Joan Mir: “Avrei vinto di più se non avessi lottato per il titolo”

- Il maiorchino risponde ancora a quanti lo criticano, spiegando che avrebbe potuto salire molte più volte sul gradino più alto del podio. Ma forse non si sarebbe messo il mondiale in tasca…

Ha vinto un mondiale salendo una sola volta sul gradino più alto del podio. E’ la critica che sente di più e per Joan Mir sta diventando anche fastidiosa, visto che il maiorchino sente di aver strameritato quel titolo, facendo anche qualche rinuncia. La più grossa? Proprio quella di evitare rischi inutili per la smania di arrivare primo, accontentandosi dei piazzamenti e riuscendo, però, a essere quello che ha goduto per ultimo nel 2020.

“Nel 2020 stavo lottando per il titolo – ha raccontato ai colleghi di Speedweek - e a volte questo rendeva più difficile correre dei rischi per ottenere la vittoria.  Se non avessi lottato per il titolo avrei sicuramente vinto più gare. Ma ammetto che, avendo visto le mie potenzialità e tenendo conto che anno dopo anno si dovrebbe tendere a migliorare, mi aspettavo di vincere di più”. Un rammarico che nel 2020 è stato annullato dalla gioia di essere diventato campione del mondo, ma che nel 2021 ha pesato. Fino a far nascere nel maiorchino anche un po’ di insofferenza.

“Una volta che avremo la velocità, lotteremo per la vittoria – ha concluso Mir - ma se non ho la moto giusta posso solo dare il massimo. Cercare di ottenere il massimo da ogni gara e portare la moto ai box è ciò che ti farà guadagnare più punti alla fine. Non cambia nulla se inizi un po' meglio e poi cadi. Anche finire le gare è importante per dare agli ingegneri un buon feedback per migliorare la moto. Bisogna ricordare che Suzuki ha solo due moto in pista. Ecco perché è importante finire sempre”.

  • Arturo-22
    Arturo-22, Pontinvrea (SV)

    Oltre ad essere un pilota molto veloce, è anche parecchio intelligente. Per questo si ha vinto il titolo nel 2020, e credo anche che non sia l’ultimo.
  • billiballo
    billiballo, Monza (MB)

    vi immaginate una frase del genere detta dai più grandi campioni, chessò marquez, stoner, rossi? è la conferma che ci sono campioni di serie A e campioni di serie B, insomma quelli che dopo decenni ricordano ancora tutti, su cui fanno i lungometraggi, a cui intitolano i circuiti, le tribune, i modelli speciali, che in carriera sono oggetto di contesa a suon di milioni tra le case motociclistiche e gli sponsor..e poi ci sono quelli che il cappellino col suo numero di gara lo hanno indosso solo la madre, la sorella e il cugino e in tribuna gli chiedono "ehi, di chi è quel numero?"
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