Ryan Dungey: "Rispetto Cairoli, un talento immenso. Correre in MXGP? Perché no"
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Ryan Dungey nel 2015 entra nella storia del fantastico campionato Supercross AMA. Vince il suo secondo titolo nella massima categoria (la 450), bissando il successo ottenuto nel 2010 con la Suzuki. Nel 2015 Ryan incorona regina del Supercross americano un’azienda europea, la KTM con cui corre dal 2012. È stato un anno trionfale per la Casa di Mattighofen negli USA.
Ha dominato la 450 con Dungey (KTM SX-F 450), ma si è anche imposta nella 250 East Coast con Marvin Musquin (KTM SX-F 250) e ha rischiato l’en-plein nella 250 West Coast con Shane Mcelrath (KTM SX-F 250), che è comunque giunto secondo.
KTM si è confermata leader quasi incontrastata in pista, consacrando la qualità del prodotto, il talento dei piloti, ma anche la bravura del team manager Roger De Coster e di tutti i ragazzi del reparto racing americano (ve ne parleremo in dettaglio nei prossimi giorni).
Ryan Dungey ha vinto il campionato indoor – quello più seguito in America, ma molto popolare in tutto il mondo – a Houston, con ben tre gare di anticipo. Fuori Roczen (infortunatosi a una caviglia), Stewart (per doping) e Villopoto (che corre in MXGP contro Tony Cairoli), Ryan ha lottato con caparbietà e ha saputo rintuzzare gli assalti dei giovani piloti Tomac, Peick, Seely e Grant. Dungey ha dimostrato di essere un vero campione, amministrando il proprio vantaggio e curando gli avversari, pronto a dare la zampata vincente quando necessario.
Lo abbiamo incontrato durante la gara del New Jersey, quando era già campione. Lo abbiamo trovato disteso, sorridente e felice di scambiare due battute con la stampa europea. Ci ha parlato della sua stagione, ma anche della sfida tra Cairoli (di cui si è dichiarato amico) e Villopoto. Vale la pena ascoltarlo, perché Ryan è oggi un pilota maturo e il suo punto di vista non è mai banale.
L'intervista di Moto.it
Ryan, complimenti per la tua vittoria nel Supercross 450. Quest’anno sei sembrato in grande forma e assistito da una moto assolutamente perfetta, con un gran motore e una ciclistica davvero a punto. Su che cosa avete lavorato?
«La SX-F 450 si è rivelata la moto perfetta per vincere il Supercross. La moto in questi tre anni ha ricevuto un lavoro di sviluppo superbo grazie al reparto corse americano, che ha scambiato le informazioni e le migliorie con quello austriaco. In questo senso il contributo mio come quello di Antonio Cairoli sono stati molto importanti e hanno guidato lo sviluppo della nuova moto. È bello vedere come questi miglioramenti siano veramente confluiti sulla moto entrata in produzione quest’anno: la 450 ha un bilanciamento fantastico, è leggera e mi diverto un sacco a usarla».
La nuova moto
Hai provato a lungo la nuova moto prima di portarla in gara?
«Direi di no, abbiamo dato le indicazioni durante la stagione alla KTM. Poi abbiamo provato la nuova SX-F 450 solo per alcuni giorni, per affinare alcuni setting col team. Il lavoro poi prosegue durante le gare. Ma la base è davvero eccellente».
Parlaci delle differenze tra questo titolo e quello vinto nel 2010.
«Per vincere quest’anno abbiamo lottato davvero tanto, siamo scesi in pista in ogni gara per vincere. È stato un campionato difficile. In America la sfida del supercross è davvero tosta, ti confronti con piloti agguerriti, tutti vogliono arrivare davanti e si preparano al meglio per farlo. È il campionato di motocross più prestigioso qui negli US, e entrambe le vittorie sono importanti. Quella del 2010 ha un significato speciale perché è la prima, ma quella di quest’anno racchiude tutto l’impegno mio e del team per arrivare alla vittoria. La volevamo e abbiamo lottato in ogni gara per vincere».
La tua stagione è lunghissima: 17 gare Supercross e poi via, quasi senza sosta, con le 12 gare outdoor. Come ti prepari e come ti senti ora?
«Sì, abbiamo una stagione logorante, con 17 gare Supercross, 12 di National. Poi ci sono anche il Motocross delle Nazioni e la Monster Cup. Ci vogliono anni per adattarsi a questo stress, non solo fisico ma anche mentale. Devi prepararti al meglio, ma devi anche capire come dosare le tue energie. Altrimenti non ce la fai a finire la stagione da vincente. In America un pilota professionista ha una carriera faticosa e per questo anche breve, arrivi a 30 anni e spesso devi dire basta».
Il Motocross delle Nazioni
Hai parlato di Motocross delle Nazioni. È ancora importante per voi americani?
«Certo che lo è e ci teniamo moltissimo. Non ci interessa fare la passerella, ma vogliamo tenere alto il nome del nostro Paese e far bella figura. So che ogni anno, tra gli appassionati, si scatena il dibattito su quale sia il pilota più forte al mondo. Ma non lo si può giudicare da un evento che si apre e si chiude in un giorno, dove non c’è possibilità di rimediare a un errore. Comunque confermo che resta una gara a cui anche noi americani teniamo parecchio. Vogliamo andare per vincere, c’è un sacco di gente. Non mi piace però la sorta di giudizio finale che pende sui piloti: dopo un giorno ti eleggono campione o perdente. D’altra parte succede lo stesso anche nelle Olimpiadi, ti alleni per quattro anni, ma poi ti giudicano in pochi secondi».
Il rapporto paterno con Roger De Coster
Hai vinto entrambi i titoli Supercross con Roger De Coster. Avete un rapporto speciale, è una secondo papà per te?
«Hai ragione, ho un rapporto unico con lui. Lo conosco da quando ero un bambino, è alla base del mio successo sportivo. Mi ha aiutato tanto, è parte della mia vita. Mi aiuta in tutto, dalla moto alla preparazione mentale. Il primo titolo con la Suzuki è stato speciale, vincevo da rookie (esordiente, nda). Ma questo, con la KTM, è ancora più speciale perché rappresenta la vittoria anche di Roger, che ha scommesso sulla KTM e sul lavoro dei ragazzi austriaci. Roger è una persona fantastica e si merita fino in fondo questo successo».
Come l’hai conosciuto?
«Ero un pilota amatore di 15 anni e sono andato a parlare da Roger, spinto da mio papà. Gli ho chiesto di mettermi alla prova, di guardare come guidavo. E la mia vita è cambiata, in meglio ovviamente. È stato un incontro figo!».
La strategia di gara nel SX e il ruolo di Aldon Baker
Ryan, parliamo della tua strategia di gara. Mi ricordi il nostro Cairoli. Nei primi giri spesso te ne stai buono, lasci che gli altri si sfoghino. E al momento giusti sferri l’attacco che ti porta in testa. Sei molto lucido, attento alla strategia. Ma come fai gestire la pressione in gare così tirate?
«Non puoi controllare tutto. Ma certamente mi alleno tanto durante la settimana per partire primo. Se parti in testa, sei giù fuori dai guai. Fai le tue linee, eviti i contatti coi rivali. Ma se sei in testa al campionato, ci sono anche giorni in cui devi ragionare e capire quando è il caso di accontentarsi di un buon risultato e lasciare la vittoria a un altro. Comunque partire dietro è spesso pericoloso, ci sono troppi contatti. Si rischia la caduta».
Hai un trainer speciale, Aldon Baker. Ma fa davvero la differenza per voi piloti?
«Sì, Aldon è il migliore. Ti affidi a lui, gli dai la tua fiducia e non devi pensare più a nulla. Organizza lui la tua giornata e lo fa in modo perfetto. Credo nel suo programma e nel suo lavoro. Lui mi dice cosa devo fare, come mi devo allenare e io lo seguo al 100%. Ho la mente sgombra da ogni complicazione e penso solo ad ottenere il massimo risultato, sia in allenamento che in gara. Baker ha portato tanto equilibrio nella mia carriera, in pista ma anche fuori».
Quest’anno ci sono state tante novità nella tua vita. Moto nuova, ma anche nuova vita. Ti sei sposato!
«Sì, ci siamo sposati in novembre, ma abbiamo fatto solo 7 giorni di luna di miele. Ho una brava moglie, che capisce il mio lavoro e mi supporta. È la migliore, mi sta sempre vicino e sempre col sorriso».
Gli avversari: da Stewart a Roczen
Quest’anno sono usciti di scena Stewart, Roczen e Villopoto. Chi sarebbe stato l’avversario più duro da battere?
«Il più forte è Villopoto. Lo conosco bene, abbiamo corso insieme a lungo e ci siamo allenati sulle stesse piste. È solido, forte. Ma anche i giovani si sono rivelati fortissimi. Tanti di loro si sono dimostrati capaci di vincere una singola gara. Ma noi li abbiamo battuti, siamo stati più costanti e concreti».
Il commento su Villopoto e Cairoli
Cosa pensi della stagione europea di Villopoto?
«Ryan ormai era appagato dalle vittorie in America, aveva bisogno di nuovi stimoli e di cambiare dopo tanti anni da top rider nel Supercross. In Europa ha però trovato condizioni così diverse. Qui è tutto veloce, rapido. Da voi si inizia invece a correre già il sabato. È una sfida bella tosta, battere i piloti europei è molto difficile. Negli ultimi 5 anni sono cresciuti tantissimo. Sfortunatamente Villopoto è caduto ad Arco di Trento e ha perso terreno, la stagione è compromessa. Spero possa riprendersi al più presto. Rispetto Antonio Cairoli e gli altri della MXGP, hanno un talento immenso. Soprattutto gli 8 titoli di Cairoli testimoniano che è un vero, grande campione».
Nei prossimi anni cosa farai? Pensi anche tu alla MXGP?
«Ho firmato con KTM per correre in America con loro altri due anni, fino al 2017. Poi valuterò il da farsi, per ora resto concentrato sui prossimi obiettivi. Non escludo nulla».
Dungey in gara in Europa nella MXGP. Quando?
Se tra tre anni ti daranno l’opportunità di correre in MXGP in Europa, verrai da noi?
«Non te lo so dire. Direi che c'è il 50% di possibilità. L’Europa a livello di competitività è al top, non è seconda agli USA. Diversa è la semplicità rispetto a correre qui in America: cambia ovviamente la lingua, ma sono maggiori anche le distanze tra i vari GP e il clima è spesso rigido. Da quello che vedo dall’esperienza di Villopoto è anche più complicato allenarsi; in Florida o in California mi alleno ogni giorno in condizioni perfette».
Oltre al motocross, che moto usi? Ti piace l’enduro?
«Sì, ho girato qualche volta con la moto da enduro in passato. Ma preferisco ancora il motocross, mi piace saltare, whippare e lottare con il cronometro per abbassare i tempi sul giro. Il freeride (il nostro enduro. Nda) non mi dispiace, ma ora sono ancora un uomo da pista e da tempo. In futuro, quando non correrò più, avrò tempo anche per giocare un po’ con la moto lontano dalle piste».
Quante volte ti alleni in settimana?
«La mia scheda prevede la gara il sabato, domenica si torna a casa. Lunedì e martedì mi alleno con la moto da cross. Mercoledì e giovedì faccio bici e palestra. Venerdì è dedicato al viaggio per raggiungere la pista».
Vinci la domenica, vendi il lunedì. A giudicare dal mercato USA, ha funzionato alla grande.
«Direi di sì, ma non basta vincere. Devi avere anche una buona moto nei negozi; e le nostre SX-F sono semplicemente fantastiche già di serie. Tanti avevano dei dubbi all’inizio sulle moto KTM, ma oggi hanno cambiato idea e amano queste KTM, non comprerebbero nient’altro. Soltanto pochi anni fa io stesso pensavo che non avrei mai guidato una KTM (Ryan ride, nda). Poi ho accettato la sfida di Roger De Coster e oggi posso dire di avere fatto la scelta giusta. Amo la mia SX-F 450 e il supporto della KTM è incredibile. Lavorano con serietà e passione e oggi KTM è un marchio top anche negli USA. Sono forti dappertutto: road-racing, motocross, enduro, Moto3 e presto anche la MotoGP».
Grazie mille Ryan.
«Grazie a te, ci vediamo in Francia al Nazioni».
Dalle sue parole si denota che sia una persona seria e lucida...magari avere anche lui in MXGP!
In Francia al Nazioni lo vogliamo agguerrito! Per lui gli ultimi nazioni erano andati storti...
Ora stiamo a vedere se si conferma nel national...dove mi attendo un rientro folgorante di Roczen e la velocità immensa di Tomac :-)