Nico Cereghini: "I vostri momenti magici con la moto"
Ciao a tutti! Siamo tornati al manubrio della nostra moto e ciascuno ha il suo modo di vivere questa fase tanto attesa e straordinaria. Ci sono i puristi che se la godono prendendosi tutto il tempo necessario, ci sono i viaggiatori che macinano finalmente i chilometri più lunghi possibili e c'è purtroppo anche l'esagerato che deve scatenare tutta la sua energia repressa. Ci sarebbe tanto da aggiungere, sul grado di inciviltà generale e in tutti i campi. Diventa sempre più importante puntare sulle emozioni legate alla essenza della moto piuttosto che alle prestazioni assolute.
E allora, cercando sotto la vernice, vedo che esistono anche per la moto i "momenti magici", cioè quei pochissimi istanti della vita che magari lì per lì ti sembrano banali, un semplice passaggio, e che invece rimarranno indelebili per il resto della tua esistenza. Ci pensi e puoi ancora nitidamente rivedere le immagini al rallentatore: come un certo giorno di scuola, o l'incontro con una persona speciale, o un gesto inatteso e sorprendente.
Vi racconto il mio momento magico motociclistico per eccellenza, anche per chiarire cosa intendo. Ero sulla SS 36 Milano-Lecco, primi chilometri fuori città con la mia Gilera 98 "regolarità" seminuova e bellissima, comprata usata con i miei primi guadagni da studente. Mese di giugno, anni Sessanta, casco a scodella da due lire, un diciassettenne sprovveduto ed entusiasta. Per la prima volta lanciai tutta la quarta e mi abbassai sul serbatoio.
Che velocità poteva raggiungere quella 98 con meno di otto cavalli all'albero? Ottanta chilometri al massimo, avevo anche la corona un po' più grossa. L'ago del tachimetro ballava oltre quota 90, il motore pareva scoppiare da un momento all'altro e la straordinaria emozione che provai l'ho ancora dentro. Una sensazione di altissima e incredibile velocità. Esistevano moto ben più veloci e lo sapevo benissimo, ero sicuro che avrei guidato prima o poi anche la BSA 650 Spitfire che nel poster pubblicitario appeso in cameretta volava a 200 all'ora, non davo insomma a quel lancio chissà qualche importanza. Immaginavo che fosse soltanto un bel momento, una tappa della mia carriera motociclistica appena cominciata. Invece no, era un punto d'arrivo.
Sì, perché quella sensazione di velocità non l'avrei mai più provata, non con quell'intensità. Lasciamo perdere la Spitfire che non avrà fatto i 150, ma dopo pochi anni ero sulla CB 750 Four a 180 all'ora, e poi in pista sulla SFC da 220 orari. E ancora era niente: avrei portato in gara le 500 da GP, sarei stato cronometrato a quasi 280 all'ora con la 1000 V6 Laverda al Castellet, avrei sfiorato i 300 con la Suzuki 750 2T ufficiale preparata per Daytona e affidatami da Mandracci in un test. Ma quella sensazione di velocità: mai più provata.
Indago sulle emozioni della moto e finisco per parlare proprio della velocità che tanti problemi sta creando. Ahi ahi, mi tiro la zappa sui piedi? Non credo: vorrei che si capisse che alla velocità ci si abitua, e dunque inseguirla non porta da nessuna parte. Lì c'è soltanto un pezzettino del fascino e della bellezza della moto. La moto è scoperta, movimento, viaggio, rumore, vibrazioni, meccanica. E naturalmente anche gesti alla guida, traiettorie, pieghe, salti sul campo da cross o difficili salite in mulattiera.
Io vi parlo dei miei 80 chilometri orari per l'emozione che mi è rimasta addosso. Qualcuno può aver vissuto un momento magico scoprendo inaspettatamente una moto perfetta per lui, o salendo verso un passo in una giornata come tante altre e poi toccando il cielo con un dito, o girando in una certa pista e scoprendo, chissà come e perché, di vivere una giornata di grazia. A voi cosa salta in mente? Pensateci, c'è un momento magico del quale volete parlarci?
11 anni, Italjet Junior cross (oggi direi mini moto), 50 cc, monomarcia dei primi anni 70, con potenza ridicola, freni inesistenti, difficilissima da fare partire … senza casco, senza nessuna conoscenza del codice della strada, senza assicurazione, bollo, … potevo spostarmi tra i paesini della val Borbera incontrando al massimo qualche trattore. Sembrava che i pericoli non esistessero, non mi ricordo che mia madre mi abbia mai detto “stai attento”. La potevo lasciare ovunque, non la rubava nessuno … saliva con fatica, scendeva pericolosamente, ogni spostamento era un’avventura e una conquista da grandi.
16 anni e patente A, fatta subito appena compiuti gli anni. Vespa Primavera ET3 125, un trabiccolo con ruote piccole e sottili. Luci, freni e sospensioni approssimativi, mi ha dato la possibilità di vivere in città liberamente, raggiungere amici, feste, scuola. Se potessi tornare indietro non la regalerei più. Mentre d’estate usavo in campagna una Husqvuarna 125 regolarità, anni 70 di mio zio, le prime marce a pedale, dosare la frizione sullo sterrato in salita, sui sassi del torrente Borbera, le prime cadute, le prime bestemmie … la pelle bruciata della gamba sotto la marmitta incandescente, capire che un motore che ha la coppia in alto non si arrampica se non la fai andare spedita ed è difficile da gestire sui canaloni, soprattutto se non sei capace di fare fuoristrada! Anche questa la rivorrei in box 😊
30 anni, Suzuki 750 GSX Inazuma, mi ricordo la follia di averla comprata così, senza pensarci troppo, con i soldi di un cambio lavoro. Non era neanche la moto che volevo, puntavo alla BMW R 850 R, molto più turistica e con un motore trattabile. Mi sono fatto accompagnare da un amico a ritirarla dal concessionario e la strada di ritorno era la SS 36, nel tratto a 3 corsie tra Saronno e Monza. Abituato a pochi cavalli, a ruotare completamente la manopola del gas, mi sono ritrovato in un attimo a superare i 200 km/h (almeno di tachimetro). Mi sembrava di avere un razzo tra le gambe e di non riuscire a respirare per la pressione dell’aria! I primi viaggi lunghi con le borse morbide sul sellino, la cartina aperta sul serbatoio a cercare la strada, i polsi formicolanti per le vibrazioni, la prima foratura, la prima caduta su strada, la frizione che si incollava col freddo … venduta senza rimpianti. Ma è stata la prima moto vera, comprata coi miei soldi!
Ora a 52 anni esco in moto bardato come un giocatore di football americano, se non metto i guanti con le protezioni mi sento nudo, i miei genitori ultraottantenni mi dicono: “camminate piano”. E hanno ragione!