Saroléa testa la connessione 5G per il V2X
La nuova mobilità è alle porte, magari non a quelle più prossime delle nostre case ma prima o poi concetti come connettività e sostenibilità saranno sempre più pervasivi all'interno del settore automotive e prenderanno, probabilmente, piede molto presto tra le automobili e prima o poi arriveranno anche tra le moto. Uno degli aspetti più interessanti delle nuove tecnologie è quello del cosiddetto V2X, la comunicazione tra i veicoli e tutti gli attori dell'ecosistema stradale: pedoni e infrastrutture (semafori, ponti mobili, caselli, ecc.) compresi. È una sfida non soltanto sul piano della sicurezza, ma anche su quello della sostenibilità ambientale e transizione ecologica che dall'interconnessione tra i veicoli può ricevere un'ulteriore spinta propulsiva.
Detto questo, interconnettere i veicoli tra loro non è semplice, tutt'altro. Ci troviamo ancora in una fase, almeno nel settore motociclistico, di sperimentazione e non ci sono ancora – o meglio: non sono ancora disponibili sul mercato – certezze su alcuni aspetti applicativi, uno dei questi è il protocollo di comunicazione. Sì, perché le nostre moto del futuro per scambiarsi i dati che permettono il V2X dovranno essere connesse e lo dovranno essere in modo stabile, dinamico, sicuro e con elevatissime velocità e carichi di trasferimento dati. In Europa sembra che una delle migliori soluzioni per ottenere questo genere di performance sia quella di affidarsi alle reti 5G, mentre altre alternative prevedono l'uso di protocolli Wi-Fi IEEE 802.11p ma, in definitiva, il nodo sostanziale è quello di parlare tutti (auto, moto, infrastrutture) una “lingua comune”. È un tema tutt'ora in divenire ma che già da adesso fa molto discutere e sperimentare alle Case motociclistiche e all'industria delle telecomunicazioni.
Una delle ultime notizie è quella della sperimentazione che la belga Saroléa ha condotto su una delle sue moto elettriche insieme a Proximus e a Skyhaus/ML6, testando – dichiarano – con successo un'applicazione 5G, dotando una moto di un un modem 5G e di una telecamera per identificare, attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, persone, veicoli o ostacoli. Come riportato, la sperimentazione ha avuto buoni risultati e la connessione 5G è stata testata a diverse velocità e diverse distanze dall'antenna, con il 99% della precisione nel riconoscimento degli ostacoli, mantenendo una latenza (ovvero il ritardo di risposta) limitata. Questo test è certamente un passo avanti nella futura implementazione del V2X e della guida connessa, obiettivo per il quale in ambito moto è nato il consorzio CMC, ma lo spettro dei temi da affrontare è talmente ampio che certamente parleremo ancora - a breve - di molti altri aspetti legati all'interconnessione tra i veicoli, indipendentemente dal tipo di protocollo seguito per implementarlo.
Fonte: Proximus
Il giorno che c'è un glich nella connessione o che "l'intelligenza artificiale" fa cilecca chi paga il funerale ?
Non tutte le cose che tecnicamente si possono fare sono delle buone idee.
Questa storia della guida autonoma basata su sistemi di riconoscimento e connessioni wireless è una di quelle.