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Mafalda Moroni, una vita da direttore di gara

- Mafalda Moroni, direttore di gara nazionale della FMI dal 1991, ci racconta la sua vita sui campi di gara dall'inizio degli anni Ottanta, impegnata a dirigere le competizioni e a gestire la passione dei piloti
Mafalda Moroni, una vita da direttore di gara

Una presenza femminile in un mondo di maschi. Non sono moltissime nell'enduro, e dei motori in generale, soprattutto nelle posizioni ufficiali. Mafalda Moroni è una di queste. 49 anni al 28 di aprile, è direttore di gara nazionale dal 1991, collabora con il moto club di cui faceva parte e per due volte è stata chiamata a seguire la Nazionale italiana alla Sei Giorni, in Messico e in Finlandia. Bazzica in questo mondo delle due ruote dall'inizio degli anni Ottanta.
 

Com'è nata la tua passione per il mondo del motociclismo?
«E' nata da uno zio, che aveva un albergo e un ristorante a Gallarate all'interno del quale c'era la sede del moto club Agusta – cross – e lo zio ci regalava i biglietti per andare a vedere le gare di cross. Al Ciglione, sul circuito di Malpensa, uno di quelli storici per questa disciplina. Sì, direi che possiamo far partire da qui la mia passione»
 

Quanti anni avevi? Cosa ricordi di quelle gare?
«Ero piccola, una bambina e ricordo che una volta il viaggio da Busto Arsizio a Malpensa – che saranno penso 10 chilometri – erano una vera avventura. Con il frigo portatile, in macchina con mamma, papà e fratello....»


Appassionati anche loro?

Ci pensa su un po', poi risponde «Per la verità non moltissimo, papà era operaio e non si appassionava troppo a queste cose, però era un modo diverso per passare una domenica, tutti insieme, e per questo ci piaceva. E poi il rumore, il fango, questi ragazzi in moto che correvano... a me piacevano ed è da lì che ho cominciato ad innamorarmi di questo sport»
 

Sei sicura? Tutto qui?
«Bè no, in effetti poi c'è stato un fidanzato che correva in moto, prima cross e poi enduro...»


Scusami, il fidanzato è stato scelto perchè correva in moto o al contrario hai scoperto poi che correva in moto?

Sorride, «No,no è stato casuale, eravamo colleghi di lavoro – e continua a ridere – e comunque è stato il massimo scoprire che aveva anche la passione per la moto. Io a quel tempo avevo una Vespa 150 perchè mia mamma non voleva che avessi una moto e incontrare e fidanzarmi con uno che ce l'aveva fu davvero il massimo. Poi sempre con lui ho cominciato a seguire anche le gare di enduro»


Ecco scoccare la scintilla allora?

«Sì perchè fu allora che feci il corso di segretaria di gara, poteva essere l'88...»


Quante donne c'erano allora nel settore?

«Segretarie ce n'erano almeno 4 o 5 sui 20 che facevano il corso a Polcanto. Erano i direttori invece che mancavano, nel senso di donne, e io pensavo allora che erano dei fuori di testa viste le responsabilità – civili e penali - che si assumevano durante le gare. Ma dopo tre anni l'ho fatto anch'io...il corso da direttore di gara ed eravamo solo due donne: io e una ragazza siciliana» e ride di cuore


E' stato difficile inserirsi in un mondo, non solo quello motociclistico, ma quello del comando, della direzione gare, in un panorama completamente maschile?

«Non è sempre facile, ma forse la divisa un po' aiuta. E poi molti dei piloti, dei ragazzi, li conosco non come direttore ma come “cronometro” e questo mi aiuta. Più che altro sono addetta allo sbucciamento delle mele al CO, alle coccole diciamo – e ride – ma quando sono in una veste ufficiale faccio il mio lavoro. Non vado contro le regole, mai. Li ascolto, se posso li aiuto, ma questo non vuol dire che io non rispetti le regole, o i miei principi. Quando possibile i ragazzi vanno fatti correre, almeno io la penso così»


Ti ricordi la tua prima gara da direttore di gara?

«Sinceramente no – ci pensa su un po'...- penso, forse, quella di Abbiate Guazzone, perchè in effetti, il corso da direttore di gara l'avevo fatto proprio per il mio moto club. Una volta ogni moto club doveva avere il suo direttore di gara e per questo credo che sia stata la mia prima esperienza. Certo ero un po' emozionata, però avendo comunque sempre lavorato in questo campo – personalmente - è stato abbastanza semplice. Seguivo l'enduro già da più di 15 anni. Le regole le conoscevo e non è stato difficile....Due anni fa invece, ho seguito il corso di direttore di gara di cross, ho passato il test di ammissione ma poi il corso l'hanno fatto a Roma e non ci sono andata per problemi di lavoro. Ma per quel poco mi era sembrato incredibilmente complicato...Più complesso come disciplina, come regole»


Ma il tuo lavoro vero, di tutti i giorni qual'è?

«Faccio l'impiegato in un'azienda di calzature, anzi, per la verità non essendo una società grandissima facciamo un po' di tutto, seguiamo la contabilità, le vendite – sono segretaria d'azienda - a Gazzada, circa 25 km da casa, che sta a Busto»


Quindi dal lunedì al venerdì al lavoro e sabato e domenica sulle gare, è questa la tua vita?

«Abbastanza, sì...l'anno scorso ho seguito sia i campionati Major che Under, la Sei Giorni e qualche gara di regionale, per cui, direi di sì...»


Ma le vacanze le conosci? Sai cosa sono?

Alza gli occhi al cielo, e ci pensa ridacchiando, ammettendo che al mare preferisce la montagna «Si so cosa sono e in effetti lo scorso anno ho saltato le vacanze però mi ero fermata qualche giorno in più in Finlandia, dopo la Sei Giorni. Devo dire purtroppo... perchè alla fine non è stata un'esperienza positiva- risultato dell'Italia a parte – non mi sono trovata bene in quel Paese, penso siano molto diversi da noi...»


Prima hai detto che fai il “cronometro” sulle gare in cui non sei impegnata nella direzione gara, che vuol dire?

«Do' una mano e faccio entrare i piloti al controllo orario, nel controllo esterno e poi mi occupo un po' del buffet che c'è al controllo, l'acqua, le mele, se fa freddo il thermos con l'acqua calda....Sono un po' la zia della situazione, mi piace accudire i ragazzi, piloti, meccanici...Si diventa una famiglia sulle gare»


Tu non hai figli?

«Non ho figli e non sono sposata».


E quindi questi sono tutti tuoi figli adottivi?

«Facciamo nipoti – e scoppia a ridere – figli no, sarebbe troppo oneroso mantenerli tutti !» e continuiamo a ridere.

Ora non fai più parte di un moto Club?
«Sono sempre stata dell'Abbiate Guazzone, da quando mi hanno tesserata – nell'82 - ma da quest'anno siamo tutti fuori, nel senso che i direttori di gara, e i commissari, non possono più far parte di un Moto Club e così ne sono uscita e siamo tutti riuniti in un altro albo»


Hai amici o amiche con cui non parli di moto?

“Assolutamente sì – e i suoi occhi sorridono ancora una volta – mi piacciono il teatro, i libri, la musica, ho amici esterni al gruppo delle moto. Amo leggere, cucinare, sono una donna normale»


Ma a parte la moto tu fai o hai fatto altri sport?

«Mhhh, sì qualcosa ho fatto...nuoto da piccola per la scoliosi, ginnastica artistica, ma ogni volta che hanno cercato di mettermi nell'agonistica ho smesso perchè non amo la competizione anche se ci vivo in mezzo. Ho fatto sei anni judo e sono cintura marrone di Judo e poi palestra...Ma negli ultimi anni niente, sono pigra. Cammino però molto con Bia, il mio cane, trovata su un campo da cross, e poi ho il gatto, i canarini, la mia mamma con cui vivo»


A proposito di mamma, ma lei che dice di questa figlia?

«Sa e dice che sono una figlia anomala, che non mi sono sposata non ho fatto figli, che amo le moto, che sono sempre in giro...»


E ovviamente tua mamma non è mai andata in moto?

«No, assolutamente no, che scherzi ! Anche perchè mio padre una volta la perse in Vespa...un'esperienza non piacevole per lei e quindi, da non ripetere...» e continuiamo a ridacchiare per un bel po'.
 

Elisabetta Caracciolo

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