Yamaha YZF-R6
Diapason tagliente
Sembra un cristallo Swarovski la Yamaha YZF-R6, un piccolo gioiello dalle superfici sfaccettate e dalla bellezza luminosa. Sembra scolpita con una Katana, la spada dei Samurai, tagliente nei tratti ed affilata nella forma. Sono trascorsi poco meno di due anni dalla sua presentazione e la piccola, almeno nelle dimensioni, supersport di Iwata è ancora integra e attuale, dentro e fuori.
Fuori, perché il design è ancora modernissimo (e dopo due anni ci mancherebbe anche che risultasse vecchio!) sotto, nel comparto motore e ciclistica, le uniche due modifiche per l'anno in corso sono state relative ad una nuova mappatura per la centralina ECU ed una parziale modifica dei condotti di scarico per migliorare la risposta e la progressione ai medi regimi.
Ben fatta
La Casa dei tre diapason ci ha abituati a standard qualitativi decisamente al top, e la R6 non viene meno a questa tradizione. Molta plastica, ma di qualità elevata e ben rifinita, verniciature e assemblaggi precisi e ben eseguiti chiudono il cerchio su un prodotto decisamente ben fatto.
Il quattro cilindri da 599 cc è sempre attuale e le sue prestazioni sono molto elevate. La dotazione tecnica è di gran pregio, grazie al sistema di controllo del gas ride by wire YCC-I e al controllo dei cornetti di aspirazione ad altezza variabile YCC-T. La potenza erogata è di 124 CV (91 KW) a 14.500 giri /min, mentre la coppia massima raggiunta a 10.500 giri/min è di 65 Nm.
Il telaio è un classico Yamaha, Deltabox in alluminio pressofuso, con il telaietto reggisella in magnesio, al quale sono ancorati una forcella a steli rovesciati da 41 mm, ed un monoammortizzatore entrambi totalmente regolabili. Uno spessore posizionato sull'attacco del mono permette di variare l'altezza del posteriore della moto.
Ben frenata
Come ogni sportiva di pregio, anche la R6 è dotata di un impianto frenante di alto livello, che prevede una coppia di dischi da 310 mm con pinze a quattro pistoncini ad attacco radiale, mentre dietro viene montato un disco da 220 mm con pinza a doppio pistoncino.In sella alla supersport di Iwata ci si trova bene e ben inseriti, sempre che l'obbiettivo sia quello di scorrazzare tra i cordoli. Postura raccolta, busto in avanti a caricare gli avambracci e pedane alte per spingere bene, la dicono tutta sulla destinazione pistaiola della R6.
E per l'utilizzo quotidiano? Beh, il motore si adatta, le dimensioni contenute e il peso limitato (189 kg dichiarati in ordine di marcia) vengono incontro, ma un minimo o forse qualche cosa di più, ci si deve pur adattare.
E se il pilota deve scendere a compromessi, il passeggero deve sacrificarsi nel vero senso della parola, lo strapuntino posteriore è poco più che un francobollo, mentre le pedane sono talmente alte che l'eventuale “secondo” le può afferrare con le mani. In compenso la protezione aerodinamica è da naked, vista l'esigua superficie del cupolino che permette di poter viaggiare solo a basse e medie velocità in situazione di comfort sufficiente.
Casa-ufficio? Meglio al bar o in pista
Le capacità stradali della R6, come dicevamo, sono solo sufficienti. L'utilizzo quotidiano è consentito da un motore che gira rotondo e non strappa mai, assecondato da un cambio perfetto per rapidità e precisione, oltre che da una frizione robusta e modulabile. Ma la propensione del quattro cilindri a girare e soprattutto a spingere in alto, limita le scariche di adrenalina alle porte chiuse degli autodromi. Ecco allora che portando la supersport giapponese tra le curve dell'Autodromo di Franciacorta, le cose si sistemano e tutto gira per il verso giusto.
L'assetto che su strada appariva un po’ troppo rigido, in pista, anche mantenendo il set up standard si comporta alquanto bene. Certo le dimensioni contenute del passo e la distribuzione dei pesi portano il posteriore a scaricarsi con facilità nelle frenate, ma un paio di giri di precarico aiutano a migliorare la situazione. Se questo non bastasse ci pensa la frizione antisaltellamento a permettere il controllo della moto fin dentro la curva. Agilità e rapidità nei cambi di direzione sono le sue armi segrete, con la ruota anteriore che sembra percorrere un binario disegnato nella testa del pilota. Meno affabile di alcune concorrenti, tremendamente efficace se guidata da mani esperte, è un brutto cliente anche per moto di cubatura maggiore.
Il motore che solitamente su strada si trova a girare tra i 4.000 e gli 8.000 giri, con discreto brio ma nulla più, in pista frulla alto e spinge fortissimo tra i 10.000 e i 14.000 giri. Esaltante il rumore di aspirazione che accompagna la spinta del propulsore agli alti regimi.
Il cambio che nell'utilizzo stradale si era distinto in positivo, tra i cordoli merita un dieci e lode. Rapido e preciso, non batte ciglio anche se ci “si scorda” di utilizzare la frizione inserendo in sequenza i rapporti, e soprattutto ingrana la marcia anche se non si pela il gas durante le cambiate e lo si lascia parzialmente aperto.
I freni si distinguono per potenza e modulabilità, nella categoria è difficile trovarne di altrettanto performanti, e altrettanto resistenti alla fatica.
Tirando le somme con la YZF-R6 ci si diverte parecchio in pista, richiede maggior dimestichezza rispetto alle concorrenti che costano anche qualche cosa meno degli 11.890 euro del listino Yamaha, ma elargisce emozioni a non finire e scariche di adrenalina in quantità.
- Guida in pista esaltante | Qualità generale | Prestazioni
- Utilizzo su strada
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