Motori e prestazioni. L'importanza dei dettagli
Proseguiamo nella nostra analisi sull'evoluzione dei motori di alte prestazioni dopo aver parlato dei parametri motoristici e delle camere di combustione.
I pistoni sono gli organi mobili che maggiormente hanno mutato il loro aspetto con il passare degli anni. È diminuito drasticamente il rapporto tra la loro altezza e il loro diametro ed è molto cambiato il loro disegno.
Dai pistoni alti e con mantello intero degli anni Cinquanta si è gradualmente passati a quelli con sfiancature sempre più accentuate all’esterno delle portate per lo spinotto. Il mantello si è poi ridotto alle due zone di appoggio alla canna, ovvero a due veri e propri “pattini”. È grazie a questi ultimi che viene scaricata sulla parete del cilindro la spinta trasversale causata dal fatto che durante il funzionamento la biella si inclina, ora da un lato e ora dall’altro, ma sempre su di uno stesso piano.
Contemporaneamente l’altezza dei pistoni, considerata in relazione al diametro, è andata via via diminuendo. Il risultato di questa evoluzione è stato duplice. Da un lato è diminuito l’attrito e dall’altro è sceso drasticamente il peso.
Nel corso degli anni le portate per lo spinotto si sono via via avvicinate, cosa che ha consentito l’impiego di spinotti notevolmente più corti (e quindi più leggeri) di quelli impiegati in precedenza.
Una nuova pagina si è aperta con la comparsa di pistoni con una struttura denominata box-n-box, sviluppata dalla Mahle attorno alla metà degli anni Novanta per i motori di Formula Uno.
Il nuovo disegno prevedeva, in aggiunta a due elementi di rinforzo triangolari all’esterno di ciascuna portata per lo spinotto, due ponticelli che univano le pareti di collegamento tra i pattini di appoggio (a cui si riduceva il mantello) e le portate stesse. I pistoni box-n-box si sono rapidamente imposti sui motori da competizione, arrivando quindi al settore moto, nel quale attualmente sono impiegati anche in diversi modelli sportivi di serie.
Oggi i pistoni delle moto stradali hanno in genere una altezza pari a 0,50 – 0,55 volte il diametro. Alla fine degli anni Settanta il rapporto in questione era circa 0,80. Nei V10 di Formula Uno aspirati di qualche tempo fa è arrivato addirittura a meno di 0,33!
Di particolare interesse è l’evoluzione subita dal cielo del pistone, che come noto costituisce la parete mobile della camera di combustione. La riduzione dell’angolo tra le valvole ha portato a una diminuzione della bombatura.
Nei motori di prestazioni molto elevate, grazie alla migliore geometria della camera (e all’impiego del raffreddamento ad acqua), è stato possibile adottare rapporti di compressione notevolmente più alti di quelli impiegati in precedenza. La capacità delle camere di combustione, considerata in rapporto alla cilindrata unitaria, è così diminuita. E, data la ridotta inclinazione delle valvole, questo ha fatto sì che la camera stessa assumesse una forma piuttosto schiacciata.
Per consentire al motore di avere una buona respirazione ai regimi molto elevati sono state adottate fasature di distribuzione assai spinte (ma non tanto diverse da quelle che si impiegavano in passato), abbinate a leggi delle alzate estremamente radicali, neanche ipotizzabili in precedenza.
Questo significa che al punto morto superiore di fine corsa di scarico le valvole (sia di aspirazione che di scarico) sono notevolmente sollevate dalle sedi. Per mantenere una certa distanza minima di sicurezza con il pistone, nel cielo di quest’ultimo devono essere presenti degli incavi piuttosto profondi.
Per intenderci, questi ultimi sono necessari perché il cielo del pistone deve essere molto vicino alla testa per avere un elevato rapporto di compressione e al tempo stesso le valvole devono essere sollevate dalle sedi in misura decisamente sensibile proprio quando esso giunge più vicino alla testa stessa.
Una distanza minima di sicurezza è indispensabile per evitare che durante il funzionamento del motore, anche nelle situazioni più esasperate, possano avvenire contatti tra le valvole e i pistoni.
In seguito al passaggio dalle condizioni statiche ai regimi molto elevati e dalla temperatura ambiente a quella di regime la distanza tra i componenti in questione può subire variazioni a causa delle deformazioni elastiche degli organi del manovellismo e delle dilatazioni termiche. Inoltre, anche se c’è un limitatore, il motore può raggiungere regimi di rotazione più elevati di quello massimo previsto; ciò può accadere se ad esempio si effettuano scalate “brutali” o se “scappa” una marcia.
Nei motori più sportivi e ancor più in quelli da competizione, nei quali i tecnici cercano di sfruttare al meglio tutte le possibilità disponibili per incrementare le prestazioni, la distanza pistone/valvola è molto ridotta. In passato come limite estremo, al di sotto del quale non si doveva assolutamente scendere, si parlava di un paio di millimetri per entrambe le valvole.
Oggi addirittura in diversi motori di altissime prestazioni si può scendere a 1,0 (o perfino qualcosina meno!) alla aspirazione e a 1,5 mm allo scarico.
La massima vicinanza tra i funghi delle valvole e il cielo del pistone non si ha esattamente al punto morto superiore (PMS) ma un poco prima per la valvola di scarico e un poco dopo per quella di aspirazione. Per tale ragione la distanza in questione va controllata da 20° prima a 20° dopo il PMS. Questa delicata verifica deve essere effettuata dopo avere installato alberi a camme diversi dagli originali o avere aumentato il rapporto di compressione (montando un pistone più bombato, impiegando una guarnizione più sottile o asportando materiale dai piani della testa o del cilindro). E va anche effettuata se, pur mantenendo gli alberi a camme originali, si modifica la fasatura di distribuzione variando il loro posizionamento angolare rispetto a quello originale.
Dunque gli incavi sono un male necessario. Peggiorano la conformazione della camera, disturbano in qualche misura l’avanzamento del fronte di fiamma, e fanno aumentare il rapporto superficie-volume.
In certe Formula Uno aspirate di alcuni anni fa gran parte della camera era in effetti ricavata negli incavi del pistone e c’è da presumere che le cose stiano allo stesso modo nelle attuali MotoGP.
Nei moderni motori motociclistici di altissime prestazioni durante la combustione si possono raggiungere pressioni massime dell’ordine di 95 - 100 bar. Questo significa che su di un pistone del diametro di 81 mm si può scaricare una forza di ben cinque tonnellate!
In quanto alle sollecitazioni termiche, basta pensare che la potenza specifica areale delle 1.000 quadricilindriche sportive in alcuni casi è addirittura di circa 1,10 CV/cm2. Nel Morini 250 da GP degli anni Sessanta era di 0,91 CV/cm2.
Per avere un’idea di quanto il cambiamento di disegno e di dimensionamento dei pistoni abbia influito positivamente sul loro peso, basta pensare che dalla fine degli anni Settanta a oggi nei motori sportivi di serie esso ha subito una diminuzione dell’ordine del 40%, a parità di alesaggio.
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Nick_Farl_4035289, Milano (MI)Grazie Ing. Clarke per i suoi articoli come sempre interessanti. La leggo sempre volentieri.
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giordano.mazzoni, Bologna (BO)Bellissimo. Ci vorrebbe un articolo cosi ogni due giorni.