Massimo Clarke: "I Boxer sconosciuti" (quarta parte)
Anche se si rimane fedeli a una determinata scelta di base, come ad esempio una certa architettura motoristica, un'intensa attività di ricerca e di sviluppo può portare a modelli sempre più moderni e performanti. Alcuni verranno poi fabbricati in serie, mentre altri rimarranno allo stadio di prototipo. Anche in questo secondo caso, le esperienze compiute sono spesso importanti e possono essere vantaggiosamente utilizzate in seguito. Pure se costruisce diversi motori di altro tipo, fin dall’inizio della sua attività la BMW ha legato il suo nome ai bicilindrici boxer, realizzandoli in numerose serie successive. Non tutti quelli disegnati nei suoi uffici tecnici sono però andati poi in produzione. Grazie anche a qualche foto scattata all’epoca, è possibile illustrare brevemente certi progetti rimasti allo stadio di prototipo. Ad alcuni di essi si è già accennato in un altro articolo di questa serie.
Il nuovo R 1200 GS non è il primo boxer della casa bavarese ad avere i condotti verticali (di aspirazione rivolti verso l’alto e di scarico rivolti verso il basso). Questa soluzione era già stata adottata su due motori, raffreddati ad aria, destinati a impiego automobilistico. All’inizio degli anni Sessanta la BMW produceva un considerevole numero di vetture di 700 cc a motore posteriore, una discreta parte delle quali è stata venduta anche in Italia. Il bicilindrico che le azionava era direttamente derivato da quello montato sulle moto. L’impiego a livello agonistico delle BMW 700 dava buoni risultati ma per migliorare ulteriormente le prestazioni venne deciso di realizzare un motore nettamente più spinto, con teste completamente diverse e distribuzione non più ad aste e bilancieri. Il primo prototipo risale al 1961, aveva la doppia accensione ed erogava 78 cavalli (contro i 40 della 700 Sport di serie). I due alberi a camme alloggiati in ciascuna testa erano collegati da un giro di catena; quello di aspirazione riceveva il moto da un albero e due coppie di ingranaggi conici. Il suo bellissimo successore era dotato di teste le cui alettature, ben visibili nella foto, ricordavano quelle dei motori d’aviazione. In questo caso la distribuzione, sempre comandata da alberelli e coppie coniche, era monoalbero. Nel motore, sul quale aveva lavorato soprattutto Ludwig Apfelbeck, spiccava l’impiego di una sola camma per azionare le due valvole di ciascuna testa. La versione di 700 cm3 erogava 80 cavalli, che diventavano 90 in quella di 800 cm3.
Nella prima metà degli anni Settanta l’ufficio tecnico della casa bavarese ha lavorato intensamente per cercare di realizzare un motore in grado di prendere, di lì a qualche tempo, il posto dei bicilindrici a due valvole che avevano fatto la loro comparsa con la serie /5. La storia ha dimostrato che ancora a lungo non ci sarebbe stata questa esigenza e che i gloriosi boxer ad aste e bilancieri avrebbero continuato ad avere un grande successo fino alla prima metà degli anni Novanta. Alla BMW però non si sta mai con le mani in mano (come dimostrato anche dal fatto che negli anni in cui la casa è stata assente dalla Formula Uno i suoi tecnici hanno continuato realizzare motori da competizione, via via più evoluti, che però non hanno mai gareggiato!) e pure nei momenti di maggiore successo di un motore già si lavora per sviluppare il suo successore. Verso la fine del 1972 è stato completato in ogni suo dettaglio il progetto di un quadricilindrico raffreddato ad acqua con un albero a camme in ogni testa. Il comando della distribuzione era affidato a due catene collocate anteriormente. In questo 1000, del quale è anche stato approntato un esemplare, i cilindri non erano contrapposti, ma a V di 168°. In altre parole, ogni bancata invece di essere perfettamente orizzontale era leggermente inclinata verso l’alto. L’albero a gomiti poggiava su tre supporti di banco. Dunque, la BMW aveva realizzato un quadricilindrico “quasi” boxer con un sensibile anticipo, rispetto al 1000 Honda Gold Wing di analoga architettura.
Nel 1975 era pronto un altro interessante prototipo. Si trattava dell’M 79, un bicilindrico boxer raffreddato ad aria con distribuzione monoalbero, basamento in due parti, tre supporti di banco e albero ausiliario di equilibratura. Quest’ultimo, piazzato sopra l’albero a gomiti, era comandato da una coppia di ingranaggi e provvedeva ad azionare la distribuzione mediante due cinghie dentate collocate posteriormente. La cilindrata era di 1000 cc. La direzione dell’azienda decise di non procedere con lo sviluppo e con la successiva messa in produzione. Di questo motore, dall’aspetto grintoso anche se non proprio lineare, siamo in grado di mostrare due immagini. Sempre attorno alla metà degli anni Settanta vanno ricordati altri progetti di motori boxer a due cilindri, alcuni dei quali sfociati nella realizzazione di interessanti prototipi, con distribuzioni tanto ad aste e bilancieri quanto ad albero a camme in testa, sia con raffreddamento ad aria che con raffreddamento ad acqua. Sono state studiate teste a due e a quattro valvole. La decisione di realizzare i motori a sogliola della serie K ha posto fine a questi programmi, ma solo temporaneamente.
Sul finire degli anni Ottanta, mentre si lavorava alacremente allo sviluppo dei nuovi boxer a quattro valvole, è stato realizzato un prototipo di particolare interesse, ricco di soluzioni tecniche molto avanzate. Si trattava dell’R1, un motore da corsa sviluppato per verificare se con l’architettura a due cilindri contrapposti fosse possibile ottenere prestazioni analoghe a quelle delle superbike dell’epoca. E se fosse possibile adottare schemi tecnici diversi da quelli tradizionalmente utilizzati dalla casa, pur restando fedeli al bicilindrico boxer. È nato così un motore straordinario sotto molti aspetti, realizzato impiegando anche soluzioni alle quali la BMW avrebbe fatto ricorso solo molto tempo dopo, con la R 1200 GS di recente presentazione. Il bicilindrico, totalmente raffreddato ad acqua, aveva infatti la distribuzione bialbero e i condotti di aspirazione e di scarico verticali. Non è tutto però, in quanto le quattro valvole alloggiate in ogni testa erano azionate da un sistema desmodromico. Il cambio era a sei marce e l’alimentazione a iniezione. Questo motore di 1000 cc ha fatto la sua comparsa nel 1989 e ha continuato a essere sviluppato fino al 1992 circa, quando è arrivato a erogare una potenza leggermente superiore a 135 cavalli, a un regime di 10.500 giri. Le prove in pista sono state compiute installandolo in una ciclistica nella quale spiccavano il telaio a doppia trave in lega di alluminio e la disposizione longitudinale dei due radiatori.
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