Regine degli anni Sessanta: le 125 italiane
Per lungo tempo le 125 sono state il sogno degli appassionati sedicenni che, dopo avere iniziato con i ciclomotori, avevano finalmente la possibilità di entrare nel mondo delle “vere” moto.
Nei vari periodi sono stati protagonisti modelli e costruttori diversi. Negli anni Cinquanta, prima che iniziasse il boom delle auto utilitarie, le moto di questa cilindrata venivano principalmente utilizzate come mezzo di trasporto. C’erano anche molti modelli di 75 e di 100 cm3, dal costo inferiore e dalle prestazioni più modeste. E naturalmente c’erano anche le 150 e, per coloro che se le potevano permettere, le 175, autentico top di gamma per diverse case.
Pochi centimetri cubi potevano fare la differenza, in una nazione che si stava risollevando dopo i disastrosi eventi bellici.
Quando è iniziata la grande crisi del mercato, per diverse case la classe 125 è diventata la più importante, e tale è rimasta per diversi anni, durante i quali le moto si sono trasformate da veicoli utilitari utilizzati per andare quotidianamente al lavoro a mezzi destinati ai soli appassionati e agli studenti che potevano permetterseli, per andare a scuola e per divertirsi nel tempo libero. Successivamente le condizioni economiche sono migliorate in misura tale che le moto sono tornate alla ribalta, ormai divenute straordinario mezzo di svago, per gli sportivi e per chi cercava emozioni forti.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta i più importanti costruttori, vista la crescente popolarità della classe, hanno cominciato a mettere in produzione delle nuove 125. Alcune sostituivano precedenti modelli realizzati con schemi tecnici che stavano ormai diventando obsoleti (è il caso della Mondial e della Gilera) mentre altre segnavano il passaggio a più performanti e raffinati motori a quattro tempi al posto degli “umili” due tempi impiegati in precedenza.
Non tutte le nuove ottavo di litro (così chiamate perché 1000 cm3 diviso 8 = 125 cm3) hanno avuto successo.
Alcune non erano particolarmente valide, altre erano costruite da aziende di modeste dimensioni che non disponevano di una adeguata struttura commerciale. Altre ancora sono state realizzate forse senza una particolare convinzione, o in un momento nel quale la casa era già in grandi difficoltà. Insomma, c’è stata una certa selezione, che ha portato a emergere i modelli più validi, costruiti da case “solide” e in possesso di una buona rete di vendita e assistenza. Per quanto riguarda quest’ultima occorre anche osservare che, se certe moto hanno avuto più fortuna in determinate zone d’Italia e assai meno in altre, è stato fondamentalmente per via dei concessionari. In una data città era più dinamico e bravo (e magari più popolare tra gli appassionati locali) quello della casa X e in un’altra quello della casa Y e le vendite andavano di conseguenza.
Si sono così affermate come grandi protagoniste degli anni Sessanta (e anche dell’inizio del decennio successivo) poche ma formidabili 125, il cui ricordo rimane tuttora indelebile non solo per coloro che sono stati giovani allora, ma anche in tutti i veri appassionati del motociclismo e della sua straordinaria storia.
La Morini spopolava in gran parte della nazione con il suo Corsaro. Questa moto era nata alla fine del 1958, derivata dallo Sbarazzino di 100 cm3, apparso un paio di anni prima.
Aveva una meccanica semplice ma razionale e straordinariamente efficace e una estetica che si è evoluta nel corso degli anni diventando sempre più accattivante, in particolare per i giovani. La distribuzione era ad aste e bilancieri e le due valvole erano parallele. L’alesaggio di 56 mm era abbinato a una corsa di 50 mm.
Il primo modello sportivo è stato il Corsaro Veloce, apparso nel 1962 ed evolutosi nei successivi Sport Lusso e Super Sport, presentati alla fine degli anni Sessanta e accreditati rispettivamente di 9,25 e di 10,8 cavalli alla ruota e dotati di cambio a cinque marce.
Il Corsaro è stato realizzato anche in versione di 150 cm3 (58 x 54 mm). Un grande successo agonistico hanno avuto i modelli da Regolarità, che all’inizio degli anni Settanta hanno segnato il culmine della evoluzione dei quattro tempi nel settore fuoristradistico.
Come il Corsaro, anche il 125 della pesarese Motobi è stato a lungo uno dei migliori “ottavo di litro” della intera produzione mondiale. Il motore a cilindro orizzontale aveva una tipica conformazione a uovo. Anche in questo caso la distribuzione era ad aste e bilancieri, ma le due valvole erano inclinate, cosa che consentiva di realizzare una camera di combustione di forma emisferica.
Le misure caratteristiche erano perfettamente quadre; sia l’alesaggio che la corsa erano infatti di 54 mm. Il motore, che aveva il basamento pressofuso e ben quattro cuscinetti di banco, è stato realizzato anche in versioni di 175, 200 e infine 250 cm3.
La trasmissione primaria era a coppia di ingranaggi e il cambio (nato a quattro marce ma in seguito diventato a cinque) era del tipo con presa diretta; albero a gomito ruotava quindi all’indietro.
Nella parte ciclistica spiccava il telaio a singola trave in lamiera stampata, nel quale il motore era montato a sbalzo. Le Motobi hanno avuto una lunga e fortunata carriera agonistica e si sono imposte in vari campionati juniores e della montagna.
La Gilera 124 5V, presentata alla fine del 1965, ha avuto una notevole fortuna tra i giovani principalmente per l’estetica davvero entusiasmante (oltre che per la capillare rete di vendita della casa). Le prestazioni erano però leggermente inferiori rispetto a quelle delle rivali Motobi e Morini.
Il motore era una versione più spinta e con cambio a cinque marce di quello apparso nel 1959 sulla Giubileo 124 (e sulla 98, di identico schema). Venivano adottate le stesse soluzioni utilizzate sul Corsaro, con albero a camme sul lato sinistro, distribuzione ad aste e bilancieri e valvole parallele; pure le misure di alesaggio e corsa erano le stesse (56 x 50 mm).
I modelli da regolarità hanno fornito risultati eccellenti e solo la comparsa delle più avanzate versioni del monocilindrico Morini ha posto fine alla loro supremazia.
Negli anni Sessanta la Guzzi produceva l’ottimo Stornello 125, ma complessivamente la sua diffusione tra i giovani non è stata di particolare rilievo. Forse ciò dipendeva dal peso elevato, dalle prestazioni non proprio al top e/o dalla estetica…
La Ducati aveva la sua 125 monoalbero, che però non sembra avere spinto più di tanto. I numeri di produzione non sono stati tanto modesti (anche grazie a considerevoli vendite all’estero) ma gli obiettivi della casa di Borgo Panigale erano più ambiziosi e ad essere privilegiati erano i modelli di cilindrata maggiore…
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DocAlchemist, Milano (MI)Un ritorno alla giovinezza...Il Gilera 125 5V era il sogno di quasi tutti noi ragazzi di allora, il Morini era molto meno diffuso. Del Gilera ricordo quando provai il 150 da regolarità corsa, impressionante e fragilissimo. Il Benelli/Motobi era per gli smanettoni, molti lo truccavano aumentando la cilindrata. Lo Stornello era un mezzo con cui andavano a lavorare le persone che non si potevano permettere l'auto, uno strumento di trasporto, più che un mezzo di divertimento. In compenso era robustissimo, leggendario da questo punto di vista. Io comprai di terza o quarta mano uno Stornello regolarità competizione vendendo i libri del ginnasio e liceo degli anni prima, marmitta a forma di boule dell'acqua calda, con la forcella storta per un tamponamento, e ci feci migliaia di chilometri. Aveva un rumore stupendo, e del peso, relativo, non importava a nessuno...la benzina costava meno di 120 lire. Poi, mi regalarono una Aermacchi HD Aletta 125, altro mondo. Ma, eravamo noi ad essere diversi, voglia di vivere e di girare il mondo, sentire odori e vedere con i nostri occhi. E cosi siamo rimasti, non per nulla, la maggior parte dei motociclisti, quando toglie il casco ha i capelli bianchi. Ma le case, poi, non capiscono perché non si vendano supersportive con le pedane a 15 cm dalla sella, ma comode tuttofare?
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Assurdo Universo, Portici (NA)Con il mio Corsaro in accelerazione facevo i giri intorno ai Benelli/Motobi (4T) che però si rifacevano sull'allungo, grazie anche ad un volano più corposo. Peccato che a quel punto le garette erano già finite...con il Corsaro sul podio!