Restaurando, terza puntata: Yamaha XS2 650
Contemporaneamente all'Honda CB 500 Four, della quale abbiamo parlato nell'ultima puntata di Restaurando, sempre negli anni '70 l'attacco delle giapponesi al mercato italiano si faceva sempre più massiccio. Tant’è che Yamaha nel 1972 aveva sfidato la concorrenza con la bicilindrica XS2 650, seguendo ovviamente gli stilemi della Triumph T 120 R Bonneville (e di alcune altre moto omologhe britanniche e nipponiche) e migliorandone alcuni aspetti critici. L'abbondanza di cromo rendeva questa motocicletta molto appariscente, addirittura gli ammortizzatori ed il carter della catena sono stati sottoposti ad un bagno di cromo. La cura dei dettagli chiaramente segue i migliori standard nipponici di allora: utilizzo di bulloneria speciale, dadi frenati e ingrassatore per il perno forcellone, per citarne alcuni.
Introdotto sul mercato americano nel 1969 , questo modello fu il primo della casa di Iwata spinto da un motore a quattro tempi, seguendo così gli altri costruttori nipponici che, per adattarsi alle più stringenti norme di carattere ambientale imposte negli Stati Uniti che facevano pensare ad uno stop alla circolazione dei modelli a 2 tempi, cominciarono a proporre propulsori a ciclo Otto. Ma se all'interno del mercato statunitense e nel resto del Vecchio Continente il successo riscosso fu più che soddisfacente, le cose in Italia andarono differentemente.
Il prezzo richiesto per questa Yamaha era troppo alto rispetto alla concorrenza, specialmente rispetto a quella nazionale. Se nel 1972 il prezzo della XS2 650 raggiungeva la cifra di L.1.200.000, simile a quello della Triumph a cui si ispirava, la Benelli Tornado aveva un prezzo di listino che si attestava sotto al milione, mentre la XS 2 costava solo una manciata di lire in meno rispetto a moto ben più prestazionali, come la formidabile Honda CB 750 Four e la nostra possente Laverda 750 GTL.
Proprio per questa serie di ragioni è difficile trovare in Italia un esemplare completo di questa Yamaha. È così che l’amico Daniele Soiatti, guru di Soiatti Moto Classiche di Novara, ha ricevuto l'incarico, da parte di un affezionato cliente, di restaurare quella che, pur essendo una base completa, non era più funzionante ed aveva uno strato ruggine che continuava ad avanzare.
Come di consueto si è partiti dallo smontaggio completo della moto e dall'apertura del motore, che doveva essere obbligatoriamente ripristinato. Proprio il propulsore di quella che ai tempi era ritenuta una delle “anti-Bonneville” arrivava con delle migliorie tecniche non da poco rispetto alla concorrenza britannica: monoalbero a camme in testa, cambio a cinque rapporti, teste e cilindri in lega leggera, esibendo anch’essa un bello scarico doppio dalla voce coinvolgente.
Dopo questo excursus storico, è bene tornare al succo del discorso, il restauro. Il motore risultava essere bloccato, e necessitava di un lavoro radicale. Dopo essere stato totalmente smontato e revisionato, gli sono stati sostituiti i pistoni e rettificati i cilindri. Questo motore ha alcune caratteristiche che lo rendono appariscente ed esteticamente molto accattivante. I carter sono lucidati, e spiccano sulle teste i vistosi dadi ciechi cromati. Parlando invece dell'aspetto più prettamente meccanico, questo bicilindrico parallelo si distingue per l'albero motore che poggia su 4 supporti di banco, anziché 3, come sulle inglesi.
Le manovelle sono a 360 gradi, dunque gli scoppi si susseguono regolari, uno ad ogni giro dell'albero motore. L'assenza di un contralbero (peraltro non ancora diffusissimo ai tempi, ma comunque introdotto da Yamaha sulla bicilindrica TX750 lanciata proprio nel 1972), fa però si che le vibrazioni siano piuttosto fastidiose, cosa riscontrata anche durante i test dell'epoca.
Una volta riassemblato il motore, si è passati alla pulizia dei due carburatori Mikuni-Solex a depressione. Particolarità dei carburatori è appunto il coperchio delle membrane, realizzato in Giappone su licenza della francese Solex.
Il telaio è stato sabbiato e riverniciato, i cerchi in acciaio sono stati lucidati, mentre i raggi sono stati zincati. Processo simile anche per gli ammortizzatori posteriori (regolabili su tre posizioni) che sono stati revisionati e successivamente cromati. Dopo la riverniciatura dei fianchetti e del serbatoio, sono stati acquistati nuovi alcuni particolari, tra cui il tappo del serbatoio con l'inserto che riporta i tre diapason incrociati - simbolo della tradizione Yamaha che, com’è noto, è celebre fin dalla fine dell’800 anche come produttrice di strumenti musicali di pregio -, i fregi cromati e le scritte sui fianchetti, entrambi fissati con una vite centrale e poggiati su supporti elastici. Nuova è anche la plastica Stanley del fanale posteriore, la quale riporta i due catadiottri laterali obbligatori nel mercato statunitense.
L'impianto elettrico è stato totalmente rifatto, mentre i blocchetti elettrici al manubrio sono stati ripristinati. Peculiarità di questa motocicletta è la messa in moto: sotto l'acceleratore è collocata la leva di azionamento dell'alzavalvola (che lavora solo sulla valvola di scarico del cilindro sinistro), che comanda anche l'interruttore del motorino di avviamento, davvero una soluzione all'avanguardia per l'epoca.
Finito il lavoro, anche questa volta il risultato ottenuto è insindacabilmente ottimo. Per alcuni versi la moto sembra più nuova rispetto a quando uscita di fabbrica. Le ore di manodopera dedicate a questo progetto sono state tante, circa 120 ma, grazie al discreto stato di conservazione della moto, il costo sostenuto per la sostituzione della componentistica non è stato troppo elevato. Vanno però considerati i costi per la lucidatura e cromatura dei pezzi, nonché quelli della verniciatura nel caratteristico rosso brillante con grafiche tondeggianti.
Voi cosa ne pensate di questa “anti-Bonneville”, nonché rivale delle più classiche Honda CB 750 Four, Benelli e Laverda?
Avete restaurato anche voi una moto d'epoca? Mandateci le foto e i dettagli del restauro. le documentazioni più complete verrano pubblicate su Moto.it.
Foto: Franco Daudo
anche perche era di mio padre e lui ci teneva tanto