Harley Davidson Low Rider S, la power cruiser della West Coast
Se esiste una moto che incarna lo spirito e l'attitudine Californiana, è lei: la Harley-Davidson Low Rider che - più di ogni altra moto del ricco catalogo della casa americana - potrebbe essere traghettata da un decennio all'altro, quasi all'infinito, senza modifiche evidenti o cambiamenti epocali che ne inficino il carisma o l'immortalità delle linee; nel 2016, per la coastal cruiser a stelle e strisce, fu avvertita l'esigenza di vararne una versione più aggressiva e fece il suo debutto la Dyna Low Rider S con le stimmate dei leggendari modelli FXR e dotata del propulsore Screamin' Eagle 110 ma dopo soli due anni il modello svanì dal listino.
Con l'arrivo del motore Milwakee-Eight 114 e la crescente richiesta di prestazioni – anche dinamiche – da parte dell'utenza, ci aspettavamo una motocicletta che raccogliesse il testimone di cruiser d'impatto e aggressiva: esattamente come la Low Rider S, la Low Rider più potente e sportiva di sempre appena presentata da Harley-Davidson e già sotto le nostre mani per una presa di contatto al sole della California, il suo habitat elettivo. La Low Rider S non sostituisce la versione standard ma ne costituisce non la declinazione più estrema, per quella c'è la FXDR 114, ma un'ulteriore sfaccettatura che solo alla fine del test abbiamo compreso veramente: quella di rendere più facile e gratificante l'esperienza di guida di una bicilindrica grossa, stilosa e – preferibilmente - nera.
Com'è fatta
Esteticamente la Low Rider S spara dritto al cuore del californiano che abita in noi: alta davanti e bassa dietro, nella livrea Vivid Black - che noi preferiamo rispetto alla Barracuda Silver - il doppio scarico shotgun 2 in 2 sul lato destro si unisce al piccolo cupolino per disegnare uno stile aggressivo, le ruote in alluminio (anteriore da 19” e posteriore da 16”) sono rifinite in bronzo scuro opaco in contrasto con le altre componenti della motocicletta così come il marchio sul serbatoio dello stesso colore, ed è un vero peccato che le foto non riportino appieno l'affascinante contrasto che da solo è già un motivo stilistico.
Molto bello anche l'alternarsi di tre differenti gradazioni e finiture della vernice nera per propulsore, cover principale e console del serbatoio (Wrinkle Black), per il coperchio frizione, filtro dell’aria e teste (Gloss Black), mentre per lo scarico è stato scelto il nero opaco, a dimostrazione che una colorazione mono tinta può evitare di scadere nella banalità e valorizzare lo stile. Le luci anteriore e posteriore a led, la sella rigorosamente monoposto a 690 mm da terra (ma il catalogo H-D è lì ad aspettarvi...) e il filtro aria laterale d'ordinanza ma non troppo sporgente completano un layout di una cruiser che sprizza potenza e agilità come poche altre.
La Low Rider S monta un manubrio motocross-style rialzato di dieci centimetri rispetto alla Low Ride standard, forse appena alto per una statura media, anche se dobbiamo ammettere che alla fine del test nessun indolenzimento ha fatto capolino né ai polsi né alla schiena sottoposta ad una postura forse non ottimale al 100% ma scenografica ed evocativa.
La facilità con la quale si mettono i piedi a terra è imbarazzante, così come sono insospettabili la facilità di manovra da fermo – se facciamo caso al fatto che si tratta pur sempre di una bicilindrica di quasi due litri e quasi 300 chili di peso a secco – e la capacità di girare molto stretta a velocità bassissime senza alcuna sensazione che l'avantreno tenda a chiudersi. Le pedane, ovviamente, sono basse e avanzate ma non in maniera eccessiva e in definitiva tutta la posizione di guida non può affatto dirsi scomoda pur rimanendo assolutamente in tema con l'atmosfera e la declinazione West Coast della Low Rider S.
Da una moto così non si può che pretendere il massimo anche dalle finiture: verniciature inappuntabili, leve e comandi generosi come da copione Harley-Davidson con il plus di essere piacevolmente morbidi, specie la frizione; sotto i piedi il cambio è morbidissimo ma dalla consueta corsa lunga e la leva è alta in pieno stile cruiser, mentre il pedale del freno posteriore è grande quando uno smartphone ma raggiungibile senza contorsioni; solo un appunto alla strumentazione che decentra troppo il contagiri e il cui display LCD non è visibilissimo, specie col sole.
il motore Milwakee Eight 114
Quello che conta di più sta sotto il serbatoio e bisogna dire subito che in casa Bar&Shield si è fatto un ottimo lavoro: il motore Milwakee-Eight 114 (per noi europei sono 1868 cc), quattro valvole, doppia candela, raffreddato ad aria e olio di cui è dotata la Low Rider S è il secondo maggiore propulsore per cilindrata in casa Harley, in coda all'ancora più prestante 117 che spinge esclusivamente le CVO, i modelli più esclusivi della gamma.
Se la potenza non ci fa saltare sulla sedia con i suoi 93 cavalli a 5020 g/min, è la coppia di 155 Nm a 3.000 giri che ci apre un sorriso ad ogni richiamo dell'acceleratore: il valore non ha bisogno di conferme al banco, basta sentire la ruota posteriore nelle marce basse che cerca di scavare l'asfalto accompagnata dai battiti ostinati del bicilindrico per fare atto di fede; tra l'altro è praticamente lo stesso valore di coppia del motore della Dyna Low Rider S del 2016 ma ottenuto 500 giri più in basso e, non dimentichiamolo, rispettando le norme antinquinamento attuali.
Tanta coppia non si traduce in una risposta brusca o caratteriale, il bicilindrico riesce a riprendere in sesta marcia fin dai 1200/1300 giri e se dovessimo rimproverargli qualcosa ad ogni costo gli diremmo che offre un allungo non eccezionale, ma dubitiamo possa essere ritenuto un difetto dato che inserendo i rapporti uno dopo l'altro la Low Rider S fa tantissima strada immersa nel... silenzio: ecco, volevamo proprio parlare di questo, del sound tipico del grosso bicilindrico di Milwakee che ha, forse definitivamente, capitolato di fronte alle normative antipollution.
Il suono che esce dal doppio scarico 2 in 2 è civilissimo, ovattato e pieno ma i concerti di scoppi zoppicanti al minimo e i fragorosi alti quando il motore andava su di giri sono soltanto un ricordo. Saranno felici in molti, forse altrettanti verseranno una lacrimuccia, è forse anche un segno dei tempi. Diteci la vostra.
Vibrazioni non pervenute: il motore è montato rigidamente ma ha un doppio albero di bilanciamento e così possiamo mettere in archivio anche le “good vibrations” e gli scuotimenti al minimo, anche questi ridotti veramente a poco più di zero.
Telaio e Ciclistica
La Low Rider S - rispetto alla Low Rider standard - vede l'inclinazione del cannotto di sterzo passare da 30 a 28 gradi alla ricerca di maggiore maneggevolezza, per un'avancorsa 1450 mm e un interasse di 1615 mm; il telaio, a differenza della precedente Dyna Low Rider S, è quello delle Softail, scelto per la maggiore rigidità: quindi scompaiono i due ammortizzatori laterali, sostituiti dal singolo mono nascosto sotto la sella e il motore, come già anticipato, viene fissato rigidamente.
Altre importanti differenze che ne arricchiscono il lato dinamico rispetto alla sorella standard sono il doppio disco anteriore da 300 mm (in luogo del singolo, ma resta l'ABS di serie) e la forcella Showa a steli rovesciati da 43mm che è accoppiata con il mono posteriore della stessa casa giapponese; il peso totale arriva a 295 chili a secco mentre l'angolo di inclinazione statico e senza carico è di 33,1 gradi. Numeri che, uniti a quelli di potenza e coppia, presi in valore assoluto non dipingono la moto più performante e dinamica della produzione mondiale, ma il bello di queste proposte è proprio quello di ottenere un piacere di guida a 360° seguendo strade che a prima vista potrebbero invece sembrare un limite.
Come va
Il comportamento dinamico della Low Rider S è riassumibile in una sola parola: amichevole. Non perché manchi della necessaria aggressività o personalità dinamica senza la quale moto così non dovrebbero nemmeno essere pensate, ma perché nonostante le prestazioni di tutto rispetto del motore le quote ciclistiche e le sospensioni fanno di tutto per garantire un piacere di guida elevato e alla portata di chiunque.
In città puoi trattarla come un scooter, o quasi: non scalcia, volta in un fazzoletto e scalda poco, non affatica la mano sinistra e anche la retro a trazione... umana non è un problema. Se è adatta al pubblico femminile? Secondo noi, sì: l'altezza della sella e il connubio tra regolarità del propulsore e bracci di leva favorevoli, rende accessibile veramente a tutti la Low Rider S e ne amplifica la manegevolezza in mani esperte. Ma è nel misto che la bicilindrica da il suo massimo certamente aiutata dalla aumentata solidità complessiva, grazie al motore montato rigidamente, e dalla chiusura del cannotto di sterzo di 2 gradi rispetto alla Low Rider Standard (e di ben 4 gradi rispetto alla vecchia Dyna Low Rider S): la discesa in curva è omogenea a qualsiasi andatura, priva della spiacevole percezione che il retrotreno non segua le indicazioni della ruota anteriore; l'appoggio in curva è sicuro sia a gas chiuso che a gas costante e una volta alla corda il Milwakee-Eight vi spara fuori sfrontatamente e senza bisogno di tirare i rapporti, mentre l'avantreno non tende ad allargare: rimane lì dove l'avete puntato e pronto per la prossima cruva.
In frenata l'efficace doppio disco anteriore è ben sostenuto dalla forcella upside-down, potenza il giusto e modulabilità da vendere, tuttavia il disco posteriore potrebbe mordere di più: se chiamato in causa o rallenta poco o, se stressato, sollecita l'intervento dell'ABS.
In tutto questo gli pneumatici Michelin Scorcher 31 fanno il loro dovere: rapidi in temperatura e garanti del grip necessario quando serve, tra l'altro poco sollecitati sulle spalle dai 31,1 gradi (statici) di inclinazione concessi dalle pedane che strisciano sull'asfalto quando ancora la sana ciclistica avrebbe molto da raccontare.
Piccolo siparietto: durante il test una moto dell'organizzazione ci affianca e ci chiede se è tutto ok, indicando le pedane sempre più affilate... in effetti in qualche curva ci eravamo presi delle libertà, invogliati dalla comunicativa della Low Rider S. Da quel momento in poi la nostra guida sui saliscendi delle colline californiane diventa un po' più fisica per inclinare meno la Low Rider S in curva e quasi incredibilmente scopriamo una power cruiser che digerisce senza lamentarsi spostamenti sulla sella e pose quasi da sportiva. Do not try this at home, ma solo perché il rischio di sentirsi ridicolmente fuori luogo è dietro l'angolo.
Il piccolo cupolino può poco contro il vento a 75 miglia orarie (120 km/h), immaginiamo che oltre i 135 si possano desiderare i muscoli del collo del compianto Lou Ferrigno (anche qui le sirene del catalogo Harley vi attendono ammalianti...) ma la Low Rider S l'autostrada vorrebbe vederla solo sulle mappe e se proprio costretta offre rigore direzionale, stabilità – ma attenti ai solchi longitudinali dell'asfalto – e comfort.
Le sospensioni ci sono piaciute: filtrano bene le sconnessioni mantenendo il controllo nell'uso allegro e i contraccolpi sulla schiena in presenza di avvallamenti pronunciati sono dovuti solamente alla posizione di guida un po' infossata. Ma è il prezzo da pagare per il “club style”. A proposito di prezzo: parte da 20.300 euro ed è pronto a lievitare se ci si fa prendere la mano dagli accessori, ma la tentazione di arricchire e personalizzare la Low Rider S può essere molto forte e trovare un limite solo nella disponibilità del conto corrente o – in alcuni casi -della pazienza del coniuge, e ci viene in mente che sia magari proprio questa la ragione della sella monoposto.
C'è da aggiungere che così com'è la Low Rider S è una moto completa e divertente, rifinita benissimo, dotata di un motore pieno e appagante su una ciclistica sana, dalle reazioni prevedibili e dal limite decisamente più ampio di quello delle Softail più tradizionali, avvicinando globalmente la Low Rider S a proposte più europee nella dinamica e nel feeling di guida, forse pure nelle sensazioni: certamente il concetto e la strategia More Roads to Harley-Davidson che punta a portare nuovi appassionati - oltre i core customers – dentro la famiglia Harley avrà avuto il suo rilievo nella progettazione.
Se nei listini di altre Case troviamo proposte più o meno sovrapponibili a quotazioni inferiori, in questo caso forse più che in altri il peso del marchio, la raffinatezza e lo stile possono giustificare gli oltre 20.000 euro necessari per parcheggiare nel proprio garage un vero e proprio pezzo d'America: tutto ha un prezzo, ma se trascuriamo per un attimo il denaro restiamo dell'idea che nel caso della Low Rider S il sogno ribelle della West Coast non è mai stato così facile.
Abbiamo utilizzato
Giacca Alpinestars Crazy Eight
Guanti Alpinestars Crazy Eight
Pantaloni Alpinestars Copper Out denim
Stivali Alpinestars Oscar Firm Drystar
Maggiori Informazioni
Moto: Harley-Davidson Low Rider S
Luogo: San Diego, California
Foto: Alessio Barbanti
Per il resto che dire di questa "NON" moto: non piega (e per una moto è il difetto più grave), non frena, sospensioni e posizione di guida da fachiri (scoliosi assicurata), maneggevolezza da camion, mah...
Voglio vedere se mi censurate...