Riderscan. Il questionario anonimo per la sicurezza dei motociclisti
Partito a fine 2011, dopo una lunga fase di raccolta e analisi di dati in tutti i paesi europei (più Norvegia e Svizzera), lo step attuale dell'indagine mira a coinvolgere direttamente tutti i motociclisti del nostro Continente. È stato infatti lanciato un questionario on line anonimo tradotto nelle varie lingue (www.fema-online.eu/riderscan-studio), pensato per tracciare una fotografia dettagliata delle abitudini di chi va in moto, della sua cultura specifica, della sensibilità al tema della sicurezza e delle esigenze connesse alla mobilità.
Il Riderscan vuole insomma studiare a fondo il mondo della moto e tutto ciò che vi ruota intorno in otto differenti aree: infrastrutture, preparazione/educazione/esami/patenti, raccolta ed analisi dati, analisi dell'incidentalità, ricerca, gestione del traffico, campagne d'informazione, strategie nazionali. Il risultato finale della ricerca, che si concluderà il 31 ottobre 2014, verrà diffuso presso tutti i soggetti interessati alla sicurezza stradale. Quindi stampa, comunità dei motociclisti, autorità dei trasporti, governi, parlamenti e mondo della ricerca. Ovviamente sia a livello europeo che nazionale.
In Italia il referente scelto è la neonata associazione senza fine di lucro GuidaSicuraMoto, che ha come finalità la promozione della sicurezza stradale. La collaborazione è iniziata con la raccolta dei dati, e in futuro si svilupperà attraverso la diffusione dei risultati e delle nuove conoscenze a livello nazionale presso tutte le autorità e gli enti interessati.
Riccardo Matesic, Presidente GuidaSicuraMoto
«Gli incidenti dei motociclisti sono sotto i riflettori a livello europeo da diversi anni, ma la ricerca più seria e completa in questo senso, il MAIDS (Motorcycle Accidents in Depth Study) realizzato dai costruttori europei di moto, risale a ormai 13 anni fa.
Ecco l'importanza di questa nuova indagine, che ha la particolarità di essere “autogestita” da noi motociclisti. Rispondere in massa, oltre a dare il nostro contributo d'idee, significa anche dare un segnale di coesione, un modo per dire “noi ci siamo e siamo uniti”. Per questo mi sono appassionato a questo progetto e mi sto impegnando per diffonderlo fra i motociclisti italiani. E per questo lascio anche i miei recapiti, perché il nostro contatto non si ferma qui. A studio finito sarò io che a livello nazionale mi preoccuperò di renderne noti i risultati più importanti e di farlo avere al mondo politico e delle amministrazioni».
Informazioni
Per informazioni si può contattare direttamente la FEMA (Aline Delhaye, project coordinator,
[email protected]) o GuidaSicuraMoto (Riccardo Matesic – 346.67.05.790 –
[email protected]).
Come fare qualcosa di concreto?
In altri paesi europei qualcosa può avvenire. In quei paesi esistono associazioni per la tutela dei diritti dei motociclisti che sono molto attive e sono seguite e sostenute da molti motociclisti, che sono i primi a volere fare qualcosa di concreto per ottere dei risultati. Sono le associazioni che compongono la FEMA.
Ma in Italia la situazione è ben diversa. Ci sono infatti una miriade di associazioni di dimensioni limitate, molte di queste nate per seguire uno specifico obiettivo, che molto spesso riescono ad andare avanti per un anno, forse due, per poi spegnersi nel disinteresse dei loro associati.
Difficile anche cercare di riunirle in una federazione che le coordini, poiché tutte vogliono mantenere la loro indipendenza, la loro autonomia, ed è in fin dei conti lo stesso scenario che vediamo in molte coalizioni politiche.
Essere iscritti alla FEMA significa essere presenti nella associazione che tutela i motociclisti nelle sedi del governo europeo. Significa essere i portavoce delle necessità dei motociclisti di una determinata nazione.
Per l'Italia questo era svolto dal Coordinamento Motociclisti, che tra l'altro è stato uno dei primi iscritti alla FEMA. Il CM è diventato ora il Coordinamento Italiano Motociclisti, una associazione che sta cercando di tutelare i diritti dei motociclisti, ma non ha potuto rinnovare la sottoscrizione alla FEMA per via del fatto che non ha abbastanza iscritti, anche perche molti motociclisti che vogliono provare a fare qualcosa sono dispersi in quelle associazioni di cui parlavo prima.
Il CIM è una associazione formata da volontari, che dedicano molto (se non tutto) il loro tempo libero per portare avanti gli obiettivi che sono indicati nello statuto, e può crescere e ottenere risultati solo con la partecipazione dei motociclisti.
La prima situazione che si dovrebbe cambiare è quindi nelle mani dei motociclisti, che se si unissero alla associazione che da oltre vent'anni sta cercando di tutelare i loro diritti, darebbero a questa associazione la forza e l'autorevolezza di rappresentare nelle sedi istituzionali le loro richieste. Cliccare "mi piace" sulle proteste di Facebook, non serve a nulla....
Se vogliamo provare a fare qualcosa, il Coordinamento Italiano Motociclisti vi aspetta, e questo lo dico anche agli organi di stampa, compreso questo sito, dato che senza la visibilità che ci può essere data dai media, sarà ben difficile raggiungere una dimensione tale da potere fare qualcosa di valido.
Marco Polli
Presidente del Coordinamento Italiano Motociclisti
http://www.cim-fema.it
Interessante...
I pericoli che si corrono andando in moto sono sempre quelli, o no?
Strade in pessimo stato, guardrail che rendono potenzialmente mortale anche la più piccola scivolata, poco rispetto da parte degli altri utenti della strada (compresi i motociclisti), automobili sempre più piene di distrazioni per chi le guida (navigatore, lettore dvd, radio, cellulare ecc) e di zone "morte" in cui la visibilità risulta scarsa (montanti e rinforzi ovunque), patenti troppo facili (e non parlo solo della patente A, ma anche delle altre...). E poi naturalmente la velocità eccessiva e il mancato rispetto delle distanze di sicurezza, non solo dei motociclisti ma anche e soprattutto da parte degli altri utenti della strada.
Le cose sono queste. Tutto sommato non credo che serva uno studio mondiale per arrivare a stabilirlo. Fanno un gran parlare di abbigliamento ad alta visibilità, protezioni ecc, ma mi chiedo a cosa servano tutte queste cose se uno ti viene addosso con l'auto perché nel frattempo stava giocando con il lettore dvd o il cellulare.
Come motociclisti possiamo senz'altro migliorare il nostro comportamento e la nostra sicurezza, ma non siamo soli in strada. Gli altri devono fare la propria parte, e le strade devono essere fatte come si deve, con i giusti limiti di velocità, la giusta segnaletica e un fondo che non presenti brutte sorprese. Tutto questo sfugge al controllo di noi motociclisti, purtroppo...