Dakar 2014. L’edizione numero 34 secondo Alessandro Botturi
Proprio così, pare un decano, ma è quasi un “novellino”. Se parliamo di Dakar, beninteso. La verità è che Ser Alessandro Botturi, 38 anni, da Lumezzane, è un atleta completo, un Iron Man, come si potrebbe definirlo oggi. È un gigante, una montagna di muscoli alla Hulk e l’elasticità di una ginnasta dei Paesi dell’Est. E un viso rassicurante, l’espressione buona. Un Gigante buono, il Gigante di Lumezzane. È stato un forte giocatore di Rugby, ha guadagnato anche la maglia azzurra, ma quando si è trovato nella condizione di “vedere” le sue passioni sotto la lente d’ingrandimento della carriera, e quindi di dover scegliere, alla palla ovale ha preferito l’altra passione, l’altro Sport che è nella tradizione della gente delle sue valli: la moto. Con l’Enduro Botturi è arrivato ancora più in alto. Ha vinto l’”Olimpiade”, la Sei Giorni Internazionale di Enduro, e per dodici anni è stato uno dei più forti Piloti Italiani. Poi ha scoperto i Rally, se n’è innamorato a prima vista, e ha deciso di cambiare ancora. È già Campione Italiano anche in questa specialità, e ora alla terza Dakar. Fisico e tecnica a parte, la cosa strabiliante è che Alessandro ha maturato in tempi brevissimi un’esperienza di rilievo. Che aggiunta al talento…
Dopo gli auguri di Buon Natale, entriamo nel vivo. Come ti senti? Sei pronto?
«Sono pronto. Pronto! Nell’ultimo periodo ho passato anche una settimana in Tunisia ad allenarmi. Con amici, road book e navigazione. E intanto ho completato la preparazione fisica».
Vuoi dire che hai svolto un programma particolare?
«No. Alla fine ho usato lo stesso programma dello scorso anno, con molta bici e lunghe camminate. Non ho voluto aggiungere niente di più, o cambiare metodo. Non volevo rischiare, e ormai sono anni che mi preparo allo stesso modo. Forse non troppo scientificamente, ma direi in modo efficace. Sì, mi sento pronto!»
Anche il resto, è tutto pronto?
«Sì, la moto è partita a suo tempo per l’Argentina, io vado giù il primo dell’anno, subito dopo la festa in famiglia. Ho quattro-cinque giorni per acclimatarmi. Il 3 gennaio ho le verifiche a Rosario».
E come vedi questa edizione della corsa. Cosa ti fa pensare?
«Ho studiato bene le tappe. Chilometraggio e terreno. Ne abbiamo discusso parecchio anche con Jordi Arcarons, che mi seguirà anche quest’anno. Credo che bisognerà cominciare a stare attenti da subito. Si annuncia una Dakar immediatamente impegnativa. Il primo giorno sono solo 180 chilometri di prova speciale, ma io parto un po’ indietro, ventunesimo, e troverò molta polvere in pista. Dovrò risalire subito in classifica generale, e quindi dovrò cercare di stare con il gruppo dei più forti sin dal secondo giorno, perché credo che la settimana in Argentina sarà tosta».
Una Dakar diversa dalle due edizioni passate?
«In generale sì. Non drasticamente, ma sì. Sono cresciuti i chilometraggi giornalieri e la varietà di terreni e di situazioni. Tatticamente, lo scorso anno i migliori sono rimasti per tutta la gara a distanza molto ravvicinata. Quest’anno credo che sin dall’inizio si potrebbe creare una selezione molto forte, in grado di fornire un’indicazione precisa sul possibile sviluppo della corsa. Già dopo tre o quattro tappe, direi».
Domanda di rito. Chi vedi, diciamo un po’ più da vicino, tra i possibili protagonisti?
«La domanda ha delle risposte che sembrano quasi scontate, ma vediamo insieme la situazione. Vedo il Team Honda veramente agguerrito. Tutto il Team. Barreda, Gonçalves, Sunderland, Rodrigues. Vedo Coma, con la KTM, ancora come l’uomo da battere, anche se non avrà più la situazione degli anni scorsi. Sino all’anno passato lui e Despres, uno contro l’altro, si divoravano tutta kla scena, e per gli altri restavano solo le briciole. Adesso si ha quasi l’impressione che sarà KTM ad inseguire. Quasi, ho detto, attenzione».
E allora Despres?
«Anche lui sarà nella battaglia, questo è certo. Anzi, potrebbe essere ancora una volta “quello giusto”, perché vedo tanta gente veloce, ma nessuno che sappia superarlo in quanto a strategia generale di gara».
Bolivia? È un’incognita anche per te?
«Lo è. Alla presentazione della Dakar l’hanno dipinta come una fase da prendere con le molle, senza dire di più. Mistero. Per la verità io credo che potrebbe non essere così tremenda, perché è pur sempre un esperimento, una novità, e sarebbe negativo che si dimostrasse fatale. Ma con “loro” non si sa mai. Forse sarà più complicato il bivacco marathon, ma soprattutto perché, di fatto, quest’anno abbiamo due tappe senza assistenza, quasi a ruota, e dovremo amministrare ancor più attentamente meccanica e gomme».
La tua moto. L’anno scorso era tra le più veloci. Lo è ancora?
«Mah, io penso di sì, credo che sia più o meno al pari delle altre. Non so bene quanto vada la nuova Honda, ma rispetto a KTM e Yamaha dovremmo esserci. Con la moto da allenamento di quest’anno ho superato i 170 chilometri all’ora, e quella nuova dovrebbe essere ancora un pelo più veloce. Ma soprattutto più affidabile».
Chi sarà, secondo te, il Pilota Honda più forte?
«Secondo me Gonçalves. Vedo Barreda molto veloce, forse con una marcia in più per tecnica e coraggio rispetto a tutti gli altri, ma il Paulo ha capito, secondo me, come si fa a vincere. Tra le altre cose, però, bisogna anche osservare che sia Barreda che Gonçalves non sono ancora entrati nei primi dieci di una classifica finale della Dakar. Tutto sommato, io ho fatto meglio. E visto che i podi alla Dakar non sono mai un caso, anche Helder Rodrigues potrebbe avere qualcosa da dire».
E di Viladoms che è tornato all’ovile di KTM, e probabilmente anche al servizio di Coma?
«Penso che abbia ripreso la sua marcia da dove si era fermato. Gli è capitata la possibilità di scegliere, e ha preferito rimettersi in gioco per cercare di dimostrare il suo valore».
E allora Francisco Lopez, il “Pilota di casa”?
«“Chaleco”, alla fine, è sempre lì. Con una moto, con un'altra, con o senza problemi. Sempre lì davanti. Ma penso che quest’anno sarà anche per lui un po’ più difficile, e in particolare i sette giorni in Argentina, di fatto lontano da casa e dalle sue piste. Avrà da soffrire, questo è certo».
Riassumendo: i tuoi obiettivi quali sono?
«Ad essere sincero non parto con un obiettivo vero. Non con un obiettivo preciso al centro del mirino. Parto per far bene, come sempre. Stare tutti i giorni lì. Cambierò un po’ la strategia generale. Cercherò di stare ancora più vicino ai primi, ma senza guardare alla classifica. Non mi interessa una vittoria o un podio di giornata, se poi il giorno dopo rimango indietro. Vorrei essere più consistente e costante. In ogni caso fare bene, ma senza strafare».
Sei teso?
«Mi aspettavo di esserlo. Invece mi sento molto tranquillo. Davvero molto. Quasi mi sorprende. Mi sembra di avere la situazione sotto controllo, e credo dipenda dal fatto che ho fatto un buon lavoro durante tutto l’anno, con molta costanza e senza “sorprese”, come mi è capitato l’anno precedente.
Fare con tranquillità il proprio dovere, e lavorare tranquillamente con gli altri, senz’altro aiuta molto. L’accordo con SpeedBrain non è venuto subito, perché naturalmente la situazione era complicata, ma Wolfgang Fischer è sempre stato onesto e molto franco. Mi ha detto subito che, con tutti i cambiamenti che ci sono stati, non avrebbe potuto rinnovarmi immediatamente il contratto, ma che avrebbe fatto tutto il possibile. L’ha fatto e, credo, anche di più!»
E che dire ai nostri lettori?
«L’ho già detto. Prima ancora della Dakar bisogna parlare degli auguri. Li rinnovo a tutti, centrandoli sul Nuovo Anno che auguro davvero felice per tutti, e in particolare per i lettori di automoto.it e moto.it. Poi, a questi ultimi, vorrei ripetere ancora: seguitemi, perché vi farò divertire!»
Aspettiamo dunque di vedere Alessandro Botturi all’opera, e intanto usiamo il Gigante come una catapulta, per lanciarvi i nostri più sentiti auguri di Buon 2014.
Grande Bottu
EL BOTTU