Sam Sunderland, obiettivo Dakar
Sam Sunderland. “Sundersam” per gli amici, è nato a Poole, in Inghilterra, ma risiede a Dubai, e la sua “formazione” motociclistica risente della forte influenza dei Deserti degli Emirati, dove va in scena il Desert Challenge. A 22 anni Sunderland ha partecipato alla sua prima Dakar dopo aver vinto il Campionato nazionale per due anni consecutivi, l’anno successivo è stato “reclutato” dal Team HRC, ma poi un po’ snobbato, e finalmente, a 26 anni, è alla prima stagione completa con il team ufficiale KTM, alla fine della quale ha ottenuto la sua prima vittoria importante.
È il successo all'OiLibya Rally del Marocco, ma a dire il vero al termine di una stagione già eccellente, nel corso della quale aveva già ottenuto i podi del Desert Challenge di Abu Dhabi e dell’Atacama Rally. Alla prima stagione con la squadra ufficiale KTM, Sunderland ha vinto anche una tappa alla Dakar, ma non ha concluso la corsa. Alla vigilia della prossima edizione, è uno dei papabili per la successione al grande Marc Coma.
«Il Rally del Marocco è stato impegnativo» esordisce Sunderland. «Una corsa dura e difficile, con molta suspense. Fino alla fine. Quando siamo arrivati ad Agadir, l’altra sera, alla vigilia dell’ultima tappa, sinceramente mi sentivo un po’ nervoso. Non mi succede spesso, ma quella sera forse sentivo che stavo per giocarmi un giorno importante. Il giorno prima avevo vinto la tappa, e dunque nella speciale dell’ultimo giorno dovevo partire per primo e aprire la pista. Inoltre, dietro di me partiva Rodrigues, e dietro ancora Walkner e Quinanilla, che erano in lotta per il Titolo Mondiale e che, se io sbagliavo, potevano anche venire a prendermi e vincere il Rally. Insomma, non c’era proprio da stare tranquilli. Quando poi ci hanno dato il road book dell’ultimo giorno mi sono detto: “Ecco, mi si presenta come finale un altro grande giorno, anche per la navigazione!”».
Dunque un poco nervoso…
«Nervoso? Direi addirittura un poco stressato. Ma alla fine è stato un buon giorno. Il Team aveva lavorato molto e bene, la Moto andava benissimo, tutto era a posto. D’accordo, il Rally del Marocco è sempre difficile, i terreni sono duri e c’è molta navigazione. Per tutti questi motivi, a causa di un errore ho perso una bella parte del vantaggio che avevo alla vigilia. Era previsto, non dovevo attaccare ma difendermi, e del vantaggio è comunque rimasto quel mezzo minuto che mi ha permesso di vincere».
Tutto bene, perfetto?
«In un certo senso sì. Prima di tutto sono felice. È una vittoria importante. E poi ho vinto l’ultima Corsa prima della Dakar, e la tabella di marcia diventa molto buona per il lavoro che stiamo facendo».
“Motociclisticamente” sei nato a Dubai, e sei cresciuto sulle dune di quel deserto magnifico. È dunque nei tratti dune che hai fatto la differenza anche in Marocco?
«No, non direi. Alla fine penso che le dune abbiano rappresentato il 5-10 per cento del percorso del OiLibya Rally del Marocco, e tutto sommato, farsi dieci o anche venti chilometri di dune non è la fine del mondo. Direi piuttosto che ho “tenuto” sulle difficoltà tipiche di questo Rally. Le pietre, i terreni, la durezza per la meccanica e per… il fisico. Direi che ho fatto la differenza senza mai cercare di… farla veramente, mettendomi ogni giorno in discussione, correndo con regolarità e con un buon passo, e cercando soprattutto di non commettere errori gravi. Non è facile, non lo è mai in questa disciplina, e per questo sono ancora più felice».
Sei contento anche per il tuo giovane “collega”, Matthias Walkner, che è diventato Campione del Mondo?
«Sì, eccome! Siamo diventati molto amici, e in Marocco dividevamo la stessa camera d’albergo. L’ultima notte abbiamo fatto tardi a scambiarci i nostri “stress”. Non la smettevamo di parlare, parlare, e questo, e quello, e se questo… anche lui era in apprensione per il giorno in cui poteva diventare Campione del Mondo. Sfortunatamente l’altro nostro amico e compagno di Squadra, Pablo Quintanilla è caduto, e il lavoro di Matthias è diventato facile, ma direi che anche lui ha fatto un bel lavoro e non posso che essere felice per lui».
Felicità contagiosa?
«Io direi di sì, e non bisogna dimenticare la felicità per il Red Bull KTM Rally Factory Team. Tutti hanno fatto un grandissimo lavoro. Dovreste vedere quanto lavoro c’è, dietro le quinte, per arrivare preparati al meglio e affrontare un Rally di Campionato del Mondo o la Dakar. È incredibile! Il Pilota che arriva sul podio, che vince, è solo una piccola parte dell’enorme impegno che c’è dietro, ed è bello ripagare i ragazzi che lavorano per noi con un successo».
Adesso sei pronto per l’altra pagina importante, per la Dakar?
«Se penso al lavoro che abbiamo fatto per molti mesi prima, e al tempo che ci resta per rifinire la preparazione, e se penso soprattutto al risultato ottenuto in Marocco, che era l’ultima preziosa opportunità di effettuare anche un grande test con il “materiale” da gara, direi di sì, che siamo decisamente a buon punto. In Marocco abbiamo trovato dei terreni simili a quelli che troveremo alla Dakar, e molte difficoltà di navigazione che ci hanno permesso di verificare il nostro livello. Sì, direi di sì. Sta arrivando, sta arrivando presto, ma non vedo l’ora che la Dakar sia lì, davanti… al manubrio. Sì. Ora qualche giorno di vacanza, pochi, e poi via per l’ultima fase di lavoro prima della Dakar».