In viaggio con le Triumph T100 e Scrambler
Le buone moto sono come il rock’n roll: non invecchiano, non stancano, al limite trovi sempre qualcuno disposto a dire che sono superate e poi invece sono sempre lì, a guardare dall’alto in basso i newcomers pieni zeppi di novità e di nuovi modi di comunicare quello che poi è lo stesso concetto: andare su due ruote è pura goduria. Ne abbiamo avuto la riprova nel nostro itinerario siciliano che abbiamo pubblicato qui.
Proprio perché le Triumph classiche ci sembrano familiari come il rock’n roll, fa strano scrivere queste note il giorno della scomparsa di Lou Reed, uno che il rock’n roll lo ha cantato per trent’anni. Forse a lui queste moto sarebbero piaciute e ci piace pensare che ne avrebbe apprezzato il look come la maggior parte dei passanti che abbiamo incontrato durante il nostro test: quasi impossibile fare una breve sosta senza dovere rispondere a domande o a sguardi di approvazione, per non parlare dei veri e propri moti d’invidia di attempati turisti che forse queste moto le hanno viste correre nelle loro versioni negli anni Sessanta senza peraltro averle mai avute sotto il sedere come noi, invece, che abbiamo guidato per oltre 650 chilometri una Bonneville T100 e una Scrambler, versioni 2014, attraverso un percorso estremamente vario: statale tutta curve, città, autostrada, sterrati.
Bonneville T100
La T100, che viene 9.625 euro, è una moto che non tradisce quello che promette: si incarica di portarvi da un luogo all’altro con stile, piacere e naturalezza. La posizione di guida è comoda, mentre il motore è vivace senza intimorire. In città la T100 può tranquillamente fare la moto da diporto, maneggevole e gestibilissima, mentre nelle statali da 90-100 km/h diventa intrigante e inaspettatamente insolente quando, a dispetto delle sezioni degli pneumatici non esattamente da MotoGP, regala pieghe sicure e fluido divertimento senza dovere forzare ogni frenata o spremere le marce fino al limitatore. A queste andature la stabilità è irreprensibile e non viene mai meno l’insospettabile efficacia frenante della modulabile coppia di dischi anteriore e posteriore. È questo l’ambiente ideale della T100, lunghe passeggiate ad andature allegre attraverso statali piene di sole, godendosi il gustoso e rinnovato rombo di scarico, la prontezza all’apertura del gas, lo scarso impegno mentale e fisico, il fatto che a fine giornata ti sei divertito come un matto e hai consumato molta meno benzina di quanto avresti temuto.
In autostrada la T100 fila serena a velocità codice ma lo capisci che la stai annoiando, che lei obbedisce sentendosi sprecata ad andare solo dritto; eppure potrebbe procedere ininterrottamente fino alla fine del carburante tanto sembra autorevole e sciolto il suo avanzare. Vibrazioni non pervenute, macchie d’olio sul pavimento del garage nemmeno: le T100 di cinquanta anni fa sono lontane e viene da dire meno male. Il passeggero, inoltre, ne dice un gran bene anche grazie al maniglione posteriore e alla sella accogliente che permette di rilassarsi e di godersi la gita stando sullo stesso piano del conducente, potendoci parlare anche senza interfono, bluetooth, e tutta quella roba che negli anni Sessanta non era nemmeno immaginabile.
Scrambler
Se la Scrambler, venduta al medesino prezzo della T100, vi sembra soltanto una variazione sul tema Bonneville, siete completamente fuori strada. Le diverse quote ciclistiche, le sospensioni con maggiore escursione, il manubrio alto e largo che Steve Mc Queen vi offrirebbe una birra, il motore dalla erogazione dolcissima ma senza rinunciare alla forza estrattiva fuori dalle curve e il lungo ed evocativo scarico rialzato dal tono civilissimo, ne fanno una splendida moto da turismo e da evasione, oltre che una comoda e stilosa motocicletta cittadina che vi farà venire voglia di andare a lavoro ogni mattina. Ma con lei. Solo in autostrada l’abbiamo trovata meno rigorosa della sorella T100 soprattutto in presenza di forte vento e solchi, ma niente di preoccupante.
Il suo ambiente ideale è la statale tormentata, il passo alpino oppure la missione esplorativa per conto di Dio. Nelle curve è maneggevole più della T100 anche se l’altro lato della medaglia è una minore solidità in appoggio pur rimanendo una moto sicurissima e oltremodo divertente. Se poi avete di fronte una strada a fondo naturale, bene: è il momento di fare sul serio e di godervi la vita in riva a quel laghetto che nessuna moto stradale potrebbe raggiungere con la stessa scioltezza. A noi è piaciuto guidarla con inserito il quarto dei cinque rapporti, sentendo le pulsazioni del suo bicilindrico ad ogni apertura di gas, facendo oscillare la lancetta del contagiri tra i 2.000 e i 4.500 giri e provando quelle sensazioni di velocità e dinamica che in sella ad altri mezzi o sono assenti del tutto o abbisognano di almeno cento cavalli e tanta aggressività per essere tirate fuori.
Anche nel caso della Scrambler i consumi sono ottimi, superando largamente i 20 km/litro con un utilizzo senza riguardi alla parsimonia. Nonostante la posizione apparentemente più rialzata delle pedane rispetto alla Bonneville, chi siede dietro trova comodo e confortevole il posto del passeggero e ne scende rilassato anche dopo centinaia di chilometri percorsi senza soste se non quelle dei rifornimenti.
Delle due belle bicilindriche inglesi abbiamo apprezzato il fascino e la sincerità: quello che fanno lo fanno bene e non si è costretti a cercare altro, appagati fin dal primo contatto con le manopole dalla sensazione di avere sempre guidato una Bonneville T100 o una Scrambler.
Difetti ne avranno pure loro, ma nessun brano rock’n roll è mai stato perfetto e in fondo questo è stato il marchio distintivo e il maggior pregio di molti artisti dalla spiccata personalità, Lou Reed compreso. Il faro della Scrambler, per esempio, potrebbe essere più efficace o il bloccasterzo essere meno scomodo e inserirsi con la stessa chiave di contatto; e manca l’Abs. Ma tutto questo aumenterebbe il piacere di guida? Secondo noi, probabilmente no: queste moto sono tutto quello che vogliono essere in termini di stile e utilizzo, sincere come il vostro specchio la mattina e comunque per pieghe estreme, accelerazioni da dragster, traversate transcontinentali e quant’altro ci sono moto più adatte: per tutto quello che fa rima con feeling e gusto, queste due Triumph sono perfette. E ci fate anche un figurone.
Foto di Antonio Chinnici e Massimo Sciuto
zero capacità di carico
sia per il we al mare, sia nell'uso cittadino, almeno una borsa morbida la devi avere... oppure devi tirarti dietro lo zainetto ed è una bella rottura...
il problema è che, per non rovinare l'estetica, il bauletto è una bestemmia e in quanto a borse puoi giusto montare quelle piccine in pelle (e forse nemmeno, con quegli scarichi alti della scrambler...)
va bene da seconda moto, per chi se la può permettere...
...scarico scrambler out...
sembrano proprio due tubi per spillare la birra...
non capisco come in tutto questo tempo non abbiano trovato un sistema meno voluminoso, con un certo risparmio di peso ed una migliore mobilita' da parte del pilota ( specie sullo sterrato ).
vero che lo scrambler e' un super classico, ma oltre allo scarico andava modificata anche la sella, non tanto sulla comodita' di cui non discuto, ma nella linea, trovo piu' consona una forma tipo ducati scrambler anni 70.
tempo fa ho visto una triumph scrambler con uno scatrico after
market ( singolo ), ebbene, tutta un'altra cosa, piu' equilibrio tra la parte sx e la dx, moto piu' slanciata e tono di voce piu' aggressivo.
...eppure la moto era sempre quella...
per il resto non mi dispiacciono ma neanche mi convincono.
lamps a tutti.