Hub Rally-Raid - Dakar 2024 Ripensamenti

Dakar 2024. “Gerry”. Bilancio di un Super Inviato [GALLERY]

- Ultimo anno di “adolescenza” per Maurizio Gerini, il nostro Insider alla Dakar. Insieme agli auguri il piacere di un’intervista di bilancio. Oggetto? La Dakar appena archiviata. È stata effettivamente un’edizione memorabile?

Chiusanico, Imperia, 10 Febbraio 2024. Da poco compiuti i 39. Se i 40 sono una pietra miliare sul cammino della maturità (ma uno dei suoi 64.000 amici del gruppo garantisce che “non ci si deve contare!”), Maurizio Gerini, in arte “Gerry”, può prendersela comoda e godersi l’ultimo anno di “adolescenza”. Il fatto è che vogliamo fare gli auguri a Maurizio Gerini. Auguri multipli alla sua multi-personalità. Motocross, Enduro, Motorally, Dakariano autentico (nel senso primordiale dell’eclettico, tetragono “animale” da Deserto), viaggiatore, promotore, insieme alla compagna (si può dire così?) Francesca Gasperi, di missioni in favore dei meno fortunati.

Di successo in successo, Maurizio Gerini è saltato sul sedile del navigatore della Astara 02 Concept di Laia Sanz, nostra indiscutibile Regina della disciplina. A proposito, ora che ha avviato brillantemente la sua carriera di Pilota Auto, Laia è lì che si chiede come ha fatto a correre 11 Dakar in Moto, un’esperienza ora considerata un po’ pazza, comunque pericolosa e durissima. No, purtroppo, per lei nessuna nostalgia delle due ruote. Torniamo a Maurizio, il quale resta Motociclista nell’anima pur vedendo ampliato, attraverso il parabrezza, il suo già larghissimo orizzonte di Uomo Avventura. E di Inviato Speciale.

Sì, a Maurizio dobbiamo un enorme grazie anche per questo, per avere saputo trasferire la sua sensibilità in un angolo di visuale della Dakar che è stato enormemente apprezzato. I report di Gerry sono sempre stati interessantissimi e, soprattutto, refrattari ai consumati, debordanti luoghi comuni di chi non sa come vanno veramente le cose. Anche in questa veste, dunque, è Gerry Original. Dopo la sviolinata andiamo al sodo. Quasi quarant’anni e va be’, maturità e lasciamo stare, ma sulla somma di esperienza e di analisi “inside” “Gerry” è invidiabilmente imbattibile, e dunque ne approfittiamo per avere a mente sgombra un bilancio sulla Dakar 2024 appena archiviata. È un’intervista, questo è chiaro.

“Gerry”. È stata davvero una Dakar diversa, più “vera”?

Maurizio Gerini. “Ti direi di sì. Eh, allora, potrei dire che finalmente si è avverato quello che hanno annunciato da quando siamo andati in Arabia Saudita. Cioè: “Attenti, sarà un'edizione incredibile!”, qui e là e un sacco di storie, però per quattro anni l’hanno solo detto, e questa volta invece è stato proprio così. L’intenzione è quella, dichiarata, di fare un passo indietro con i privilegi. Anche i big in tenda, niente lussi, sebbene poi ti arriva Yazeed Al Rajhi con tre camion rimorchio fuori misura, di quelli che in Europa non potrebbero neanche circolare, adibiti a motorhome, cioè tutto più grande e lussuoso di una villa a Saint Tropez. L’idea è quella di tornare, per quanto possibile, alle origini. O verso le origini. Notti nel deserto senza nulla, senza un cambio di vestiti e solo con quello che ti dà l'organizzazione. Tenda, un sacco a pelo, acqua, un lunch pack militare. Questa è la direzione, dicono, e gli anni prossimi lo vedrete di più. Insomma sì, direi proprio che è stata una Dakar diversa.”

È stata una Dakar particolarmente dura e impegnativa?

MG. “Guarda, da quando siamo arrivati in Arabia Saudita è stata un’escalation di durezza. Nel senso: hanno la possibilità di mandarci in posti difficili, molto sassosi o comunque in zone dove è facile e inevitabile fare la selezione. Quest’anno l’hanno fatto davvero. Te lo dimostra il fatto che tutti, soprattutto tra le auto, hanno avuto la loro giornata no, quando non problemi gravi o fatali. Anche Carlos Sainz, se non fosse rimasto l’unico Pilota Audi in grado di vincere la gara, avrebbe pagato i suoi guai abbandonato nel Deserto. Dal momento in cui è rimasto “solo” gli altri hanno lavorato per lui. Quindi ti direi che anche per lui sarebbe stata molto dura. Pensa a quando è rimasto senza ruote di scorta, se Ekstrom non si fosse fermato a dargli le sue! In ogni caso, Loeb con le ruote strappate, e intendo le ruote ma anche l’intera sospensione, Nasser, fino a che era in gara, grandi problemi uno dietro l’altro. Vabbè non commentiamo la sua gara. Comunque quasi tutti hanno avuto una giornata veramente pessima, come spesso accade alla Dakar, però è una caratteristica che quest’anno si è vista più marcata. Del resto, ragazzi, i mezzi sono sempre più preparati e competitivi, e se non si creano le condizioni per una selezione la Dakar non è più la Dakar. La cosa bella è tornare a fare una gara di tattica, di gestione delle forze, di risparmio dei mezzi, di strategia. Secondo me questa è l'essenza della Dakar che sta tornando a galla!”

C’è un elemento chiave nel successo globale dell’edizione 2024?

MG. “Sì, e devo ripetermi: tornare alle origini, per quanto possibile. David Castera, il Direttore, lo aveva detto al briefing, ma quando le parole sono giuste e corrispondono ai fatti, allora te le senti rimbombare dentro, le avverti con tutta la loro forza durante la gara. Così è stato. Poi, l’organizzazione è mostruosa. Ogni anno il bivacco è più grande e gestito in maniera impeccabile. Ti dirò, anche il catering è migliorato. Certo, dopo due settimane ti esce dalle orecchie. La macchina organizzativa funziona alla grande, anche perché dove servono tre persone ne metto quattro, dove ne bastano due eccone almeno tre. In questa maniera lavorano al massimo e minimizzano i problemi che si possono creare. Non giocano al risparmio ma a fare bene le cose. È chiaro che poi la gara deve essere bella per sé stessa, piacevole, deve piacere ai concorrenti. Devo dire che non ho sentito nessuno lamentarsi per il Rally. Oddio, il giorno 1, per esempio, in quel pazzesco, nauseante mare di rocce e pietra lavica, le madonne sono volate, ma, ragazzi, questa è la Dakar e questo è il modo che hanno scelto per fare la selezione.

L’hai vissuta tra le Macchine e sei andato a sbirciare tra le Moto. Cìè qualcosa o qualcuno che ti ha particolarmente impressionato?

MG. “Devo dire che quest’anno, avendo avuto il privilegio di essere inviato di Moto.it e Automoto.it, cercavo di fare le mie cose rapidamente per poter “scappare” e buttare il naso la fuori per fare il “lavoro”. Mai come quest’anno mi sono reso conto che è un evento che corre a due velocità. Da una parte vedi i super big, come Audi o Honda, che se ne stanno blindati, non puoi avvicinarti perché hanno paura che vai a sbirciare chissà cosa, se ti affacci subito un paio di gorilla vengono a chiederti chi sei e che fai lì, e se ti accolgono e si concedono alle interviste non vogliono che fai loro determinate domande. Ambiente esclusivo e full gas. Questa è una velocità. L’altra velocità è quella del resto del mondo, di chi non la prende come una gara ma come una sfida nel gestire le proprie forze, un po’ come quando metti il risparmio energetico sul telefonino. Lì tutto funziona un po’ a rilento, con la massima calma possibile, in ambiente di convivialità. Quest’aria la respiri, per esempio, tra le malle moto, dove trovi non solo gli italiani, ma tutti quelli che sono lì per completare un percorso, concludere la propria Dakar. Ambiente da massimo risparmio energetico e attenzione, strategia, come dire, conservativa e grande attenzione alle perdite di tempo. Vedi Cesare Zacchetti che per paura di non arrivare alla 48h Chrono non si è fermato al bivacco ma, poiché aveva ancora tempo, si è spinto avanti per poi dormire da solo nel deserto. La componente competitiva lì non la vedi, non si parla di classifiche ma solo di come si è arrivati. Una, insomma, è una gara, l’altra non lo è. Certo è che è un’avventura da portare a termine a tutti i costi. Da una parte full attack, dall’altra full economy.”

Empty Quarter, è stato finalmente, effettivamente l’Empty Quarter minacciato da 4 anni? E la Chrono?

MG. “Yes, l’Empty Quarter, in tutti questi anni, l’abbiamo visto, sfiorato, pennellato, ma mai abbracciato come quest’anno. Quest’anno tutti hanno capito cos’è. Una mossa vincente. Percorsi paralleli per le Moto e per le Auto, incroci, mini bivacchi comuni. Siamo partiti tutti presto e tutti siamo arrivati tardi quel giorno… dune, dune, e dune, quando vedevi un chott o una discesa lunga credevi a un miraggio. Tutti abbiamo avuto ansia da secco di benzina. La 48H Chrono è piaciuta a tutti. Non è stata completamente differente per Moto e Auto, c’è sempre chi si lamenta, soprattutto per la questione del consumo. Infatti, con le modifiche dell’ultimo minuto, bene o male siamo arrivati tutti. È stato un successo perché ha consentito a tutti di stare un giorno, una notte e il giorno dopo nel deserto di sabbia, di vivere un’esperienza e emozioni comuni solo a chi fa questo genere di gare, di vedere mescolarsi, come alle origini, le star e i big insieme ai privatoni e gli sfigati. Tutti sullo stesso piano, senza privilegi né vantaggi, tutti contro il “nemico” comune, il Deserto. È piaciuta a tutti, problemi o no, un successo. E Castera promette “di meglio”!”

In che cosa differisce, effettivamente e al di sopra delle evidenze, la Dakar del Motociclista e quella dell’Automobilista?

MG. “Dakar in Moto e Dakar in Auto. Due pianeti diversi. Per le Moto è quanto di più duro, aberrante, psicologicamente difficilissimo possa esserci. Ti svegli al mattino… che sono le due di notte. Tanti chilometri da solo che te la racconti, non hai un Pilota o copilota con cui scambiare una parola. In Moto un freddo cane, su trasferimenti che sembrano non finire mai. Ricordiamoci che un giorno abbiamo fatto quasi 500 KM per arrivare alla partenza della Speciale. In Moto sei completamente, infernalmente da solo. In Auto ti scambi al volante, ti racconti qualcosa, ascolti un po’ di musica nelle orecchie, se ti viene sonno c’è qualcuno accanto che ti dice due cavolate per tenerti su. La Moto è tremenda, a partire dalla preparazione fisica. Serve anche in Auto, ma in auto il lato fisico non è così fondamentale. Non parliamo di budget, nelle Auto si vola su cifre da capogiro, e quindi il mio pensiero va alle Moto, senza dubbio molto più umane, arrivabili. In Moto c’è più meritocrazia, in Auto si viaggia con valigia di dollari e biglietti da visita. Con la valigia ti puoi permettere la Macchina di Loeb, prova un po’ ad andare da HRC a chiedere se ti vendono una Moto ufficiale! Per quanto riguarda la durezza, direi che al di là del fatto che sobbalzi come un matto, per chi passa dalle Moto alle Auto è quasi un gioco da ragazzi.”

Atmosfera, organizzazione mostruosa, business. Cosa rende la Dakar ancora così forte?

MG. “Penso che la risposta sia nella domanda: ASO è un’organizzazione mostruosa. Sono fortissimi in tutto, e anche politicamente. In Arabia Saudita hanno trovato un partner ideale, con il contributo del quale possono andare oltre tutto quello che è stato e pensare solo a ingrandire il fenomeno. Certo, son bravi ad offrire attrattiva anche agli sponsor, e la catena si allunga. Manca un po’ di componente italiana. Quel che rende ancora così speciale la Dakar? Proviamo ad immaginare l’inimmaginabile. Storie di Dakar, il sogno di Dakar, la propria storia e la propria Dakar. Ecco le storie che sembrano assurde e che si racconteranno per tutta la vita, ecco la risposta.”

La vita a bordo di un’auto insieme a una donna. Caratteristiche, pregi e difficoltà.

MG. “È vero, sono con una donna a bordo della nostra Astara. Per me è piuttosto semplice. Mi sembra di vivere un’esperienza che mi ha sempre affascinato con un compagno di squadra. Non c’è mai la questione della differenza di sesso. Andiamo molto bene e, certo, ci son frangenti in cui ciascuno ha la sua intimità. Del resto Laia Sanz lo dice, ha sempre fatto uno Sport da uomini, ha poche amiche donne e molti amici maschi. Non c’è pericolo di intavolare una discussione su rossetti e borsette. Non sono competente io ma non lo è neanche lei!”

La vita dell’Inviato. Difficoltà e aspetti interessanti?

MG. “Quest’anno mi avete fatto un regalo (il regalo l’hai fatto tu a n oi, ndr). Devo dire che è stata una bellissima “scusa” per andare a trovare gli amici e fare due chiacchiere con loro. Dentro un’inquadratura, ma in realtà erano più chiacchiere, più commenti tra amici che interviste, e questo mi è piaciuto molto. Non c’è mai stato neanche quel senso di differenza di chi insegue per strappare ottenere una dichiarazione. Ne ho approfittato per girare un po’ per il bivacco (anche se a volte ho fatto dei chilometri per trovare alcune persone) ma tutti eravamo lì con lo stesso obiettivo, e tra noi sappiamo bene dove non è il caso di andare a infilare il dito nella piaga. Ci siamo sempre trovati in un bel clima a raccontarci cose nostre che sono diventate anche vostre. Potrei dire che sono stati dei bei momenti di vacanza nel mezzo del caos Dakar.”

Non l’avessi ancora capito, grazie mille Maurizio!

© Immagini © Immagini Prodrive, Honda Monster, ASO Media, Red Bull Content Pool, DPPI, RallyZone, Ford, ItalTrans Media, Astara

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