Salvatore Pascucci: «Registro Storico, qualità oltre la quantità»
Per qualche giorno si è presa tutte le copertine ed i titoli dei giornali: la fiammante Moto Morini 175 Bialbero, modello del 1959 appartenente alla collezione di Corrado Cossettini, oltre all’intrinseca bellezza porta in dote un valore aggiunto di non poco conto. E’ la moto, infatti, titolare della tessera n. 200.000 del Registro Storico della FMI.
Un traguardo dal grande significato, visto che quello delle moto d’epoca è uno dei settori più importanti della FMI, che attesta quanto grande sia nel nostro Paese l’interesse per le due ruote, a prescindere dall’età anagrafica, e quanto sia diffusa la cultura della conservazione e del restauro di modelli d’interesse storico.
Istituito ufficialmente nel 1987, il Registro Storico nasce per tutelare e promuovere sul nostro territorio la conservazione di moto e scooter d’interesse storico, vale a dire che abbiano almeno venti anni d’età. Compito delicato, senz’altro, che ha compiuto un vero salto di qualità quando, nel 2009, la FMI decise di affidarne le redini a Salvatore Pascucci. Dietro lo spettacolare incremento di numeri c’è senz’altro la spinta impressa al Registro Storico dal dirigente salernitano, che ha ridisegnato il perimetro operativo e messo in campo modalità inedite (ed efficaci, visti i risultati) per far coincidere l’interesse di collezionisti ed appassionati con quelli della tutela dell’originalità storica.
- Qual è stato il primo pensiero, nel vedere che si avvicinava il traguardo della moto numero 200.000 iscritta al Registro?
«Ho provato un piccola vertigine: quando sono stato nominato coordinatore le moto facenti parte del Registro erano meno della metà, e in pochi anni abbiamo più che raddoppiato il loro numero. Ma non è stata una banale operazione di aggregazione senza filtri o paletti: anzi, abbiamo sempre fatto della qualità la nostra stella polare. Piuttosto, abbiamo reso più capillare la nostra presenza sul territorio, attraverso le figure dei Referenti e degli Esaminatori. I primi sono circa centoventi, quasi cinquanta i secondi. Sono loro i veri artefici del successo del Registro: forniscono risposte ed informazioni preziose a chi si avvicina al nostro mondo, si occupano della valutazione dei veicoli, dispensano consigli e suggeriscono soluzioni ai problemi. Senza di essi, non saremmo qui a parlare».
- Non c’è dubbio che il mondo delle moto d’epoca sia stato sdoganato: da passatempo per nostalgici, oggi è diventato fenomeno trasversale, che unisce le giovani generazioni ai veterani. C’è merito anche vostro in questa mutazione quasi antropologica?
«Aspetto che siano gli altri a dircelo: per quanto riguarda il Registro Storico, è innegabile lo sforzo che la Federazione ha fatto per uscire dagli uffici e mettersi in diretta relazione con il pubblico. Non c’è quasi alcun appuntamento che interessi le due ruote, in Italia, dove non sia presente uno stand del Registro Storico, per fornire consulenze e dare consigli: dalle mostre-scambio più importanti agli eventi locali, dai grandi Saloni come Eicma alle manifestazioni più piccole, cerchiamo di esserci. Questo sforzo, che alla fine dell’anno si traduce in circa quaranta presenze dalle Alpi alla Sicilia, sicuramente viene ripagato dai risultati. Riguardo poi l’allargamento del bacino, è indubbio che oggi guardino alle moto d’epoca anche i più giovani: spesso arrivano da noi perché trovano in garage una Vespa o comunque uno scooter, ma negli ultimi anni sono in aumento quelli che si mettono a lavorare su una moto degli anni ’70 o ’80, magari di costruzione giapponese».
- Ma tenere sotto lo stesso tetto il ragazzo che ha uno scooter insieme al collezionista che investe cifre importanti per avere moto uniche, non potrebbe creare qualche problema?
«In effetti queste figure hanno esigenze diverse, perché c’è differenza tra collezionismo ed utilizzo. Per questo stiamo studiando formule differenziate, come la Patente del collezionista, da rilasciare a chi delle moto e degli scooter d’epoca fa una forma di investimento, oltre che una soddisfazione personale».
- Come si gestiscono oltre 15.000 nuove iscrizioni all’anno?
«Senza informatica saremmo perduti, anzi sarebbe stato impossibile arrivare a quanto fatto. Iscrivere una moto d’epoca al Registro ha richiesto in passato tempi di attesa a causa delle procedure burocratiche, ma ora è attiva la procedura online, più semplice e rapida, che si affianca al tradizionale iter cartaceo, ancora operativo per chi non simpatizza per il computer».
- Come sono i rapporti con le Case?
«Ottimi e di piena collaborazione, e non si tratta di una frase fatta. C’è un costante scambio di informazioni, tecniche e non solo, per ricostruire la storia della moto in Italia; e soprattutto per le aziende piccole e di medie dimensioni, tante realtà oggi sparite ma di cui l’Italia era ricca soprattutto nel Dopoguerra, costituiamo una sorta di archivio virtuale, da consultare per ottenere informazioni sulle serie prodotte, sui diversi modelli e le versioni speciali. Se non ci fosse il Registro Storico per tale consulenza, sarebbe difficilissimo ricostruire con esattezza i percorsi industriali e le varianti costruttive».
- Tracciamo un identikit degli associati al Registro: dove vivono, quali veicoli iscrivono al Registro?
«Le regioni più rappresentate sono Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, e fin qui nessuna sorpresa; ma negli ultimi anni stiamo assistendo ad un robusto recupero delle regioni del Centro-Sud, non solo in termini numerici ma anche per qualità dei veicoli. Per tipologia, gli scooter restano maggioritari, superando il 35% del totale con Vespa e Lambretta, ma anche con diversi altri modelli appartenenti alla storica tradizione costruttiva italiana; tra le moto stradali, la parte del leone la giocano i modelli da turismo degli anni ’70 e le moto particolari degli anni ’80, mentre quelle da fuoristrada sono ovviamente meno numerose, ma comunque su quantitativi importanti, legati al DNA sportivo della Federazione. Non a caso, di recente abbiamo introdotto anche per questa tipologia la “Targa di Merito", che identifica modelli di particolare pregio ed importanza, riservata alle moto da regolarità costruite entro il 1975, già iscritte al Registro Storico e che risultino in ottime condizioni di conservazione, o restaurate nel rispetto dell’originalità».
- Per essere iscritta al Registro si richiede un’età minima del veicolo di venti anni: è ancora un requisito corretto o andrebbe modificato, per esempio elevandolo a venticinque?
«Lo ritengo ancora un limite giusto; d’altro canto, è solo uno, e certamente quello meno vincolante, per garantire l’iscrizione al Registro. Piuttosto, il nostro modello funziona: all’estero non esiste nulla di analogo, e molti colleghi stranieri apprezzano molto il fatto che il Registro Storico sia appoggiato ad una Federazione, che ne tutela la credibilità e aumenta l’autorevolezza a tutti i livelli».
- Il traguardo della 200.000 moto del Registro è ormai alle spalle: quali sono i prossimi obiettivi che vi ponete, su quali tematiche sarete più attenti ed operativi?
«Alla base del nostro lavoro resta la promozione anche culturale del veicolo storico: vogliamo proseguire nella riscoperta e nella tutela delle piccole entità produttive che tanto hanno fatto in Italia, ma anche tenere sotto la nostra ala protettiva gli eventi storici che si svolgono nel Paese. Il tutto senza dimenticare l’impegno di migliorare la qualità del servizio offerto, con procedure più snelle e convenienti sul versante economico. C’è poi parecchio da fare sul versante della semplificazione burocratica: partendo dal molto di buono previsto dal decreto del 2010, ci sembra si possa migliorare intervenendo per esempio sul vincolo territoriale legato alle Province».
- Ma qual è il suo sogno nel cassetto?
«Portare la moto d’epoca nelle scuole: sarebbe un’ottima materia da insegnare, per formare tecnici in grado di lavorare su modelli storici rispettandone l’integrità originaria. In una fase non facile per il lavoro giovanile, si aprirebbero prospettive molto interessanti».