rewind: 1997

Melandri, il quattordicenne più veloce della storia

- Rewind ci porta al debutto di Marco Melandri, schierato nel monomarca Honda con una 125 da GP. Al suo fianco Max Temporali, che descrive la 125 come “la moto più complicata”, attestando valore al giovane campione
Melandri, il quattordicenne più veloce della storia

Benvenuti nel 1997!


Il 12 luglio di quell’anno correvo la mia prima gara con una 125 da gran premio nel monomarca Honda. Una moto “veramente” da corsa non l’avevo mai guidata, se non per il test giornalistico, tre anni prima, delle Aprilia di Carlos Girò e di Peter Ottl.
Mi chiamò Lucio Cecchinello. Nel 1996 creò la sua squadra, il Team LCR ma, non avendo fino a quel momento brillato nel Motomondiale, ebbe piacere che, nei panni di giornalista, contribuissi a dare un po’ di visibilità alle carene della sua 125 con la rivista Tuttomoto.
Abituato a correre in “formato nazionale”, capirete che in quel week end di luglio mi sentii il benvenuto fra gli dei dell’Olimpo… Paolo Cordioli era capo tecnico e Lucio il mio consulente di gara. Ambiente super serio e professionale: fantastico!
Prima cosa, capii che la 125 era, e rimane a mio avviso, il mezzo più complicato del lotto, per uno abituato a guidare moto normali nelle misure e nel carattere. Se sei sul metro e 75 di altezza, è come indossare una maglietta taglia XS; con le GP i rettilinei del Mugello si trasformano in castigo. Troppo piccola e stretta. Altrettanto complicato è trovare la posizione in sella: è talmente leggera, che se sei troppo spostato in avanti o troppo indietro, influisci sull’assetto. Come tutte le moto “lente”, dentro alla curva non devi perdere nemmeno 100 giri di motore, altrimenti ci lasci 6-7 km/h in fondo al dritto. Infine, con quel livello che hanno telaio e ciclistica, i limiti della 125 GP diventano davvero difficili da avvicinare, rispetto alle moto di derivazione stradale.

L'impronta di Marco Melandri


Con questa premessa vorrei solo dare valore a un pilota che, invece, in quella stessa gara, lasciò l’impronta. Si chiamava Marco Melandri, un giovane di 14 anni che aveva corso l’anno prima la sua unica gara con le ruote alte, dopo due titoli in Minimoto. Piccoletto, casco arancio fluo, tenuto simbolicamente per mano da Loris Reggiani, lo ricordo a chiacchierare al tavolino dell’hospitality Honda con Carlo Florenzano, responsabile dell’attività sportiva. Pianificavano il suo futuro. Nel ‘97 infatti avrebbe corso, oltre al trofeo Honda (1° classificato), anche il campionato italiano (sempre 1°…) e quello europeo (4°), ed avrebbe partecipato ad una wild card mondiale (17°).

Tanto per gradire, varcati i cancelli per il primo turno di ufficiali, uscì dalla pit lane, davanti a me, su una ruota, in piedi sulle pedane, fino alla San Donato…
Con la 125, ancora oggi, ritengo sia impossibile da fare...


Tanto per gradire, varcati i cancelli per il primo turno di ufficiali, uscì dalla pit lane, davanti a me, su una ruota, in piedi sulle pedane, fino alla San Donato…
Con la 125, ancora oggi, ritengo sia impossibile da fare.... Il ricordo di quei momenti, del controllo che 'sto ragazzino di 14 anni aveva della sua moto, mi porta a essere sicuramente meno critico, oggi, nei suoi confronti; perché per noi che siamo da questa parte della barricata è fin troppo facile sparargli contro se i test in Qatar hanno deluso... All’epoca, invece, provavo solo una gran bella invidia per lui... Motociclisticamente sana. Era un talento puro. Ancora più sensazionale fu quel 2.05.034 che gli diede la pole position, un tempo che avrebbe consentito di schierarsi in griglia anche al GP del Mugello dello scorso anno. Figuratevi che Cecchinello, che con la sua “hondina” partecipava come ospite al monomarca, incassò un bel 4 decimi (2° tempo), nonostante un paio di mesi prima avesse corso proprio sul circuito toscano la tappa del mondiale.
Per certi versi, devo dire che l’inizio di carriera di Melandri fu addirittura più strabiliante di quello di Valentino Rossi. Assaporò prima la vittoria, con una moto più complicata, ma dimostrò minor equilibrio. Una caratteristica che, mi sento di dire, contraddistingue ancora oggi i due fenomeni. E anche a quella gara del 1997, con Marco in partenza dalla pole con un secondo e mezzo di vantaggio in prova sull’immediato inseguitore (era Alessio Cadalora, poiché Cecchinello non prese il via, ndr), fece l’errore sciocco di cadere, “gratuitamente”, per eccesso di velocità.

La carena di Max
La carena di Max


Per riportarvi alla normalità, vi racconto invece che, alla mia prima partenza con la GP, rimasi al palo… solo come un cane e sorpassato pure dall’auto di coda. Il motore si spense, non girava abbastanza, ma non avevo nemmeno l’idea di quanto fosse lunga la prima, per sfrizionare correttamente.
E’ la ragione per cui, tra le foto della gallery, potrete guardare la sola classifica del secondo turno di prove (disputate con asfalto leggermente bagnato), il cui risultato mi auguro consenta di bilanciare la vostra fiducia…

  • jaguarfire
    jaguarfire, Aulla (MS)

    peccato non abbia continuato così.....

    Nello sport spesso è così, a volte quando si è troppo precoci poi mancano le motivazioni, oppure non si evolve come si pensava potesse accadere, secondo me Marco era anche bravino, ma è sempre stato troppo nel suo mondo, non l'ho mai visto combattivo fino in fondo.
    Poi in Ducati ha dato il peggio sia come prestazione, ma Peggio ancora come modo di comportarsi (almeno dall'esterno) ha voluto continuare a guidare la moto campione del mondo facendola arrivare penultima, terzultima, senza finire la stagione prima, quindi mah... Max ricorderà le impennate ma le gare si vincono con la ruota anteriore a terra o al massimo a 10 cm da terra, ciao
    Filippo
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