MotoGP. "Sono finalmente in pista". Il diario di viaggio di Zam
Ho ricevuto il via libera dalla Dorna: posso entrare nel paddock. Mi manca solo il pass, che mi viene puntualmente consegnato in un locale appena fuori dal circuito.
Per il 25esimo anno consecutivo ho un pass permanente, che in tempi normali mi permetterebbe andare ovunque: nel paddock, nei box, nella pit lane, lungo la pista. Adesso, invece, mi consente solo di entrare in sala stampa: da lì non ci si può muovere.
Ma entrare in sala stampa, anche a queste condizioni, è un po’ come tornare a casa: per dirla con Marc Marquez, “ho le farfalle nello stomaco”, mi sembra comunque di poter tornare a fare meglio il mio lavoro.
In realtà, le condizioni di lavoro sono peggio di quando sono a casa mia: la connessione internet è quella che è, così durante la conferenza stampa delle 17 la linea salta spesso, non sento benissimo, perdo alcune dichiarazioni.
Ma Dorna consente a un numero ristretto di giornalisti, a rotazione, di entrare in sala conferenza, come normalmente si faceva una volta. Anche questo sembra un sogno, in questo momento. Io ho la possibilità di assistere alla conferenza stampa che Marc Marquez fa specificatamente in spagnolo, posso anche fare una domanda. Ed è proprio in questo momento che apprezzo, capisco la fortuna che ho (avuto) a fare questo mestiere: oggi, parlare con Marquez o con qualsiasi altro pilota è un privilegio che in passato era la quotidianità.
Adesso capisco meglio chi è a casa, l’appassionato che non ha questo possibilità che ho io: fino al 2020, fare un’intervista a un pilota faccia a faccia era la normalità.
Questa situazione mi fa capire quanto è figo e stimolante avere questa possibilità, poter raccontare e descrivere le gesta di campioni, campionissimi e di tutti i piloti in genere.
Un aspetto paradossale è che le interviste si continuano a fare attraverso il pc, con i piloti che sono seduti in sala stampa cinque file davanti o dietro di te. Ma la “bolla” impone di non poterci parlare direttamente.
Sinceramente mi sembra una esagerazione: per entrare nel paddock devi fare un tampone e mille controlli, tutti si possono muovere più o meno liberamente.
Tutti tranne i giornalisti, solo della stampa, naturalmente, perché quelli della televisioni possono andare dove vogliono. Capisco il Covid e tutte le attenzioni che richiede, ma questa la trovo profondamente ingiusta e sbagliata.
Ha senso, quindi, venire ai GP? Sotto certi aspetti no, come ho detto le condizioni di lavoro sono peggiori. La “bolla” impone solo il tragitto albergo-circuito-albergo, non si può andare da nessun’altra parte, i controlli sono molto rigidi.
Dall’altra parte, però, si torna a respirare l’aria del paddock, si riesce a scambiare due chiacchiere con qualcuno che incontri in hotel, nel parcheggio, nel breve tragitto a piedi dalla macchina alla sala stampa.
I piloti ti vedono, ti salutano, sanno che ci sei: non è una differenza da poco.
Comincia a esserci un rapporto umano: per me fondamentale per fare questo mestiere.
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carlo.caroni, Albavilla (CO)belli questi articoli,Zamagni:cronaca ben raccontata,con sincerita' ed empatia,che diventa qualcosa di piu'-un racconto.molto bravo.