.
Le disgrazie uniscono,ma per il resto ognuno pensa al proprio giardino,anche se il vicino sta' morendo nel giardino accanto.
Come sempre,ci sono meravigliose eccezioni,ma la tendenza dell'italiano medio e' quella.
Occorrerebbe una imposizione dell'altruismo fin dagli asili,per tirar su' una nuova generazione di italiani che cooperi per il bene del paese,al contrario di oggi.
Ma per farlo,occorre che i "direttori d'orchestra" siano i primi a cooperare per l'interesse del paese e del popolo italiano. E quindi,avoja a campa' cavallo.....