Nico Cereghini: “Raduni invernali, il fascino del gelo”
Ciao a tutti! I raduni invernali, il treffen, brrr! Eppure gennaio e febbraio sono ricchi di eventi e il calendario è fitto da dicembre fino a marzo. Il termine tedesco “treffen” significa incontro. Dall’Elefanten - questa volta in programma dal prossimo 30 gennaio al 2 febbraio a Thurmansbang - il marchio si è esteso all’Agnello, al Po, al Terminillo, alla Maiella, alla “Terronia”... Senza contare naturalmente i raduni che il treffen, nel nome, non l’hanno.
Ci sono motoraduni invernali in ogni regione italiana: raduni severi o più soft, ad alta quota o al livello del mare. La scelta è ampia. Ma cosa spinge questi radunisti appassionati del freddo? Pochi capiscono il fascino di queste avventure “fuori stagione” e forse vale la pena di approfondire un po’.
Personalmente comprendo bene il fenomeno e mi sento affine. La moto l’ho sempre usata dodici mesi l’anno, partecipavo negli anni Ottanta al Cimento Invernale sul passo della Cisa, prima ancora andavo a sciare in giornata, gli sci appoggiati sul pianale della Vespa, con un compagno di liceo (oggi sarebbe sanzione sicura) e ho girato sulla pista gelata di Monza a febbraio, con la V7 Sport e Vittorio Brambilla, a suo tempo.
Il freddo mi ha sempre affascinato. Anche se da piccolo, a dire la verità, ero freddoloso, specialmente ai piedi: avevo gli scarponi da sci Pirelli di gomma con i primi ganci, un fiasco, alla Pirelli neanche se li ricordano… Ma il freddo non mi ha mai fermato, anzi l’ho cercato e persino amato. E nel tempo ho capito che il freddo non esiste, esiste soltanto il cattivo equipaggiamento, come dimostra Marco Buttu nel suo video dall’Antartide a -90 gradi. Da vedere.
Cosa spinge i radunisti invernali? Credo che la voglia di mettersi in gioco sia la prima motivazione, poi c’è la ricerca del limite personale, di quello della moto e della tecnologia applicata all’abbigliamento, il gusto dell’avventura e della sfida, magari anche un pizzico di esibizionismo. Sono più o meno le stesse motivazioni di chi con la moto va a correre la Dakar o la 24 Ore di Le Mans. O degli alpinisti che, all’estremo, tentano la prima arrampicata invernale sulla parte nord dell’Eiger o inseguono gli Ottomila.
Si può condividere o meno, la 24 Ore l’ho fatta diverse volte, la Dakar e l’Eiger invece no, ma sono imprese che comprendo e che accetto. Naturalmente se non si sconfina nella esaltazione: è sciocco dire che il vero motociclista è solo quello che va all’Agnello Treffen, come asserire che il vero pilota è quello delle road races e nessun altro. Tutti siamo veri motociclisti, anche quelli che usano la moto da maggio a ottobre.
E allora, già che ci siamo, qual è il vero motociclista? Chi ama la moto, ama il viaggio e la strada, rispetta il prossimo e le regole. Chi si sente membro di una grande comunità, che è variegata ma sa parlare lo stesso linguaggio. Chi sa aiutare quando serve e salutare, appena è possibile, il compagno di passione.