Australia: Boomerang Tour Motorbye, part I
Ad accoglierci la pioggia e una fresca temperatura autunnale, ma per la prima volta nella nostra vita da viaggiatori su due ruote riusciamo a sdoganare con sorprendente velocità la nostra Motorbye: è talmente pulita che si è risparmiata anche la consueta quarantena che solitamente viene applicata nei severi border australiani. Siamo estremamente increduli di riabbracciarla dopo neanche 24 ore dall’arrivo e felici di salire in sella dopo neanche un paio di giorni, dato che la perturbazione che si abbatte su Brisbane non dà cenno di calmarsi. Così ci allontaniamo verso nord, anche se purtroppo la pioggia decide di seguirci. Passando accanto alle vette delle Glass House Mountains, la prima tappa è Rainbow Beach, una spensierata cittadina costiera celebre per l’immensa duna di sabbia che si affaccia sull’oceano: Carlo Sandblow.
Poi è la volta di Hervey Bay, dove ci dedichiamo ad una piacevole gita in barca al largo della costa alla ricerca delle balene: con poche speranze di avvistarle data la tarda stagione (da maggio a novembre), rimaniamo invece completamente stupefatti nel vederle saltare dall’orizzonte fino a pochi metri dall’imbarcazione, nuotando piacevolmente in compagnia dei propri cuccioli. I giganti dell’oceano però non ci trattengono molto e il giorno seguente siamo di nuovo in sella: i chilometri scorrono leggeri e la strada si allarga piacevolmente davanti ai nostri occhi, quasi troppo spaziosa per il traffico che effettivamente la impegna.
Arriviamo presto a Rockhampton, attraversata dal tropico del capricorno, finalmente baciati dal sole e pronti per la prima notte di campeggio nella nostra modesta casetta verde: la tenda Quequa.
La temperatura è perfetta e le strutture a disposizione organizzate e accoglienti: piazzole ombreggiate, servizi igienici puliti, angoli cottura spaziosi e splendide piscine invitanti. La strada ci spinge ancora verso nord: stavolta ci accampiamo sulla spiaggia di Bucasia, a pochi chilometri da Mackay. Il giorno dopo ci avviamo verso Townsville, dove ci aspetta un traghetto che in pochi minuti ci porta dritti in paradiso: su Magnetic Island! Questa accogliente isola da sogno ci regala spiagge cristalline, affascinanti percorsi di trekking lungo la via degli antichi fortini e la possibilità di avvistare la tipica fauna australiana in completa libertà nel suo habitat naturale: con estrema contentezza ammiriamo i sonnolenti koala tra i rami degli alberi di eucalipto e i timidi wallaby saltellare tra le rocce.
Il viaggio continua serenamente tra la natura ed è la volta delle cascate: le spettacolari Wallaman Falls, di cui catturiamo qualche rapido scatto e il circuito di Millaa Millaa dove invece non esitiamo ad immergerci nelle pozze gelide. Le temperature cominciano ad aumentare perciò ogni scusa è buona per fare un tuffetto. Passando per Yungaburra con la speranza di avvistare gli ornitorinchi (invano), ci avviamo verso Cairns dove decidiamo di fermarci per qualche giorno. Scegliamo un grazioso ostello poco lontano dal lungomare: dopo una settimana di tenda un letto ci vuole!
A Cairns viviamo una di quelle esperienze che chiunque dovrebbe concedersi nella vita: lo snorkeling nella grande barriera corallina! Il meraviglioso acquario che si presenta davanti ai nostri occhi è totalmente unico al mondo: vaghiamo nell’oceano insieme alla miriade di pesci dai colori sgargianti che, come noi (sicuramente con molta più grazia), si fa spazio tra foreste di coralli e agili tartarughe.
Decidiamo di proseguire ancora a nord, raggiungendo in giornata Cape Tribulation, la cui immensa striscia di sabbia purtroppo non è balneabile a causa della presenza di coccodrilli. Abbiamo comunque la fortuna di avvistare il timido casuario che ci attraversa la strada in fretta e furia.
E’ il 26 di ottobre e dopo quasi 3000 chilometri di costa decidiamo di tornarcene verso sud fino a Townsville per poi intraprendere la strada verso l’interno che ci porterà ad esplorare l’avventuroso e immenso outback. Qui il caldo supera i 40 gradi! I distributori di benzina non mancano, anche se il carburante è molto più caro, come del resto le strutture ricettive che approfittano della propria esclusività in un’area decisamente desolata. Ma noi continuiamo ad usufruire della nostra tenda e da buoni campeggiatori cuciniamo gustosi pasti all’italiana evitando la monotonia degli hamburger australiani.
La prima tappa nell’outback la facciamo a Hughenden, località famosa per i suoi fossili appartenenti all’era dei dinosauri. Dopo oltre 500 chilometri invece, ci fermiamo a Mount Isa, dove il panorama è dominato dalle ciminiere illuminate.
Dati i (s)consigli dei locali, decidiamo di non sostare a Tennant Creek e dopo altri 450 chilometri ci fermiamo nella stazione di servizio di Barkly Homestead. Il giorno seguente siamo decisi a raggiungere Alice Springs: sappiamo che la strada è lunga (più di 700 chilometri), ma cominciamo ad assaporare anche i lati negativi di questa zona remota del paese, perciò subentra la voglia di oltrepassarla in fretta.
Davanti a noi nient’altro che secchi arbusti giallo ocra e terra rossa divisa da un’unica e lunga lingua d’asfalto rovente che si srotola velocemente sotto i nostri occhi annoiati.
La strada è consumata dai pesanti tir che si trascinano i loro innumerevoli rimorchi alla velocità della luce, schiaffeggiando i veicoli che sfrecciano al loro fianco. Di tanto in tanto ci assale l’odore pungente delle carcasse di animali che troviamo ai bordi della strada, di quegli sfortunati selvaggi che si sono arresi davanti alla siccità o che si sono lasciati ammaliare dalla luce profonda e illusoria di un paio di fari notturni di passaggio. La fastidiosa impertinenza delle mosche ad ogni nostra breve sosta ci fa innervosire più del caldo che ci assale a ventate bollenti durante l’intera giornata. Nella notte la fauna selvaggia esce allo scoperto e svolge i suoi compiti sotto gli occhi indisturbati di noi sognatori, impegnati ad aspettare ad occhi chiusi la luce del giorno.
E il mattino arriva presto, scaldando la tela della tenda e facendo canticchiare i pappagalli. Finalmente arriviamo nel cuore rosso dell’Australia, l’obiettivo centrale dei viaggiatori dell’outback, il simbolo per eccellenza della terra dei canguri: Ayers Rock, Uluru in
lingua aborigena. I raggi del sole donano un fascino mistico alla grande roccia che domina il suolo arido di questo splendido paese.
Le sagome di Uluru e del più lontano Kata Tjuta si accomodano come di consueto sotto le luci tiepide del tramonto, pronte a sopravvivere ad un’altra serata di fotocamere competitive.