I campioni 2013 dell'Enduro. Puntata 3 di 4: Christophe Nambotin
Christophe Nambotin, nato ad Amberieu en Bugey, Francia, il 4 gennaio del 1984, è uno dei piloti più veloci e con maggior esperienza nella classe E3. Si è riconfermato campione del mondo anche quest'anno dopo che già aveva fatto suo il titolo iridato nel 2012. Dal 2008 al 2011 è stato campione enduro in Francia e, sempre con la squadra transalpina, ha vinto il Trofeo Nazioni alla Sei Giorni nel 2008, 2009, 2010 e 2012.
Intervista quasi formale con Christophe. L’anno scorso avevi promesso di vincere ancora il Mondiale, e ancora nella E3. Inutile dilungarci. Com’è andata? Qualcosa di particolare da segnalare?
«Da segnalare che vincere la seconda volta è diverso. La prima volta l’attendi da una vita, e non c’è alcuna sicurezza finché non arriva il momento magico. È un lungo stato di sospensione, quasi un sogno che si vive giorno per giorno finché non si realizza. La seconda volta è molto diversa. In qualche modo ritieni e ti convinci che sei il più forte, ma questa volta arriva la pressione. Vedi gli altri lavorare per lo stesso obiettivo, e all’inizio dell’anno non ero così ben preparato come l’anno precedente. Ho fatto delle cadute, ho avuto dei piccoli infortuni, e la stagione sembrava un po’ difficile perché non mi sentivo di guidare al 100%. Alla fine lo spessore intrinseco della contentezza è ugualmente enorme. Quest’anno mi sono reso conto che è difficile vincere, diventare campione del mondo, ma è ancora più difficile concatenare più titoli. Oggi sono a quota due, e l’obiettivo è quello di continuare e andare ancora più lontano».
Facciamo un piccolo grafico della stagione?
«Certo, con piacere. Si comincia con la grande trasferta sudamericana, un po’ difficile. Ero a corto di preparazione a causa degli infortuni, e mi sentivo sotto pressione per il fatto di avere il numero 1 e di non sentirmi nelle condizioni perfette per difenderlo. In Spagna e Portogallo ho ritrovato un po’ di fiducia, e ho potuto dimostrare di essere andato nella penisola iberica per vincere. Poi Romania e Grecia. Ho apprezzato particolarmente il Gran Premio di Romania a Buzau, con le caratteristiche che piacciono a me e un ottimo stato di forma, convincente anche per uno difficile da accontentare come me. E finalmente la Francia. Contento globalmente, contento di vincere il Titolo, anche se non ho potuto finire il Gran Premio per una caduta».
Tra gli avversari, qualcuno pericoloso, o che potrebbe diventarlo?
«Sì, penso che oggi Mathias Bellino abbia un futuro di Pilota molto buono. Joakim Ljunggren è molto forte fisicamente ed è molto regolare, ma gli manca forse un po’ di tecnica e di velocità. Anche Aigar leok è un buon Pilota, molto bravo tecnicamente, e nel suo caso forse gli manca un po’ di preparazione fisica. Ma da quello che vedo quest’anno, soprattutto nel finale della stagione, il futuro è Bellino».
L’atmosfera a casa tua. Ti sei abituato ad essere Campione del Mondo? È cambiato qualcosa o sei sempre lo stesso?
«Credo proprio che sono rimasto la stessa persona. Lavoro ancora e allo stesso modo per vincere, e provo un grande piacere ad andare in moto. No, non è cambiato nulla. Quello che potrebbe diventare difficile è, continuando a vincere, il momento in cui questo non dovesse accadere più con la stessa frequenza. Allora sarò sempre lo stesso, ma sarà forse più difficile».
È capitato a un “Signore”, che ha vinto per quindici anni e ha appena smesso, d’un tratto e definitivamente…
«In quel caso è diverso. Juha è un monumento, e gli ho chiesto varie volte come abbia fatto a rimanere per così tanto tempo a un livello così alto, cambiando di categoria, andando e tornando dagli USA, e a mantenere un così alto livello di professionalità. Penso appunto che sia un “Monsieur” della moto, e non sarà certo domani che ritroveremo un Pilota come lui».