È morto Guido Mancini, il mago
L'avevo conosciuto da pilota, negli anni Settanta, quando era tra i protagonisti del campionato italiano nelle piccole cilindrate, 50 e 125. Campione italiano nel 1977 con la Iprem 50. Uno di quei piloti leggeri che vengono dalla Romagna e dalle terre limitrofe come il pesarese: taglia da fantino, battuta pronta, l'arte delle meccanica assorbita nel reparto corse Benelli prima e MotoBi poi. Alta scuola, a saperla capire.
Fu lui, che aveva le mani d'oro, a creare la Sandroni 125, realizzazione artigianale motorizzata Rotax con la quale Valentino ha scoperto le moto da corsa. Fu Guidino (così era conosciuto) a passare al giovane Rossi l'arte della guida del due tempi, ed era stato Mancini ad avviare Loris Capirossi alle prime gare dopo averlo conosciuto al MotoShow del 1987. Quella volta la moto era la 125 Mancini.
È stato capotecnico del team Scot, vincente con Bruno Casanova; ha conquistato un europeo con Andrea Dovizioso e l'Aprilia 125 nel 2001 e poi ancora tre anni dopo con Michele Pirro.
Nel 2016 era stato realizzato su di lui un docufilm: visibile su Netflix e su Amazon Prime e diretto da Jeffrey Zani. Con la simpatia e la passione che tutti conoscevano, Guido raccontava la sua vita tra l'officina e la pista, i numerosi aneddoti di una esistenza intera e la sua capacità di parlare con i motori. Sempre restando un passo indietro perché non amava la ribalta.
Sappiamo che Guido seguiva il nostro sito e in particolare, prima di essere ricoverato, l'appuntamento con DopoGP. Ai figli, alla numerosa parentela e a tutti i suoi amici che frequentavano la piccola officina del mago Mancini in via Madonna di Loreto, arrivi l'abbraccio affettuoso di tutta la redazione.