I viaggi dei lettori: Montenegro Motorbike Tango - Ep.1
Se c’è un’arte in cui siamo specialisti è quella del distinguo. In caso di decisioni da prendere diventa l’arte del complicarsi la vita. Ecco perché le riunioni preliminari prima di ogni partenza rappresentano sempre un’incognita. Spesso più difficili del viaggio in sé, quello che stiamo per organizzare in Montenegro.
Non è esattamente il miglior modo per iniziare una vacanza, ma il pericolo è il nostro mestiere e come molte altre volte tentiamo l’azzardo di provare di nuovo a organizzare una vacanza di gruppo: dovevamo essere in quattro, alla fine rischiamo di essere in otto. Sarajevo e i Balcani agganciano e aggregano: potrebbe essere un buon segno.
Ma andiamo con ordine. Dalle iniziali cene esplorative per capire chi ci starebbe e in quale periodo alla prima riunione operativa passano 10 giorni e un numero imprecisato di messaggi incrociati one to one: con la costituzione del gruppo whatsapp "Sarajevo", supportata dall’immagine di Goran Bregovic e Emir Kusturica, si definisce il gruppo dei partecipanti al viaggio e si fissa una prima serata per fare il punto.
D’ora in poi il flusso di informazioni, avvisi ai naviganti ed eventuali domande viaggerà sul gruppo virtuale (minkiate comprese). Il timore che diventi come la chat delle mamme della 5ªB è reale: per cui viene immediatamente stabilito che non si postano cuoricini, faccine insensate, melensaggini varie e informazioni non inerenti al viaggio. E viene decisa anche la data della prima riunione operativa. Ci vediamo tutti da me per una pizzaebirra agile.
Tra un boccone e una sorsata si prova a fare qualche ipotesi meno campata per aria. Si parte da un itinerario di massima studiato sulla carta e in base alle indicazioni e alle preferenze del gruppo. La meta è Sarajevo, ma non ci basta: siamo incontentabili. Così una volta stabilito che Spalato la raggiungiamo via nave, immaginiamo un itinerario che comprenda Dubrovnik, Montenegro, di cui si narrano meraviglie, e pure una puntatina in Kosovo, che aggiungerebbe un altro tassello wild al nostro Balkan tour. Obiettivi troppo ambiziosi? Forse, in ogni caso ci poniamo il limite di tappe giornaliere di massimo 200 chilometri per non stressare le moto e mettere a dura prova la capacità di sopportazione dei passeggeri. E soprattutto per vedere qualcosa di quel che incontriamo lungo la strada. Sarebbe stupido andare nei Balcani e fare come i giapponesi quando visitano l’Europa. Roma, Milano, outlet di Serravalle e aereo fino a Parigi per la cena: tutto in un giorno (si spera non di pioggia). Noi siamo per l’andamento lento e non potrebbe essere diversamente con le moto che abbiamo: la mia, sebbene in ottima forma, ha quasi 20 anni e 90 mila chilometri sul tachimetro.
"E se io dovessi ritornare qualche giorno prima? Purtroppo non mi danno le ferie". Mannaggia! Sembrava tutto fatto e soprattutto tutti d’accordo e ora bisogna modificare tutto. E avere anche l’ok da tutti. Per fortuna c’è. Copia incolla dei nomi delle città che vogliamo visitare per sostituirli in modo che la magica linea blu che si disegna sul video tracci il nuovo itinerario. Ci vogliono i prodigi della tecnologia ma anche la pazienza di Giobbe per assecondare tutti i desiderata.
Alla fine ci dovremmo essere: prima il Montenegro e il mare di Cattaro, poi puntiamo a nord verso il Kosovo (forse) e, sulla via del rientro, Sarajevo. Bene, ma non significa che siamo a posto. Anzi, per certi versi siamo in alto mare o come avrebbe detto mia zia «nel campo delle 100 pertiche». I prossimi step sono i traghetti, da prenotare, e gli alberghi, anch’essi da prenotare, ma dato l’ampio panorama di scelta e di gusti personali è meglio procedere con ordine. Con i traghetti bisogna solo decidere la data, incrociare le dita e sperare che ci sia la nave e anche una cabina per la notte, senza spendere una fortuna. I pernottamenti lungo l’itinerario sono tutt’altro affare: meglio affrontare una cosa alla volta. Fin qui, comunque, tutto bene.
Prime ipotesi di defezione
Non siamo ancora partiti (neanche con le prenotazioni, per fortuna) e c’è già qualcuno che si tira indietro. Intendiamoci, non si tratta di gomiti che fanno contatto con il ginocchio, piuttosto contrattempi dovuti all’età e alle responsabilità, in questo caso paterne. Sibillino il whatsapp delle 8.20 del mattino inviato da Til. "Forse non riesco a venire: non posso lasciare mia figlia (la più piccola, ndr) sola a Milano per tre giorni". Non riesce a coordinarsi con Bea (la moglie) per evitare che l’esuberante adolescente rimanga da sola nella Milano semideserta di metà agosto. La voglia di partire c’è, ma i doveri del pater familias impongono uno stop ai suoi motoprogetti. Noi incrociamo le dita nella speranza che si trovi una soluzione, ma tutto è nelle mani della provvidenza e soprattutto di Bea.
A mezzogiorno la seconda doccia fredda. Da Cesare: "Io forse non posso venire, dipende dalla coronarografia di venerdì". "Minkia, que pasa?", risponde immediatamente Giacomo con un mix borbonico di idiomi che parte da Palermo e si avventura fino in Spagna. In pochi minuti tutto si chiarisce: Cesare teme che il responso della coronarografia alla quale annualmente sottopone il suo corazon espinado possa suggerire nuovi farmaci che i medici dicono incompatibili con strapazzi e giovanilistici viaggi in moto. L’ipotesi è alquanto remota.
Noi, e pure Cesare, pensiamo che sia scaramanzia, ma intanto per due giorni stiamo tutti in sospeso: prima di prenotare traghetti e pernottamenti aspettiamo, apotropaicamente, il verdetto del Monzino. Che ci dà ragione: l’uomo del Monzino ha detto sì e Cesare, forte del parere dei sanitari, è praticamente già in sella, per non dire sul traghetto. Pollice verso invece dalla famiglia di Attilio che molto a malincuore è costretto a rinunciare. Il suo ultimo post sulla chat non lascia margini nemmeno a un recupero in zona Cesarini. Dovevamo essere in quattro, abbiamo raddoppiato fino a otto ma alla fine siamo rimasti in sette, i magnifici sette. Che immediatamente fissano data per vedersi e decidere. Che in buona sostanza vuol dire prenotare navi e, strategicamente, qualche pernottamento.
Riunione operativa
La storia delle riunioni operative è piena di epic fail, come si direbbe oggi. Di amici che si ritrovano attorno a un tavolo e a una carta stradale determinati a fare una vacanza insieme e che dopo una serata passata a discutere di tutto e con tutti hanno deciso di non partire; di vacanze andate a farsi benedire dopo litigate furiose sul genere di albergo da prenotare; di semplici conoscenze e pluriennali amicizie andate a ramengo per il rifiuto a soggiornare in mezza pensione all’Hotel Edelweiss. Sembra fantascienza, ma è successo anche questo.
Tra le leggende metropolitane si narra anche del rifiuto tassativo a volare con compagnie ritenute non sicure sulla base di calcoli cabalistici, per cui anche noi affrontiamo la serata con assoluta prudenza.
Tutto sembra filare liscio, date, prenotazione navi, budget e criteri di scelta degli alberghi. Questa volta non c’è Til, un vero cagadubi. Senza un azzeccagarbugli del viaggio la matassa degli incastri si sbobina sul nostro road book senza problemi. Booking e airbnb garantiscono e non impegnano, come si usa dire.
Dal tavolo da pranzo ci siamo spostati davanti a un computer: pagine e pagine di indirizzi si aprono con tutte le info per prenotare quello che più aggrada in base ai propri desiderata. Con la possibilità di sprenotare, senza pagare penali, fino all’ultimo giorno.
Dal viaggio su misura siamo passati a quello autoprodotto. Con buona pace di tour operator, agenzie di viaggio e catene di alberghi. Facile come bere un bicchier d’acqua: in meno di un’ora abbiamo trovato passaggi nave (con tanto di cabina) e confortevoli camere d’albergo in alcuni tappe strategiche del nostro itinerario. E tutto questo per sette persone in viaggio nelle due settimane centrali di agosto. Un dubbio mi assale: questa virtualità si tradurrà in posti letto reali. Oppure navi e camere d’albergo svaniranno davanti ai nostri occhi come nel peggiore degli incubi o in una sorta di ritorno alla realtà dopo un viaggio in una second life.
Tutto viaggia tra le immagini a video, un indirizzo email e i codici cifrati di carte di credito (che comunque sono di plastica) che dovrebbero garantire l’operazione, ma di reale c’è ben poco. Che il grande dio della tecnologia ci assista, perché al netto delle nostre poche tecnoconoscenze, davanti a tutto questo occorre avere un atteggiamento fideistico. Ancora incredulo, guardo i miei futuri compagni di viaggio, anche loro piuttosto stupiti della agilità dell’operazione. E tanto per riportare i piedi sulla terra ci ricordiamo che almeno una guida e una cartina stradale dei territori che vorremmo attraversare occorre. Ok Google Maps, ma se poi il telefono non prende?
Bagagli
Chiunque va in moto sa che la questione bagagli è tutt’altro che una semplice formalità da espletare. Lo spazio è limitato e anche un paio di scarpe (e non stiamo parlando di sandaletti griffati tacco 12) in più può diventare un problema.
Tutto quello che ci portiamo dietro deve essere compattato in una valigia e preservato dall’acqua, intesa come pioggia, che in 15 giorni di viaggio è sicuro che si farà viva. La regola, che poi viene seguita da tutti noi, è una borsa a testa e la terza per la moto con tute da pioggia e qualche pezzo di ricambio. Ma non tanti, innanzitutto perché confidiamo nella buona stella e nell’affidabilità dei nostri mezzi meccanici appena revisionati e poi perché non siamo gente che mette volentieri le mani dentro i motori. In ogni caso un set di chiavi, un filo della frizione e l’immancabile Fast per rimediare alle forature fanno parte della dotazione di bordo di ogni equipaggio.
Chi ha deciso di piazzare sul serbatoio una quarta borsa può allargarsi con il bagaglio, ma neanche poi tanto. E non solo per questioni di peso: non si può viaggiare con una piramide di Pei davanti al naso. Ne va anche della sicurezza oltre che del comfort durante il viaggio.
Regole di ingaggio (e di viaggio)
Immaginare di mettere delle regole a un gruppo di biker svalvolati e brizzolati in cerca di avventura con signore al seguito, sarebbe come partire con il freno a mano tirato. Ma è anche vero che le comunicazioni in moto non sono di immediata comprensione (nessuno ha l’interfono) e comunque la strada pone sempre delle alternative sotto forma di bivi, indicazioni non chiarissime o addirittura mancanti, autogrill e ristoranti per una sosta. In più c’è la variabile traffico, che spesso impedisce di viaggiare, come si vorrebbe, a vista.
Ecco quindi che diventa necessario rispettare poche ma facili regole. A cominciare da quelle, fondamentali, del codice della strada. Si viaggia di conserva e a vista. Appena si perde contatto conviene fermarsi, ma in ogni caso vengono fissati lungo l’itinerario dei punti fissi di ritrovo. Nel malaugurato caso ci si perdesse si sa che ci si può ritrovare nei punti decisi a colazione prima di partire. Altro non occorre sapere e regolamentare: altrimenti non è più un viaggio, diventa una corsa a tappe su binari. E come dice anche il poeta, al bufalo piace scartare di lato.
Noi, corna a parte, un po’ bufali nelle praterie ci sentiamo. E le regole ci piacciono perché immaginiamo di poterle rompere. Almeno nei sogni (e nelle vacanze on the road).
No patente, no parti
No patente, no parti. O di come un matrimonio può rovinare (o salvare, dipende dal punto di vista) una vacanza di sette persone. Non è bello scoprire di non avere la patente nel portafoglio una settimana prima della partenza: rischia di mandare a pallino la vacanza di sette persone. Prima di partire si controlla tutto: la moto, innanzitutto. E poi documenti, assicurazioni, carte di credito, scadenza del passaporto. La patente sfugge a questa regola: fa corpo unico con il portafoglio, stivata in una delle tasche meno frequentate e anche più dimenticate, insieme a carta di identità e tessera sanitaria portatrice sana della poco ricordabile stringa alfanumerica del codice fiscale. Ma gli scherzi del destino a volte sono di un cinismo assai raro. Può succedere, e al sottoscritto è successo, di dover palesare un documento in un ufficio pubblico a pochi giorni dalla partenza e scoprire che dei tre tesserini di plastica ne manca uno. Quale? La patente, ovviamente, che dei tre è il più difficile da rifare in breve tempo. E per un viaggio all’estero in moto con moglie al seguito, è da considerare indispensabile. Dall’incredulità per l’inaspettata latenza all’angoscia di dover rinunciare al viaggio il passo è breve.
Che fare? Innanzitutto ricordare qual è l’ultima volta che la patente è stata estratta dalla sua sede abituale e da lì capire dove diavolo può essere finita. Tasche, zainetto, cassetti della scrivania: nulla! E allora si cerca ovunque in casa, si chiede a colleghi e amici. Nessuno, come è prevedibile, ricorda niente di niente. La notte non porta a me nessun consiglio, nonostante l’insonnia, l’ansia e i tentativi fantozziani di ricerca nei posti più impensati. Nulla di fatto. Siamo già al piano B di una vacanza in Italia, quando con le prime luci del mattino si accende anche la lampadina sotto forma di intuizione di consorte meticolosa. Che, anche per evitare gesti estremi del sottoscritto in preda allo sconforto, pone la fatidica domanda "ma hai guardato nella giacca del matrimonio?". Matrimonio? Quale matrimonio?!? Ah, sì, quello di Elena il sabato precedente. Un avvenimento che avevo totalmente rimosso e per il quale avevo dovuto rispolverare il vestito delle grandi occasioni.
Grandi occasioni dove non occorre il portafoglio ma basta avere in tasca qualche spicciolo e un documento (meglio la patente) per qualsiasi necessità compresa quella di guidare la macchina. A quel punto la memoria si srotola come le sequenze di un film: vestito di tutto punto in procinto di uscire di casa, l’apertura del portafoglio, l’estrazione di un paio di banconote, della patente, la chiave dell’auto e via di corsa verso la chiesa. Il flashback di sabato mi accompagna fino all’armadio e al vestito dove ritrovo il mio tesoro: le banconote, la patente e, con essa, la possibilità di partire.
Una bellissima avventura in moto come questa devo poterla seguire.
A buon intenditore.
Fate presente la mia osservazione al responsabile wEB.
Saluto.