Auguri Pota!
Fino a San Severino Marche in carriera aveva fatto due quarti, due terzi e due secondi posti, rimanendo spesso nei primi dopo le gare iniziali, ma perdendo poi il primato per infortuni. Finalmente la chiusura degli Internazionali d’Italia ha consacrato Guarneri nell’albo d’oro dei campioni italiani, al termine di un bel torneo al quale è mancato solo la presenza continua degli altri due fuoriclasse azzurri David Philippaerts e Antonio Cairoli.
Quella del pilota lombardo è stata una affermazione meritata ma tutto sommata inaspettata, considerando quanto fosse sembrato in ritardo sia nella messa a punto della moto che nella preparazione fisica nell’apertura stagionale dello Starcross. Il Pota però non è nuovo alle sorprese, e anche stavolta ha tirato fuori il coniglio dal cappello assicurandosi un ambito riconoscimento, piazzandosi neanche a farlo apposta davanti al compagno di squadra Tanel Leok.
Con Davide abbiamo fatto una piacevole chiacchierata, ci ha fatto un po’ il punto della situazione prima dell’avvio iridato di Sevlievo, alla luce di un inizio d’anno dove ha dovuto far fronte ad una diversa marca di moto, ad un nuovo team e al cambio di cilindrata.
«Con la Honda avevo corso solo con l’85 a ruote alte perche verso la fine degli anni ’90 era molto più avanti delle altre minicross, quindi avevano tutti questa moto. Per il resto ho guidato quasi sempre Yamaha, prima come privato nella 125 poi nel team di Ricci a partire dal 2005».
Sette anni con le YZ, ti è dispiaciuto lasciare Yamaha?
«Sì, sia lasciare Yamaha che la squadra di Ilario. Però per le varie problematiche soprattutto finanziarie di questo periodo non abbiamo potuto fare altro che chiudere il nostro rapporto anche se sicuramente un po’ di dispiacere c’è, perché quando passi cinque anni in un team e ti trovi bene non fa piacere andare via».
Inizialmente mi sembravi un po’ preoccupato di questa nuova avventura.
«Più che altro perché ho usato la stessa moto per cinque anni e mi ero abituato bene a questo tipo di guida piuttosto arretrata. Nella Honda l’impostazione è completamente differente, è tutta avanti, e c’è stato un periodo di adattamento durante il quale ho fatto un po’ fatica. Non è ancora terminato, ma ogni volta miglioro un po’ e quindi sono contento. Ma penso sia normale, dopo tanti anni con una marca, quando cambia non è che sali sulla moto e la conosci subito come se l’avessi usata tutti i giorni».
Anche perché in più hai avuto lo scotto di dover guidare una 450.
“Non solo, alla fine ho cambiato tutto, team, cilindrata, moto, meccanici, persino il posto: dall’Italia al Belgio».
Il titolo degli Internazionali quindi è venuto a fagiolo.
«Si, proprio quest’anno che corro per un team che non era affatto interessato al campionato italiano. Però ho fatto un buon esordio a Montevarchi, e nonostante non fossimo pronti con tutto ho fatto delle belle gare anche con David e Toni, sono state proprio una bella preparazione per il Mondiale».
Dove fai base di solito?
«In Belgio c’è il quartier generale del team che a fianco ha anche il negozio. Io posso rimanere lì, preparare le moto e andare a girare con loro, ma per loro non c’è problema se qualche volta tengo a casa la moto. Il meccanico viene qui coi ricambi, e quindi giro un po’ anche in Italia come abbiamo fatto quest’inverno ad Alghero perché il tempo era più mite e ci si allenava bene».
Conti di rimanere più in Belgio o in Italia quest’anno?
«Penso che passerò più tempo nelle Fiandre, soprattutto a mondiale iniziato perché ci saranno gare quasi ogni settimana considerando che farò anche le otto prove del campionato belga».
Allo Starcross eri un po’ giù di corda perché eri piuttosto indietro con tutto, soprattutto col feeling con la moto, poi hai iniziato a prenderci la mano.
«Come motore mi sono trovato subito bene, sia come erogazione che come potenza. Con la 250 per fare certe cose visti i miei 78 chili più l’abbigliamento avevo sempre bisogno di potenza anche perché mi scontravo con ragazzini che pesavano in media sui 65 chili, mentre con la MX1 questo problema non c’è più. Col propulsore mi trovo bene perché il mio stile di guida non è aggressivo e l’erogazione è più docile quindi mi ha sicuramente aiutato. Come ciclistica è molto diversa da quella a cui ero abituato, e all’inizio ho fatto un po’ fatica. Però dobbiamo fare ancora un po’ di prove, perché tra gli allenamenti e le gare non abbiamo fatto ancora molti test, infatti stiamo ancora correndo con il motore standard, solo con la marmitta, non abbiamo avuto tempo di mettere a punto nient’altro».
Quindi la necessità più impellente è mettere a punto le sospensioni.
«Dopo i primi contatti con la moto di serie abbiamo deciso che era una buona base per fare l’allenamento invernale e le prime gare. Per l’ultima prova degli Internazionali sono arrivati i nuovi kit Showa e siamo partiti a fondo per metterle a punto sul duro, dopodiché ci focalizzeremo sulla taratura per la sabbia. Da poco è arrivato anche il motore da GP che mi è sembrato subito buono, anzi per il mio stile di guida in alto va anche troppo forte. Dovremo mettere un po’ più di coppia, però l’abbiamo solo provato per vedere la direzione da prendere, poi lavoreremo in quella direzione».
A che punto sei invece a livello di condizione fisica?
«Sicuramente meglio del 2009, perché l’anno scorso sono partito con gli allenamenti solo a metà gennaio a causa del ginocchio. Sono solo un po’ stanco perché il mio nuovo preparatore Marnicq Bervoets mi sta facendo lavorare tanto. I trainer che avevo prima infatti mi davano delle schede che dovevo seguire per tre settimane e li sentivo solo se avevo problemi. Invece Marnicq lavora per il team, sia per me che per Leok, e quando siamo in Belgio ci segue sempre, c’è più relazione e vede subito e in prima persona se ci sono dei problemi. Anche se secondo lui c’è sempre da andare a manetta e fare fatica, ogni settimana dice: adesso iniziamo a caricare».
Ti dà consigli solo sull’allenamento fisico o anche sulla guida?
«A 360°, viene anche a tutte le gare e quando è in pista è in grado anche di consigliarti le traiettorie migliori. Come persona è molto disponibile e comprensivo, non ti dice che devi fare le cose per forza, ti dà dei consigli ma se li vuoi seguire bene, se no puoi fare anche di testa tua».
E’ bello avere una guida di questo tipo.
«Per me sì, un problema che ho sempre avuto in passato, soprattutto i primi anni, è infatti che non ho mai avuto nessuno al mio fianco. Ero sempre da solo e magari facevo degli allenamenti troppo intensi in certi periodi o troppo poco in altri, oppure giravo sempre con le solite traiettorie dall’inizio alla fine. Diciamo che ora la sua presenza mi dà una mano, adesso ho anche la mia esperienza però ho già visto che è in grado di dirmi delle cose che da fuori si vedono e tu non puoi vedere. D’altronde è l’esperienza di uno che ha fatto tre o quattro volte secondo al mondiale e ha quindici anni di esperienza in team ufficiali».
I risultati mi sembra che si siano visti. A parte Mantova, che era un po’ tutto da mettere a punto, per il resto un po’ alla volta ti sei messo in carreggiata.
«Diciamo che sul duro non è andata male. Non solo negli Internazionali d’Italia ma anche a Valance dove c’erano tutti la mia velocità è stata discreta. Finché non inizia il Mondiale non voglio sbilanciarmi, ma come punto di partenza è buono. Adesso dobbiamo vedere solo gli altri, dove e se faranno la differenza, di conseguenza saprò dove c’è da lavorare».
Da un team emiliano ad uno belga: com’è l’ambiente?
«Il team Honda LS è strutturato in maniera un po’ particolare, il team manager gestisce infatti anche il negozio e i meccanici gestiscono anche la parte dei ricambi mentre lo sviluppo del motore lo fanno fare al di fuori. Comunque mi trovo bene, ho un buon rapporto con il mio meccanico e con Marnicq, che sono le persone con le quali passo più tempo, e non ho problemi particolari. Certo in quello di Ilario ti sentivi più in famiglia, ora c’è un legame più professionale e meno vicino».
Sicuramente non ti dà certo fastidio il tuo compagno di squadra, visto che non parla mai.
«Tanel l’ho conosciuto bene quest’anno, è abbastanza riservato ma sembra una brava persona. Alla fine due parole le abbiamo scambiate, è tranquillo e non è male. E poi sta andando molto forte, per me è meglio perché allenandomi con uno che va forte imparo di più».
Veniamo al Mondiale: che obiettivi ti sei posto?
«Onestamente non ne ho la più pallida idea. Dalle prime gare abbiamo visto che Cairoli c’è, che Philippaerts è andato forte, che Ramon sarà uno di quelli che in classifica ci sarà sempre, per cui per ora posso dire di voler cercare di finire più manche possibile. Se c’è una pista dove non mi trovo bene o scivolo cercherò di fare dei punti, mentre nelle gare dove c’è la possibilità di lottare con quelli buoni cercherò di portare a casa dei risultati importanti. Saranno tutte gare da lottare con piloti molto veloci, per cui dovrò continuare a crederci e non fare grossi errori».
Forse dopo tanti anni con la 250 il passaggio alla MX1 ci voleva.
«Effettivamente il cambio di cilindrata non mi ha spaventato. Come motore, per la mia guida e per la mia stazza, è più adatto, è più la mia moto. Diciamo che il problema tra virgolette, perché non è un problema, è il campionato. Quest’anno la MX1 è un campionato per chi ha le palle, perché al via ci sono tutti i migliori».
E’ vero, anche se poi col passare dei GP i contendenti al titolo si riducono.
«Sì, però può succedere che puoi fare tante belle gare senza neppure arrivare tra i primi cinque. L’anno scorso infatti dopo tutti gli infortuni che ci sono stati, quando facevi un decimo o un undicesimo ti sembrava di aver fatto una brutta gara. Quest’anno invece se rimangono tutti attivi se fai decimo o undicesimo con al via dodici o tredici piloti ufficiali puoi dire di aver fatto una buona gara. Come al solito fino a che non parte il campionato non si riesce mai a vedere bene come sono in realtà i valori in campo».
Quest’anno però avrai un avversario che è un tuo amicone.
«Immagino che ti riferisca a David Philippaerts. Lottare con lui vorrebbe dire andare già molto forte perchè parte già con l’esperienza di un primo e un quarto posto al mondiale. Quest’anno lotterà proprio per vincere, perché si è visto che l’anno scorso non era contento del suo quarto posto. Io spero di combattere con lui, se lui fa un bel risultato e io perdo anche di poco a me sta bene. Sicuramente saremo in combutta, poi lui è anche uno agonista, sanguigno e a me il motocross piace anche con un po’ di aggressività. David di stupidate grosse non ne ha mai fatte, quindi fare due o tre “sportellate” con lui non mi dispiacerebbe. Speriamo di fare tutti e due un buon campionato».