Quelli che "Te la ricordi Vallelunga?"…
Meravigliosa serata amarcord, tra aneddoti, prese in giro e vecchie rivalità mai sopite: se metti intorno ad un tavolo centoventi invitati, tra ex piloti, meccanici, giornalisti ed appassionati, il rischio è che si tiri a far tardi, perché mille sono gli episodi da ricordare e raccontare.
L’instancabile verve organizzativa di Roberto Pontiroli, deus ex machina del motoclub Yesterbike, dopo una prima reunion organizzata proprio in circuito qualche mese fa (vedi qui), è riuscita nel miracolo di riunire il fior fiore di quella splendida stagione che tra gli anni 70 e gli 80 ebbe come teatro di epiche gesta l’impianto di Vallelunga.
Ai tempi, tra campionati italiani, europei e mondiali, il motociclismo romano era una realtà importante, vivaio quasi inesauribile di talenti dal polso perennemente a manetta, e capace di anche di esprimere artisti della chiave inglese, in grado di esaltare come nessuno motori spesso scabrosi e ciclistiche non certo per signorine.
Una scuola unica al mondo: Carlo Murelli, che preparava le Honda della Samoto per le gare delle Derivate di serie, era così bravo che la sua fama arrivò fino in Giappone, al punto da essere chiamato dalla Honda in forza all’HRC, unico meccanico europeo del team che seguiva lo sviluppo della NR 500 a pistoni ovali.
Oggi che le moto sono macchine perfette gestite dall’elettronica, le difficoltà sono altre: per esempio, riconoscere in quel panciuto ed ormai quasi calvo signore con tanto di occhiali, il “pischello“ indiavolato che, trent’anni fa (e soprattutto cinquanta chili fa…), riusciva a piegare come nessun altro all’ingresso dei Cimini; ancora, rivangare epiche battaglie in pista, sportellate tra carenature finite poi nel prato con qualche cazzotto volante prima della pace sancita da un bicchiere di vino; infine, con inevitabile mestizia, accorgersi che c’è qualche sedia vuota, e non a causa di code nel traffico o di una moglie che non concede divagazioni “single“.
Impossibile davvero fare l’elenco dei presenti, con il rischio di dimenticare qualcuno: allora valga, per tutti quelli che c’erano e soprattutto per i pochi che hanno mancato l’appuntamento, l’impegno a rivedersi ancora.
«A Robè, che fai, ci pensi sempre tu, vero?»