Terra del Fuoco. Il 1° Rally dei Ghiacciai a José Hidalgo
Porvenir. Carlo De Gavardo è stato il primo, indimenticabile pilota cileno a conquistare il Campionato del Mondo Rally. Terzo alla Dakar del 2001 dietro a un altro indimenticabile scomparso, Fabrizio Meoni, Carlo aveva conquistato la sua prima Coppa del Mondo nel 2001, e raddoppiato l’anno successivo.
Era un campione fortissimo e generoso, e diventò una leggenda quando, durante il Paris-Ulan Bator, tornò sui suoi passi rinunciando al podio per allertare, a rischio della vita correndo contro il senso della corsa, i soccorsi per un pilota mongolo rimasto ferito sulla pista.
Il Cile aveva così la prima leggenda dei Rally-Raid, e i cileni un eroe sportivo dallo smisurato spessore umano.
Ma la storia di Carlo è anche e soprattutto una storia di famiglia, alimentata dalla spropositata passione di Giorgio, il padre, il “Saggio”. Sin dalle prime Dakar, disputate nel più completo anonimato e con mezzi di fortuna, l’”Assistente” si era fatto un’intera Dakar muovendosi in… taxi, Carlo e Giorgio avevano suscitato immediate ammirazione e stima per la determinazione con la quale avevano conquistato il mondo della più difficile e dura corsa del mondo. Avevano perseguito l’obiettivo di arrivare alla mitica spiaggia del Lago Rosa, ed erano diventati due dei protagonisti più amati della Corsa e dell’ambiente.
Carlo, scomparso quasi due anni fa a causa di un malore durante un allenamento sulla montagna di casa, Huelquen, aveva esplorato il suo Paese in lungo e in largo. Trovava che fosse come correre a casa sua, sia che si trovasse a nord del deserto di Atacama o giù verso la Patagonia, e le lunghe giornate trascorse in solitario sulla sua moto e sulle piste del Cile erano diventate una specie di rituale sportivo, una sorta di lungo, interminabile abbraccio umano e “geografico” con la sua gente e il suo Cile.
Carlo aveva sui serbatoi delle sue KTM il simbolo dei Carabineros de Chile, e non si trattava di una associazione di complimento. Quando partiva per i suoi allenamenti solitari, infatti, Carlo era solito avvertire l’ultimo avamposto dei Carabineros, e informare ad un'altra stazione quando finalmente usciva dal deserto, dopo aver addestrato la sua tempra alle insidie del nulla e della solitudine.
In quel lasso di tempo i Carabineros de Chile vegliavano sul loro pilota, erano la sua squadra.
Un giorno Carlo era stato in Patagonia, insieme ai figli Mateo e Tomas e a papà Giorgio. Aveva portato le sue ruote sulle piste della Terra del Fuoco, rimanendone ammaliato. Tornato a casa, aveva espresso alla famiglia il suo desiderio: «Mi piacerebbe che organizzassimo una Corsa, un Rally, in quella terra selvaggia e affascinante. Vorrei che gli appassionati avessero un giorno la possibilità di correre il loro Rally sulle rotte della Fine del Mondo!».
Ed è così che la storia di famiglia ha ripreso a correre. Giorgio de Gavardo ha trovato in Carlos Soto, l’amico e “socio” ideale per rilanciare il sogno di Carlo e trasformarlo in realtà: l’enduro de Los Glaciares de la Tierra del Fuego. Un Rally-Raid ambientato nella stupenda, Grande Isola della Terra del Fuoco.
La prima edizione
La scorsa settimana è andata in scena la prima edizione, o, come preferiscono definirla Giorgio e Carlos, l’edizione “Zero” di inaugurazione, tra venerdì e domenica. Da Porvenir, e attraverso Cordón Baquedano, Onaissin, Cameron, Russfin, la Cordillera Darwin, i Laghi Deseado, Despreciado e Fagnano, per concludersi a Caleta María il giorno del diciottesimo compleanno di Tomas, figlio di Carlo e nipote di Giorgio. Ha vinto José Hidalgo, un pilota di Punta Arenas, con una Husqvarna. Il trentacinquenne specialista ha battuto due argentini, Demian Ruiz, KTM, e Luis Arralde, Honda. Al quinto posto, nonostante il motore fuso a dieci chilometri dalla fine, un nuovo irriducibile pilota della famiglia, Tomas De Gavardo, figlio d’arte di Carlo.
Si è trattato del primo appuntamento, per questo la gara si è sviluppata su tre tappe soltanto, più esplorative dello stupendo territorio che votate all’agonismo. I 17 partenti, raccolti in un attimo nonostante la decisione last minute di far disputare l’evento, sono da considerarsi gli ambasciatori di un appuntamento fisso che vuole conservare un ruolo di mezzo tra competizione e privilegio turistico, vetrina di una terra davvero incantata. Ecco il “succo” dei 700 chilometri di corsa e di viaggio attraverso un territorio difficile ma mitico, mèta di viaggiatori e di appassionati della natura, destinazione ideale e progetto di viaggio da sogno. È la Patagonia, la Terra del Fuoco, quella porzione di Sud America ancora in buona parte selvaggia e incontaminata, l’incredibile terrazza sul crocevia degli oceani che, oltre Capo Horn, si affaccia sull’Antartide cilena. Noi dovevamo andar giù ed essere della partita. Tutto organizzato, poi sua maestà Aso ci ha richiamati, all’ultimo momento e senza alternative possibili in quello stupendo customer care style, per recuperare la nostra auto della Dakar. Sarà per l’anno prossimo, promesso Giorgio!
Perché la Storia deve continuare.
conscio che cmq il turismo di massa stia dando una grossa mano a farlo...
onore cmq a De Gavardo jr. ed al vincitore Hidalgo (un nome rivoluzionario in centramerica)