Andrea Locatelli: “Mir, Quartararò e Pasini mi hanno insegnato ad essere pignolo”
Andrea Locatelli è nato il 16 ottobre 1996 in provincia di Bergamo, dove risiede tuttora: una delle zone più colpite dal Coronavirus.
Ha deciso di trascorrere questo difficile periodo di quarantena con la sua famiglia a Selvino, sulle montagne della bergamasca, dove si può allenare e dove si avvertono meno le terribili conseguenze che l’epidemia ha avuto sui suoi compaesani.
Andrea ha iniziato nelle minimoto per poi passare alle “ruote alte” nel 2011, correndo e vincendo il Trofeo Moriwaki 250. L’anno successivo ha vinto il Trofeo Honda NSR250R, per poi passare nel 2013 al team ufficiale Mahindra nel CIV Moto3. Tre vittorie in tre anni, perché anche nel suo primo anno al CIV Locatelli ha portato a casa il titolo: una vittoria che gli ha aperto le porte del mondiale. E’ rimasto in Moto3 sino al 2016, anno nel quale ha corso con la KTM del team Leopard ed ha avuto come compagni di squadra due pilotini niente male: Fabio Quartararò e Joan Mir. Da loro e da Mattia Pasini, suo compagno di squadra in Moto2, Locatelli ha appreso un diverso metodo di lavoro, che lo ha cambiato in parte anche nel carattere. Nel 2017 è passato alla Moto2 e ci è rimasto sino al 2019, quando al termine della stagione ha ricevuto l’offerta del team Bardahl Evan Bros per correre nel mondiale Supersport, e per aiutare la squadra di Fabio Evangelista a confermare il titolo di campione del mondo, conquistato con Randy Krummenacher.
A 24 anni è lecito raccogliere una nuova sfida, che potrebbe aprirgli nuove possibilità soprattutto in ambito Yamaha.
L’esordio a Phillip Island è stato trionfale. Primo in tutti i turni di prova (ad eccezione delle FP3), primo in Superpole e primo in gara. In testa dal primo all’ultimo giro. Realisticamente però Andrea non si monta la testa, e sa che questa è stato solo il primo gradino di una scala lunga ed irta, soprattutto se consideriamo la difficoltà del campionato ed il fatto che Locatelli, al contrario della maggior parte dei propri avversari, non conosce alcuni circuiti. Per concludere, ci parla del suo casco Airoh GP550, un casco “made in Bergamo”, proprio come lui.