Earl Hayden: addio a una gran brava persona
Malato da tempo, è moto ieri nella sua casa di Owensboro, nel Kentucky, Earl Hayden, papà di Nicky e capostipite di una delle famiglie statunitensi più famose nel motorsport. Aveva 74 anni e già nel 2019, quando ad Austin il figlio Nicky era stato nominato tra le leggende della MotoGP nella “Hall of Fame”, mostrava evidenti i segni della malattia. Iniziata, forse, con la morte a Misano del figlio campione del mondo (2006) per le conseguenze di un incidente in bicicletta nel 2017. Fare il papà di un pilota - e più in generale di uno sportivo - è difficilissimo, ma Earl lo sapeva fare nel modo migliore. Negli Stati Uniti veniva considerato come uno dei più bravi scopritori di talenti, capace di individuare immediatamente le qualità di un futuro campione. Un’esperienza maturata nei tanti fine settimana passati sulle piste da dirt track con i tre figli Tommy, Nicky e Roger, tutti piloti, così come la quartogenita Kathleen, per quella che lo stesso Earl ha definito nel suo libro “The first family of Racing”, la prima famiglia da corsa. Un libro che papà Hayden aveva scritto per raccontare la storia di Nicky, supportato da Earl in ogni momento della sua carriera.
In disparte, ma sempre presente
Quando Hayden è arrivato nel motomondiale nel 2003, dopo aver trionfato nel 2002 nel campionato AMA, più giovane vincitore della storia del campionato per derivate di serie americano, Earl ha affidato ad altri l’attività, una rivendita di auto usate chiamata simpaticamente “Second chance”, seconda possibilità, per seguire da vicino il figlio. La sua presenza nel box è sempre stata molto discreta, Earl non si è mai intromesso pubblicamente nelle questioni sportive, non ha mai avuto una reazione fuori posto, nemmeno quando nel 2006 il figlio, in lotta per il titolo, poi conquistato a Valencia, venne incredibilmente travolto all’Estoril dal compagno di squadra Dani Pedrosa. Ma era sempre lì, attento, pronto a sostenere il figlio, con grande discrezione. E tutti gli volevano bene: da appassionato, Earl seguiva tutti i piloti, non solo Nicky e alla maggior parte chiedeva sempre “Come va”, li confortava nei momenti complicati quando li incontrava nel paddock. “Ti stava sempre ad ascoltare” ha ricordato Cal Crutchlow sui social. Era proprio così: ascoltava tutti, con grande attenzione, con il sorriso e con estrema gentilezza. Una gran brava persona.
Ancor piu' in questo caso,sapendo la tragedia che successe al figlio.
Spero che lassu' si ritrovino e stiano ancora assieme...
Hanno investito cure, tempo, impegno, soldi, in/su quegli amati figli questi padri, figli a cui han trasmesso la passionaccia per i motori, per la velocità.
Da loro avevano tratto quella gratificazione (non stupidamente solo economica) che a loro per primi magari era mancata in gioventù, non avendo avuto magari dai loro padri stesso supporto...
Eppoi un destino cinico e beffardo ti toglie un figlio... ti "costringe" a sopravvivergli e a chiederti se in fondo fosse giusto "trasmettergli" quella passione...
Non so darmi risposte! Non ho una risposta!
Ma di certo so che è anche grazie a gente come questo Earl Hayden che a noi amanti del motociclismo ci è dato gioire e godere le gesta dei loro amati e veloci figli.
E di questo non posso che essergliene grato.
Rip mr. Earl, adesso tornerai a parlare con chi ti è simile...