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ASI a Varano, grandi campioni e grandi moto
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Il consueto appuntamento con la storia organizzato dall’ASI è ulteriormente cresciuto come importanza, confermandosi tra gli eventi più significativi a livello mondiale | Massimo Clarke
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ASI Motoshow
La decima edizione di ASI Motoshow ha visto una partecipazione di piloti e di moto ancora più nutrita e qualificata rispetto ai livelli già eccellenti del passato, al punto che è impossibile sintetizzare ciò che si offriva agli occhi dei visitatori. Già, perché alle ricorrenze, come i cento anni della Benelli, con tanto di moto che hanno fatto la storia della grande Casa pesarese, si è aggiunta una presenza di campioni quale mai si era verificata prima d’ora. Anche perché per quasi tutti loro si è trattato non solo di scendere ancora in pista e di riprovare sensazioni mai dimenticate, ma anche di incontrare nuovamente tanti vecchi amici.
Piloti che hanno fatto la storia
Molti i nomi illustri del mondiale, arrivati da ogni parte d’Europa, tra i quali spiccavano quelli del pluricampione iridato Phil Read, di Kel Carruthers e di Freddie Spencer (giunto apposta dagli USA), per non dire di Remo Venturi e di Pierpaolo Bianchi, tanto per citarne alcuni. E poi, c’erano tanti protagonisti dei campionati italiani seniores e juniores del periodo compreso tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Ottanta. Accanto a piloti conosciuti dal grande pubblico, altri noti solo agli addetti ai lavori e agli appassionati più “tosti”, ma non per questo meno significativi. Moto per tutti i gusti. Alcuni esempi...
In quanto alle moto, ce ne erano per tutti i gusti, tanto da strada quanto di serie. Oltre alle numerose Benelli, come giusto per un marchio che festeggiava i 100 anni di vita, le meravigliose MV da Gran Premio a tre e quattro cilindri della scuderia Elli, varie generazioni di Suzuki RG 500, Yamaha bicilindriche di ogni tipo e di ogni età, splendide inglesi, eccezionali rappresentanti della tecnologia teutonica, e via dicendo… Insomma, impossibile elencarle tutte. Da appassionato, tanto della storia quanto della tecnica della moto, mi limiterò ad alcuni esempi che mi appaiono significativi (ma chissà quanti altri me ne sono sfuggiti…).
DEMM 50 bialbero da competizione
Dunque, impossibile non parlare di una meravigliosa DEMM 50 bialbero da competizione, nella versione a dodici marce (un solo esemplare prodotto, nel 1962). Questo autentico gioiello di meccanica era stato realizzato partendo dalla versione a sei marce e dotandola di un sistema che consentiva di raddoppiare il numero dei rapporti. Ciò era ottenuto grazie a un terzo albero, posto all’uscita del cambio e dotato di due ingranaggi, che venivano resi solidali con esso alternativamente, per “splittare” ognuna delle sei marce in modo da ottenerne due. Il motore era un autentico gioiello, con i due alberi a camme alloggiati in un castello in lega di magnesio e azionati da un alberello, due coppie coniche e una serie di ingranaggi orizzontali.
Jawa 500 bicilindrica bialbero
Un altro pezzo eccezionale era la Jawa 500 bicilindrica bialbero degli anni Cinquanta, rarissima e caratterizzata da una raffinatezza tecnica straordinaria, a cominciare dall’albero a gomiti formato da una serie di parti unite con il sofisticato sistema Hirth, a denti frontali e viti a doppia filettatura con passo differenziato. Roba da mal di testa… Per restare nell’ambito di questa Casa (che se avesse potuto disporre di altri mezzi avrebbe ottenuto ben altri risultati, a livello mondiale), una bella 350 a due tempi a quattro cilindri a V, della fine anni Sessanta, con ammissione a disco rotante e raffreddamento ad acqua.
AJS 7R 350 e Matchless G50
Tra le inglesi, spiccavano svariate AJS 7R 350 e Matchless G50 monoalbero, anche nella bella versione con telaio Seeley. E naturalmente, Norton Manx e International. E poi bellissime Velocette, tanto di serie (Thruxton 500, a camma rialzata, purosangue dei primissimi anni Sessanta), quanto da GP, con tanto di distribuzione bialbero.
Parilla 250 bialbero
Michelangelo Pochettino esibiva nel paddock alcune delle sue straordinarie chicche, come una Parilla 250 bialbero, con tanto di basamento in magnesio e una Mondial 175 bialbero del 1956.
Aspes 125 stradali
Simpatica una parata di Aspes 125 stradali. Alla Casa di Gallarate va il merito di avere lanciato il giovanissimo Loris Reggiani, con il suo trofeo monomarca che si correva con le Yuma, e di essere stata la prima italiana ad impiegare l’ammissione lamellare.
DKW da competizione a cilindro sdoppiato
Bellissima e rara una DKW da competizione a cilindro sdoppiato d’anteguerra, con raffreddamento ad acqua. Di questa Casa tedesca, che è stata a suo tempo la più grande del mondo e che è stata a lungo il massimo riferimento in campo duetempistico, era presente anche una bella 350 bicilindrica stradale degli anni Cinquanta.
Laverda
Come al solito era schierata in forze anche la Laverda, con tante belle protagoniste delle gare di durata e per derivate di serie degli anni Settanta. Qui non poteva mancare l’uomo simbolo della Casa veneta, Augusto Brettoni, trionfatore tra l’altro nella durissima 24 ore di Barcellona del 1971, in sella alla bicilindrica 750.
Benelli
Nel nutrito gruppo delle Benelli, tanto d’anteguerra che del periodo successivo, spiccavano le quadricilindriche 250 (mondiale 1969 con Kel Carruthers), 350 e 500 (quest’ultima anche nella versione con la quale corse Saarinen).
Motobi a cilindro orizzontale
E non potevano mancare naturalmente le Motobi a cilindro orizzontale, splendide protagoniste dei campionati juniores e della montagna negli anni Sessanta, e le loro rivali Aermacchi Ala d’Oro e Morini Settebello.
Tra i vecchi amici incontrati dopo tanto tempo, è stato bello rivedere il veloce e coraggioso Gino Tondo, alfiere della Motobi, con la quale ha vinto tanto da junior, prima di diventare ottimo protagonista delle gare nazionali seniores con le bicilindriche HD 250.
Sicuramente belle, nella loro linearità progettuale e costruttiva, le moto di Stradella, ossia le Alpino, che a suo tempo hanno goduto di una buona diffusione a livello nazionale, e le meno note Ardito. Avanzatissima per i suoi tempi (è apparsa nel 1949) la CM bicilindrica a due tempi, costruita a Bologna da una ditta piccola ma dall’eccellente livello qualitativo.
Yamaha 250 e 350 TD e TZ
Numerosissime quelle che sono state le “armi” più impiegate dai piloti privati durante gli anni Settanta e Ottanta, ovvero le bicilindriche Yamaha 250 e 350 TD e TZ. Semplici, robuste e tremendamente efficaci, erano anche belle da vedere e avevano eccellenti doti di guida; hanno davvero segnato un’epoca irripetibile.
Kawasaki
Assai valide anche alcune Kawasaki; si trattava tanto delle tricilindriche 750 degli anni Settanta, quanto delle bicilindriche in tandem 250 e 350, protagoniste dei GP dal 1978 al 1982.
Suzuki da GP
Tra le Suzuki da GP, molto bella una RG 500, già appartenuta ad Alex George (che ci ha anche vinto un TT), restaurata con straordinaria abilità dal mitico Ennio Togni. Spicca nella storia per essere stata l’unica quadricilindrica giapponese a gareggiare con l’elefantino della Cagiva sul serbatoio…
Ducati
E poi, naturalmente, non potevano mancare le Ducati, dai monocilindrici ai bicilindrici con distribuzione ad alberelli e coppie coniche, alle splendide e veloci TT2, per finire con le realizzazioni dell’era superbike.
Varano 2011
Che peccato!