Joost Bakker e le eBike del futuro
Ciao Joost, potresti darci qualche informazione dicendoci chi sei e cosa fai?
Sono Joost Bakker e lavoro per Giant, dove mi occupo della direzione della divisione impiegata nello sviluppo dei prodotti. Lo faccio dalla nostra sede europea, ma lavoriamo anche con i nostri team in Asia.
Giant è uno dei più grandi produttori di eBikes e uno tra i primi ad averle realizzate, nel 1998, credo. Mentre le bici normali sono datate di sospensioni e telaio, le eBike, invece, hanno anche motore e batteria, come scegliete questi due componenti?
Noi partiamo dalle specifiche tecniche, che sono le prime cose che guardano i clienti, quindi: potenza, rumore e resistenza all’acqua. Ma poi guardiamo anche il produttore per capirne l’affidabilità in termini di assistenza. Noi abbiamo scelto Yamaha in quanto offre materiali resistenti e non cambiano la propria gamma di prodotti ogni anno.
Durante l’ultima presentazione stampa avete discusso della tecnologia delle batterie e del fatto che abbiate incrementato il voltaggio per la ricarica, cosa che è stata resa possibile grazie ad un nuovo design dell’interno della batteria, potresti spiegarci meglio?
Innanzitutto, devo dire che abbiamo un approccio decisamente conservativo nei confronti delle nostre batterie; non siamo solitamente tra i primi ad utilizzare le batterie più potenti e non siamo i primi ad utilizzare nuove tecnologie nel campo delle batterie e c’è un buon motivo a questo approccio, ovvero che si correrebbero dei rischi nel gettarsi sulle ultime tecnologie.
Le batterie delle e-bike dispongono di poche celle e i motori richiedono un alto discharge rate e quindi si riescono ad ottenere un massimo di 30 ampere da una batteria di una eBike, che è molto considerando il numero di celle. Le batterie dei computer o di altri piccoli apparecchi tecnologici, non hanno un discharge rate così alto, così come le batterie delle auto che hanno delle batterie molto più grandi e un numero di celle esponenzialmente maggiore, che consente di spalmare il discharge rate in maniera più uniforme. Da qui derivano le difficoltà e la ragione del nostro approccio prudente. Lavoriamo molto sulla comunicazione tra il caricabatteria e la batteria e tra quest’ultima e il motore, assicurandoci che tutto il sistema dialoghi in maniera ottimale. In ciascun compartimento misuriamo non solo l’amperaggio ma anche la temperatura, risultando così in un più generale controllo della temperatura della batteria. Queste rilevazioni, da un lato, ci permettono di controllare se uno dei componenti si surriscalda, e dall’altro capiamo anche se possiamo prendere energia da quale specifica parte della batteria.
Ciò significa che i tempi di ricarica del vostro sistema siano uno dei più veloci del mercato?
Di norma, il 50% della carica la si raggiunge in meno di un’ora e venticinque minuti circa ed è solo grazie alla comunicazione di cui parlavamo prima. Non era una cosa fattibile sulla generazione precedente. L’hardware determina davvero il modo in cui il sistema si comporta, la precisione della misurazione della potenza e di come viene gestita. Il più delle volte i motori non operano al limite, visto che l’hardware potrebbe diventare incontrollabile e sarebbe qualcosa di tremendo. Quindi, quello che si prova in sella, è l’azione del software che interagisce sull’hardware che, a sua volta, regala poi il feedback agli agli input del ciclista.
Visto che il mercato si sta muovendo nella direzione di una sempre maggiore interazione tra utilizzatore e bici, con app che permettono di regolare i set up entro i limiti imposti dal produttore, quanto è difficile realizzare una cosa simile?
Non è una cosa così complicata se si conosce quali sono i parametri che si vuole far rispettare dal consumatore attraverso il cambio delle mappature. Vogliamo essere sicuri che una persona non riesca a costringere il sistema a fare qualcosa per cui non è stato pensato.
Solitamente ci sono 5 modalità, ma adesso siamo arrivati a fare circa 45 aggiornamenti e fino a quando si tiene conto di quante versioni ci sono, è possibile tenere tutto sotto controllo, è una cosa fattibile.
Qual è la domanda del mercato? Le persone preferiscono display grandi pieni di informazioni o display più semplici?
Il mercato non è molto coerente, ci sono tantissimi diversi tipi di clientela con le preferenze più disparate. Ciò che facciamo noi, al posto di cercare di capire cosa vuole il cliente, è rimanere più umili e dare la possibilità ai clienti di personalizzare la propria bici.
Ci sono persone che gradiscono avere informazioni dettagliate durante e dopo le uscite, noi realizziamo la bici con un look pulito e semplice per quelli che la preferiscono in questa maniera ma tutti i nostri sistemi sono compatibili con ANT+ quindi, se si desidera un computer che mostri tutti i dati possibili, lo si può installare.
Questa è una cosa importante dato che sono prodotti molto costosi. Si discute infatti molto da dove derivino dei costi così alti.
Una gran parte dei costi deriva dall’investimento iniziale e dalla manodopera richiesta nella creazione dei software e dei test dei vari sistemi. I costi derivano in maggior parte dallo sviluppo rispetto ai costi di produzione. Ovviamente, come in ogni altro tipo di prodotto di elettronica, la parte critica è la quantità che dobbiamo acquistare dai fornitori.
Quindi, con tutta l’elettronica richiesta, ad avere l’ultima parola sono le società produttrici di componentistica elettronica, è così che funziona il mercato. Dobbiamo creare e sviluppare prodotti per grossi volumi, tenendo così importanti stock, in modo tale da poter garantire la fornitura. C’è davvero da pensare con cinque anni di anticipo in relazione allo sviluppo della parte hardware e pensarlo anche dal punto di vista della clientela. Una persona che prende un mezzo del genere, fa un investimento, sono tremila euro o qualcosa del genere, quindi vuole essere sicuro che se qualcosa si dovesse rompere, non solo il ricambio dev’essere disponibile, ma anche facile da reperire e a un prezzo ragionevole. Quindi, quando lanciamo un nuovo prodotto vogliamo avere la possibilità di offrire un servizio di assistenza di 10 anni e dobbiamo assicurarci che sia una cosa sostenibile.
Utilizzare un sistema all’interno del motore che consente di comunicare, aiuta ad ottenere una maggiore longevità del motore. In generale, i sistemi delle e-bike sono molto affidabili. Sono prodotti che vengono usati all’aperto e, pertanto sono sottoposti a condizioni di forte stress. Tutti i sistemi devono essere sigillati con grande perizia per evitare che l’acqua penetri. All’inizio avevamo dei sistemi che rispettavano i livelli IP 4, quindi resistevano agli schizzi, adesso siamo arrivati ad avere prodotti che rispettano i livelli IP 6 e IP 7 il che significa che la bici potrebbe andare quasi sott’acqua. Non che lo si raccomandi, ma abbiamo costruito un prodotto che rispetta standard di resistenza all’acqua davvero alti. In termini di hardware, potrei dire che rendere il prodotto waterproof è la cosa su cui passiamo la maggior parte del tempo.
Crediamo che allo stato attuale delle cose stia diventando più difficile per un produttore di bici riuscire a creare una relazione con il cliente finale. Gran parte del business è online ed è ciò che ci ha spinti a realizzare un nostro sistema con una nostra interfaccia e con dei nostri sistemi di diagnostica, oltre che un nostro sistema di comunicazione. Abbiamo dovuto trovare i partner giusti per il motore e la batteria che ci aiutassero a creare quel sistema.
Qual è la tua bici dei sogni e… ti trovi ai meeting sulle batterie con Elon Musk?
Mi sopravvaluti! La mia bici dei sogni è quella bici che puoi prendere e utilizzare come una bici classica, che non sembri complessa da utilizzare. Credo che la bellezza dell’andare in bici sia la possibilità di staccare dalle altre cose. E la mia bici dei sogni, anche se è una eBike, è una bici che ti permette di scollegarti da tutto il resto ma che, al contempo, abbia tanta tecnologia, quasi come se fossi poi da solo con la bici immerso nella natura .