Triumph Scrambler
Very britishEnduro stradale sì, ma alla vecchia maniera
Se la vedesse oggi Steve McQueen, gli verrebbe il classico coccolone. La leggenda di Hollywood corse addirittura una Sei Giorni (quella di Erfurt nel 1964) con l’antesignana della Scrambler, la TR6 Trophy. E con lei, benché camuffata da Zundapp per esigenze di copione, girò le più belle scene de La Grande Fuga. Immagini da cineteca, che hanno contribuito a fare conoscere il marchio inglese in tutto il mondo.
Nel 2002 quel genio italiano di Carlo Talamo presentò la “sua” prima Scrambler Retro: una Bonneville dotata di gommoni tassellati, parafanghi segati e collettore alto. Bella e seducente, anche più della classica ed elegante Bonneville da cui derivava.
Nel 2006 la Triumph fece tesoro del prototipo realizzato dall’importatore italiano e mise in listino la prima Scrambler. Una moto dalla linea classica, che più classica non si può.
Ma forte di una dote che non può mancare a una due ruote commercializzata nel terzo millennio. Le prestazioni, offerte dal motore bicilindrico parallelo, sono più che dignitose, la frenata a tutto disco è sempre sicura e la guida regala momenti di puro divertimento sia che si gironzoli per il centro, sia che si tenti la grande fuga… dalla città.
A motore spento sono davvero numerosi i dettagli che rapiscono la nostra attenzione, e che vanno di pari passo con un livello di finiture assolutamente degno di nota.
A partire dal doppio silenziatore sovrapposto, che corre alto sul lato destro della moto (sull’esemplare in prova è presente lo scarico Arrow, un optional del catalogo Triumph, non omologato per l'uso stradale, disponibile a 1.078 euro). Per finire con il piccolo faro, protetto dalla griglia in metallo, e con le protezioni in gomma morbida, presenti sul classico serbatoio.
Nel 2008 l’alimentazione a carburatori Keihin da 36 mm cede il posto alla moderna iniezione elettronica digitale Multipoint (bellissimi i corpi farfallati, che imitano le fattezze del carburatore doppio corpo).
Ed è proprio con questo motore che andiamo a conoscere la nostra Scrambler.
Questione di manovellismo
Il cuore della Scrambler, esternamente, ricalca in tutto e per tutto quella della stradale Bonneville. Il bicilindrico parallelo, frontemarcia, ha una cubatura di 865 cc e il raffreddamento ad aria; il doppio albero a camme in testa comanda 4 valvole per cilindro attraverso una catena disposta centralmente. Sottopelle la classica endurona cela una differenza sostanziale: il manovellismo è infatti a 270°, diverso quindi dai 360 ° che regolano la fasatura del propulsore della Bonneville.
In questo modo si perde qualche cavallo (sono 59 a 6.800 giri/min, contro il 67 a 7.500 della Bonneville), ma l’erogazione acquista grinta e carattere ai regimi più bassi. La coppia massima raggiunge i 69 Newton metri a 4.500 giri/min, ma già a 2.500 giri il 90% di questa è disponibile per effettuare riprese immediate. Merito anche del cambio a 5 rapporti, dalla rapportatura ravvicinata che invita a giocare con la leva come se si fosse in sella a una enduro da gara… accompagnati però dal bellissimo sound del bicilindrico inglese!
Costruita per durare nel tempo
Leghe ultra leggere e fibre composite sono bandite su moto come la Scrambler che, a dispetto di misure generali abbastanza smilze, fa segnare sulla bilancia un granitico valore di 230 kg in ordine di marcia (compresi quindi i 16 litri di capienza del serbatoio). L’acciaio è stato scelto per il telaio a doppia culla, dotato della parte inferiore scomponibile. La forcella Kayaba ha steli da 41 mm, non è regolabile, ma presenta un’ottima taratura di base (improntata al rigido) e ha gli utili soffietti in gomma, che proteggono i paraoli dalla polvere e dal fango. L’escursione è di 120 mm, che scendono a 107 sugli ammortizzatori Kayaba presenti al retrotreno e regolabili nel solo precarico attraverso la chiave in dotazione.
Dal Giappone arrivano anche le pinze a 2 pistoncini della Nissin, che mordono il grande disco anteriore da 310 mm di diametro e quello posteriore da 255 mm.
I bellissimi cerchi a raggi calzano pneumatici moderatamente tassellati (Bridgestone Trail Wing) nelle misure 100/90-19 e 130/80-17, rispettivamente davanti e dietro. Un tocco irrinunciabile di eleganza, che però ci obbliga in questo caso a utilizzare le camere d’aria, non sempre “amichevoli” in caso di foratura.
La prova. Il vero lusso? Non avere fretta
Siamo sempre di corsa. In autostrada, come in città. Indaffarati nell’illusorio tentativo di incastrare mille impegni diversi nel poco tempo libero a disposizione. Alt, fermiamoci un momento e prendiamoci tutto lo spazio che occorre per conoscere le qualità di una moto costruita come si faceva una volta. Senza l’assillo del tempo sul giro o del mezzo chilo in meno sulla bilancia.
Che spettacolo salire in sella a una moto come la Scrambler: fatti pochi metri, ti riconcilia con il mondo. Già al minimo, il suo borbottio scoppiettante ti invoglia a partire, senza fretta. Non importa se per raggiungere le gole del Verdon, o per fare il giro dell’isolato dietro casa.
Accendi e vai, la meta è un accessorio. Ma facciamo un passo indietro e vediamo come si sta in sella all’inglesina che strizza l’occhio allo sterrato. Il sellone piatto è comodo come una poltrona Frau; posto a soli 820 mm dal suolo, farà la felicità anche di mogli e fidanzate (o mariti e fidanzati, evviva la parità tra i sessi), che possono saltare in sella senza compiere strani contorsionismi.
Il largo manubrio regala un controllo totale del mezzo, utile a svicolare come saette nel traffico e a nascondere abilmente i chili della Scrambler. Appena dietro il traversino compare la scarna strumentazione, che conta sul solo tachimetro/contachilometri. C’è la spia della riserva e poco più; in particolare stona l’assenza del contagiri (optional a 160 euro). La progressione del bicilindrico è infatti così gustosa e piena che è un vero peccato non poterla “leggere” sullo strumento analogico.
Un altro appunto va alla dotazione di chiavi della Scrambler, degna di un ferramenta. Alle 3 serrature (accensione, bloccasterzo e tappo del serbatoio) corrispondono 3 chiavi diverse; d’accordo con il richiamare i fasti del passato, ma non saranno un po’ troppe?
In città la moto guizza tra le auto in coda come uno scooterino. Le gomme tassellate offrono un grip notevole e regalano ampi angoli di piega (perlomeno sull’asfalto asciutto). Il bicilindrico sale di giri con una regolarità esemplare, scevro dal benché minimo strappo anche ai bassi regimi. È possibile inserire la terza o la quarta, e dimenticarsi del cambio anche in mezzo al traffico. Ai medi manca la classica botta di certi rivali (Ducati GT 1000 ad esempio), ma la Scrambler si rifà con una dolcezza incredibile. Sui percorsi tortuosi pennella le curve senza sbavature. Esce sorniona dai tornanti e il motore prende giri su giri, portando velocemente alla svolta successiva.
La nostra Triumph non è fatta per le staccate secche e per la guida nervosa di certe naked attuali, ma all’occorrenza l’impianto Nissin mette in mostra ottime doti. C’è la potenza che serve e, soprattutto, una modulabilità da riferimento, che consente di calibrare con precisione la frenata anche sul bagnato.
Luci e ombre rischiarano invece il reparto sospensioni. Da un lato abbiamo una forcella che, per quanto rigida, lavora bene (nel limite dei soli 120 mm di escursione). Dall’altro ci sono loro, i rigidissimi ammortizzatori cromati. Finché si tratta di copiare le ondulazioni della strada, non ci sono problemi; ma quando la moto incontra le asperità secche, preparatevi a saltare. La Scrambler sobbalza sull’asfalto e restituisce dei bei colpi alla schiena del pilota. Meglio anticipare le sue mosse e stringere le gambe in vista di buche e tombini. D’altra parte Steve non la guidava così?
Passiamo ai numeri della Scrambler. La velocità massima supera i 180 km/h indicati dal tachimetro e sorprende la rapidità con cui la all terrain inglese tocca quota 160. Ma non fateci troppo caso, non sono queste le andature consone a una moto fatta a misura di gentleman rider. Fa piacere invece scoprire che l’iniezione elettronica ha portato interessanti benefici ai consumi, che nell’extraurbano sono passati dai 16 km/l della versione a carburatori ai quasi 20 dell'attuale.
Abbiamo lasciato volutamente per ultimi i collettori di scarico, che passano alti, giusto a pochi millimetri dal polpaccio destro. Il calore si sente e può essere fastidioso nella bella stagione quando ci si ferma al semaforo; ma è sufficiente muoversi per non avvertire fastidi e bruciature.
La Triumph Scrambler 900 è una moto fashion e, come tale, si fa guardare e… pagare. Costa infatti 9.200 euro ed è disponibile nel verde militare della nostra prova e in versione total black.
Entrambe sono personalizzabili con la lunga serie di accessori della Casa inglese (piastra paramotore, griglia metallica sul faro, contagiri, tabelle porta numero, borse laterali, teste colorate, cupolino trasparente o verniciato).
- Semplicemente bella! | Facilità di guida disarmante | Carattere del motore | Frenata
- Bloccasterzo separato dal blocchetto di accensione | 3 chiavi per 3 serrature | Rigidità degli ammortizzatori sulle asperità secche
alla faccia dell'aperitivo...
Bella, ma...
Da anni guido enduro con le quali ho pure gareggiato, ora ho una Honda crf e la tradisco con un'altra Honda da trial; si capisce facile che detesto i chili di troppo...