SBK. Viaggio alle origini del mondiale delle derivate dalla serie
Il mondiale Superbike ha disputato le sue prime gare a Donington Park nel 1988, organizzate dalla Flammini Group dei fratelli Maurizio e Paolo Flammini, ma l’idea di un mondiale riservato alle moto derivate dalla serie era venuta anni prima all’americano Steve McLaughlin, che ha recentemente rilasciato un’intervista al sito Speedweek, nella quale racconta la propria verità circa la nascita di quello che è attualmente conosciuto come il WorldSBK.
Negli anni 70 McLaughlin, pilota nonché rappresentante dei piloti AMA, propose la creazione di una nuova categoria di moto da corsa, riservata a mezzi derivati dalla serie. La prima gara si disputò a Laguna Seca nel 1973, nell’ambito del Campionato nazionale AMA.
L’idea si rivelò valida, tanto che nel 1976 ottenne il riconoscimento nazionale grazie all'interessamento di Jim France del Daytona International Speedwaye di Ed Youngblood, dirigente dell'AMA, anche se la denominazione fu inizialmente diversa. “L'associazione americana AMA ha rifiutato a lungo il termine Superbike"- ha affermato il californiano - e le moto si chiamavano Heavy Weight Production”.
I problemi burocratici si sono risolti nel 1976 quando è stata concordata la definizione Production Superbike che è successivamente divenuta soltanto "Superbike". Il termine venne coniato da un giornalista di nome Bob Braverman di Cycle Guide Magazine nel 1969 - ha continuato Steve - che chiamava in questo modo le nuove Triumph, BSA e Honda. Inoltre l’australiano Warren Willing mi disse che c'era un campionato in Australia chiamato 'Levi's Superbike Series' nel quale correvano assieme tutte le maxi moto a due e quattro tempi e il termine mi piacque molto”.
Trovato il nome e definite le moto che ci avrebbero corso, si trattava ora di organizzare questo nuovo campionato mondiale. Nel 1984 l’americano inizia a parlarne con i Paesi europei che avrebbero potuto ospitare le prime gare. "Ho incontrato i responsabili di tutti i Paesi importanti - ha ricordato - per avere il loro parere sulla nuova categoria. Erano tutti erano interessati, ma a condizione che si trattasse di un campionato con valenza mondiale. Per questo sono andato al Congresso FIM a Monaco di Baviera, per organizzare una Coppa del Mondo. Nessuno mi ha aiutato ed ho dovuto fare tutto da solo, ma nonostante questo in tre anni ho lanciato il Mondiale Superbike”.
Pur essendo l’organizzatore di numerose gare negli USA, McLaughlin non disponeva dei fondi necessari ad organizzare un mondiale. Fu l’australiano Brian Lawrence che lo mise in contatto con un'agenzia neozelandese interessata al nuovo mondiale SBK. Uno dei top manager era un finlandese di nome Ari, che si trovava a Beverly Hills. “L'ho incontrato, abbiamo bevuto qualche birra e fatto una bella chiacchierata - afferma McLaughlin -. Era molto loquace. Il giorno dopo fui invitato ad Auckland in Nuova Zelanda, dove abbiamo definito il loro investimento ed abbiamo preparato un business plan della durata di dieci anni".
Con i nuovi soci finanziatori Steve fonda la Sports Marketing Company e prepara il calendario del Campionato Mondiale Superbike 1988. “Abbiamo ricevuto 19 candidature e ne sarebbero bastate 6 per chiamare “mondiale” il nostro campionato” ricorda l'americano.
Di quelle 19 alla fine se ne disputarono 9, ma nel frattempo la Sports Marketing Company perde svariati milioni di dollari sul mercato azionario e non riesce a rispettare gli accordi.
"Io posso anche essere considerato uno strano" - ha ammesso McLaughlin - “ma nessuno al mondo può accusarmi di non rispettare i miei impegni economici. Pagare era compito dei neozelandesi ed io avevo dato loro una quota di maggioranza pari al 65 per cento. Avrebbero dovuto investire 1 milione di dollari all'anno per dieci anni, ma nel 1988 quando la situazione è peggiorata, ho venduto loro tutte le mie azioni. Volevano comunque continuare la Coppa del Mondo e per me, che ero ormai tagliato fuori, andava bene. Per trovare nuovi fondi io e Keith Jones della Sports Marketing Company abbiamo coinvolto l'agenzia giapponese Dentsu, ma poi i neozelandesi si sono alleati con la Flammini Group.
Steve McLaughlin non usa parole “dolci” nei confronti dei Flammini. “Hanno trasformato il Mondiale Superbike in una serie per italiani ricchi. Si diceva che avessero intascato 3.000 dei 6.000 euro a gara che ogni pilota pagava per le gomme Pirelli e siccome avevano circa 100 piloti avrebbero intascato 300.000 euro in questo modo. Inoltre, c'erano i milioni che arrivavano dai compensi degli organizzatori”.
In pratica l’ex pilota californiano accusa la Flammini Group di aver fatto quello che avrebbe dovuto fare lui: organizzare il campionato mondiale Superbike e trarne dei profitti economici. Le buone idee possono venire a molti, ma poi per potersi realizzare devono essere supportate da una buona organizzazione, e sostenute dai fondi necessari. In caso contrario non resta che spiegare il perché di un fallimento.
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rho01, Bergamo (BG)probabilmente, da americano, l'aveva pensata più per loro. ovvero moto raffazzonate, paddock alla buona, spirito yankee e tanta birra. I Flammini l'hanno organizzata con lo spirito italico. ovvio che siano venute fuori cose diverse. le mentalità sono troppo differenti. per il guadagno invece: che dovevano fare, lavorare in perdita o alla pari?