Saranno Famosi. Dalla terra di Meoni, Paolo Lucci. Panafrica, Africa Race e Dakar
Granducato di Toscana, Agosto 2019. Cito Jean Brucy e… me stesso perché la citazione la conoscete già (La Cena dei 100): “Ciao Piero. Ho un allievo italiano alla mia scuola di Rally. Si chiama Paolo Lucci. È impressionante. Naviga velocemente e bene, passa sulle dune molto forte. Ha solo 25 anni, penso che è un futuro Campione.”
Rispolvero anche la vostra memoria su Jean Brucy, semplicemente dicendovi che è stato uno dei grandi Campioni della Dakar e dei Raly-Raid, guida perfetta e grandissima, infinita generosità al servizio, come portatore d’acqua, di Campioni e di una bellissima carriera. Mai finita, e infatti Jean vive e lavora in Marocco, precisamente a Agadir dove ha fondato e dirige una scuola di Rally-Raid, RandoRaid Maroc. Guida, navigazione, strategia, logistica. La patente del Dakariano si prende da lui. E così ha fatto Paolo Lucci
Se Jean ti suggerisce qualcosa bisogna prenderlo sul serio e al volo, così abbiamo seguito la traccia fornitaci ed eccoci alle calcagna del primo dei nostri “Saranno Famosi”.
Paolo Lucci è figlio d’arte. Suo padre Andrea, per darvi un’idea, è stato l’ostacolo fino all’ultima Speciale del primo Italiano di Regolarità vinto da Gio’ Sala. Paolo Lucci è nato e vive e Castiglion Fiorentino, e sente l’aria del paese natale di Fabrizio Meoni, mito e amico di famiglia, non tanto come un obiettivo bensì come una responsabilità. La responsabilità di fare le cose bene, con onestà e impegno assoluto. È l’aria che si respira a Castiglione, fortemente influenzata dallo spessore dell’Uomo indimenticabile vincitore di due Dakar.
Ad accendere la miccia del “sistema” che porta di nuovo a Dakar, via Africa Eco Race, è Federico Milighetti, l’amico fraterno di Fabrizio che tutt’oggi vive mantenendo viva l’esperienza della passione per l’Africa, vissuta in varie forme nell’ispirazione del Campione. Così Paolo Lucci, Campione Toscano di Motocross e Enduro, Medaglia d’Argento alla Sei Giorni in Sardegna, l’esperienza al Mondiale di Enduro e 5° assoluto al Panafrica 2018, è diventato l’obiettivo di un piccolo gruppo di appassionati, di cui fanno parte, oltre al padre e Federico, anche Luca Fabianelli, Luca Aretini, il sottoscritto e alcuni altri, nei limiti del possibile.
Come nasce l’idea di correre i Grandi Rally?
“Ecco, appunto, all’inizio era solo un’idea. Dopo Motocross e Enduro, ho cominciato con i Motorally, e a settembre dello scorso anno sono andato a correre il Panafrica. Quando sono tornato l’idea è diventata quasi… nostalgia e sono “partito”. Ho deciso che avrei voluto correre la Dakar, idea poi ridimensionata con la decisione di correre la prossima Africa Eco Race. All’inizio era una passione lontana, un po’ mitica, dopo è diventata una scelta, il desiderio forte di correre.”
Che impressione fa la prima volta in Africa?
“Prima del Rally sono andato a fare un po’ di “ambientamento” e di scuola, da Jean Brucy. Poi la Gara. Appena entrato nel Deserto, la mia prima Tappa, ho sentito qualcosa che non si spiega bene con le parole. Un’emozione forte, travolgente, così forte che mi ci è voluto un po’ per “riprendermi”. Onestamente, tuttavia, non avevo ancora capito se era una cosa che mi piaceva davvero oppure no. Emozione forte, bella, ma anche molto rispetto, un po’ di paura. Ho realizzato d’un colpo che non mi ero mai trovato in una situazione paragonabile. Scenari, paesaggi, contesto agonistico e umano. Mi sentivo quasi spaesato e allo stesso tempo affascinato, avvinto. Sono tornato a casa, ho lasciato sedimentare, ho capito che era la cosa che volevo. Sono tornato, e quella sensazione di vago smarrimento era sparita del tutto.”
Il primo Panafrica.
“Il mio primo Rally africano. Bello. Andato bene. Ho scoperto la navigazione del grande mare del Deserto, ho sentito che stavo bene, che entravo in un nuovo Mondo con una certa facilità. Allo stesso tempo ne vedevo allargare i confini. Mi sono reso conto che è una faccenda molto complessa, seria, non priva di rischi, che richiede molta attenzione e un approccio progressivo e concentrato. Rispettoso. Allo stesso tempo cresceva la certezza che è un mondo bellissimo.”
Dakar subito?
“Quando “entri” in questo mondo la prima cosa che ti viene in mente è che vuoi correre la Dakar. Fascino, leggenda, fama. È quello che è successo anche a me. Subito dopo, però, ho cominciato a pensare che c’era troppa distanza tra la mia prima esperienza e l’obiettivo. Meglio usare subito la testa, pensare a un percorso di avvicinamento per gradi, formativo, una via per cominciare a mettere da parte esperienza e dare continuità all’impegno. Africa Eco Race. Ecco, ho pensato che la cosa migliore sia ripetere l’esperienza del Panafrica, giusto per prendere le misure con gli “stati d’animo” e prepararmi per l’Africa Eco Race. Poi, certo, l’obiettivo è e resta la Dakar. Ma non voglio avere la presunzione di andarci subito. Non sarebbe neanche giusto. Per correre i Grandi Rally ci vogliono molti soldi, per la Dakar più di tutti. Non deve essere un gratta e vinci, un capriccio, non deve essere un modo azzardato di investire il supporto degli sponsor, degli amici. L’Africa Eco Race ha il contesto, le difficoltà oggettive, l’ambiente agonistico, ma anche più spazio nel quale capire, imparare, crescere. Mi sembra più giusto, per me e per tutti quelli che mi stanno dando un grande aiuto.”
Quali sono, secondo te, le qualità che senti di avere per emergere in una disciplina così difficile, impegnativa? Quali le tue caratteristiche utili, adatte?
“Non direi che sia corretto iniziare a parlare di “qualità”. È troppo presto. Diciamo piuttosto che ho delle “intuizioni” che mi fanno sentire più o meno vicino a certi aspetti della disciplina. Mi sento bene nella guida, non avverto nessun tipo di reale difficoltà. Per contro “sento” la velocità pura. Non esiste nell’Enduro o nei Motorally, e mi rendo conto che gran parte del pericolo è nascosto lì dietro. Ecco un punto su cui lavorare con grande attenzione e ”cervello”. La navigazione. Mi piace. Mi è piaciuta subito. Prima nei Motorally e poi ancora di più nel Rally africano. Mi pare che mi venga con naturalezza anche nei grandi spazi. Ma anche in questo caso è presto per dire che “so” navigare. Credo che sia necessario essere “prudenti”. Mi aspetto che un giorno una nota del Road Book proverà a mandarmi in Sud Africa, e io devo essere pronto e “allenato” a non cadere nella trappola, anzi a capire che interpretandola nel modo giusto posso avvantaggiarmi rispetto agli avversari.”
C’è qualcosa che pensi ti farà impressione alla tua prima Africa Eco Race?
“Penso alle tappe molto lunghe, che non ho mai fatto, all’equilibrio del dispendio delle energie. E poi, sì, mi fa impressione il pensiero di quando… mi troverò da solo in testa alla Speciale e avrò il compito e la responsabilità di aprire la pista per tutti!”
Dal momento che hai deciso, Africa Eco Race poi Dakar, in che modo pensi che cambierà la tua vita?
“Penso che devo… cambiare lavoro! Scherzo, la Moto da Corsa, da Rally, è e resta, al momento, una grandissima passione. Ce l’ho nel sangue. Volevo dire, questo sì, che c’è molto da lavorare, in tutti i sensi più altri che neanche immaginavo, con il massimo impegno. Una sorta di abnegazione, che non si sente perché è una cosa che ti piace da matti! Intanto molto allenamento, quasi non bastasse mai. Poi credo che dovrei imparare ad essere più bravo anche in altri aspetti della vita di una Pilota. Imparare a curare meglio le relazioni, a reperire risorse, partner e sponsor, sapere come ricambiare l’impegno che mi regalano. Ho un carattere abbastanza riservato, cerco sempre di essere molto discreto, non ho alcuna vocazione, diciamo così, commerciale. Quindi non ho sviluppato alcuna attitudine alle pubbliche relazioni. Imparerò, non posso sottrarmi. Non mi spaventa allenarmi dall’alba al tramonto, correre per due settimane giorno e notte. Andare per uffici, riunioni, contratti, quello sì mi stanca molto, non sono preparato.”
E come siamo organizzati per affrontare il grande salto?
“Sono ormai alla seconda stagione con il Team Solarys. Loro mi mettono a disposizione la Moto e la logistica alle Gare. Questa è una parte importante, perché senza di loro probabilmente non avrei potuto affacciarmi a questo genere di Gare, o almeno non avrei potuto farlo fino a ora. Non è tutto, adesso parliamo di Gare importanti… e costose. Vediamo come riusciamo a far quadrare i bilanci e in che modo le collaborazioni riescono a dare i frutti sperati.”
Tu origini in una Terra importante. Dal punto di vista dei Grandi Rally importantissima. Castiglion Fiorentino. Fabrizio Meoni. Senti una responsabilità? Una sorta di eredità? Il dovere di un impegno con quel simbolo?
“Sinceramente, non sento la responsabilità in questo senso. La sento, sì, di fronte agli impegni che devo affrontare e soprattutto alla gente che mi sta dando e mi darà una mano. Fabrizio lo conosceva bene mio padre, e quindi non sento un legame con la figura del Pilota. Sento però fortissima la passione di un Paese, della mia Città, e con quella il supporto. Castiglion Fiorentino ha vissuto una Storia importante, bellissima e purtroppo anche tragica. È permeata di questa enorme passione che diventa un tremendo supporto morale, che poi diventa pratico, economico. La Città si sente coinvolta e io mi sento sospinto.”
A che punto siamo, dunque, sulla marcia di avvicinamento al grande debutto all’Africa Eco Race?
“Allora. Fisicamente sto bene. Ho recuperato dall’infortunio invernale e procedo con gli allenamenti. Prossimo obiettivo il Panafrica. Siamo in piena preparazione. Logisticamente dovremmo essere pronti con il supporto del Team Solarys, e dovrei avere quasi completato la copertura economica per il programma Panafrica e Africa Eco Race.”
Cosa pensi che sarà di estrema importanza, una volta partito?
“Sono certo che la cosa più importante sarà il rispetto di ogni giorno, di ogni minuto per quello che sto facendo. Rispetto vuol dire un obiettivo costante: finire ogni Tappa, finire il Rally, completare l’impegno. Rispetto e responsabilità anche per me e per la Moto, nessun danno fisico e alla meccanica. Alla fine, quando ogni cosa sarà stata trattata nel massimo rispetto, magari una capatina a vedere come siamo in classifica!”
Si capisce bene che attorno al programma e all’impresa di Paolo Lucci c’è tutto un Paese, meglio dire una Città. E delle persone in particolare. Vediamo cosa pensano dell’impresa e di Paolo.
Federico Milighetti. L’amico di Meoni, l’uomo che ha attraversato l’Africa, geograficamente, affettivamente, appassionatamente. L’uomo che è stato accanto a Fabrizio e che dovrebbe essere accanto a Paolo!
“Mi piacerebbe parecchio aiutare Paolo, lo conosco da quando era bambino, sono amico del Padre da molto tempo. All’inizio non gli avrei dato una lira, lo vedevo troppo chiuso. Invece mi sono ricreduto totalmente dopo la prima Gara. L’ho visto cambiato. Come se avesse scoperto quello che voleva. Poi l’ho aiutato ad andare da Jean Brucy e ho avuto la conferma anche da lui che Paolo può diventare un buon Pilota. Mi piacerebbe essere con Paolo all’Africa Race e credo che gli saremmo utili. Abbiamo organizzato la Cena dei 100, e il ricavato è l’iscrizione di Palo al Panafrica. Per l’Africa Eco l’impegno è molto oneroso. Io sono a disposizione, anche con la mia macchina. Il Team dovrà decidere. Abbiamo parlato, sembrano interessati…
Luca Fabianelli, imprenditore della Pasta Toscana e consigliere comunale di Castiglione, appassionato della prima ora. È entrato in questo Mondo con Federico, e non è più uscito. Ora è nella “cordata” che sospinge Paolo Lucci.
“Passione e ruolo mi “obbligano” a essere accanto a Paolo, e mi faccio interprete dell’ispirazione appassionata della Città nella traduzione in un sostegno, anche economico, per il quale altresì mi impegno personalmente a nome della mia Azienda. Paolo ha i numeri per riuscire e Castiglion Fiorentino è la Città numero 1. C’è un’anima, qui, che è con Paolo!”
E poi c’è il saggio, il Violinista Dakariano Luca Aretini, un altro perno storico del Grande Gruppo che torna in campo nell’Operazione Lucci e che porta l’esperienza sedimentata delle Dakar Africane.
“Paolo ce la può fare. Deve avere più chiaro che può l’impegno immane che affronterà, nel corso del quale incontrerà inevitabilmente enormi difficoltà. Soprattutto difficoltà logistiche, e difficoltà… nella sua testa. Il percorso, la sua durezza, non è tutto. Sono problemucci di pista che si affrontano con spontaneità e divertimento, mentre la logistica pesa e basta. Quindi, più uno si prepara bene a casa, più potrà… divertirsi dopo. Paolo deve fare molta attenzione alle persone di cui si circonderà, ai “compagni di viaggio” in Gara, che finché non diventano Avversari sono compagni di viaggio. Prepararsi molto, non solo fisicamente per quanto sia importantissimo, ma moltissimo mentalmente, alla ricerca della risoluzione di quelli che potrebbero diventare degli imprevisti sul cammino.”
E il padre come la pensa? Cosa sente Andrea Lucci ora che Paolo è pronto a partire?
“Al babbo gli si rizzano i capelli. Quando ha fatto il Panafrica sono calato 4 chili, senza far nulla, solo seguendolo e aspettandolo. Tensione a 2000. Da ex Motociclista, Regolarista, i Rally mi fanno una grande paura, in un attimo si può perdere tutto, ci si può far male… ma che devo fare? Io devo dire a mio figlio no, non andare? Io devo sgonfiargli la gomma e la passione? No, accetto e capisco la sua scelta, lo accompagno e lo aiuto nella sua sfida.”
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lucafabianelliForza Paolo !!!
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username__602038, La Spezia (SP)Chi ha fatto mx negli anni 80/90 in Toscana e zone limitrofe non può non ricordarsi di Andrea e del suo K 250 è di tutta la banda di C.Fiorentino che faceva capo alla mitica Steels (Meoni, Innocenti, Nannini ecc...). Era un pilota corretto, poco appariscente ma estremamente concreto che vinse quello che doveva vincere senza tanto strepito e clamori. Fece un grande Boycross poi poco altro e non sono molti quelli che se lo ricordano. Lo ricordo come un ragazzo educato , gentile e corretto in pista e fuori. Tutto il contrario di noi altri crossisti dell'epoca. Fa piacere scoprire che ha lasciato una bella eredità sportiva.Facciamo il tifo.