6 Giorni Internazionale di Enduro

ISDE 21 Italia. La 6 Giorni non è mai una Waterloo

- Dedicato a quelli che non ce l’hanno fatta. Sei giorni è un lungo viaggio. Mai certo. Il ritiro è parte del gioco, per l’Olimpiade dell’Enduro vale il principio di De Coubertin. Il “caso” Enduro Republic e il commento di Giovanni Bussei

Rivanazzano Terme, Pavia, 3 Settembre. ISDE 2021 Italia. Se sei un Pilota ufficiale non sei libero di scegliere. Vincere, contribuire alla vittoria, nella peggiore delle ipotesi combattere fino allo stremo per un piazzamento o un risultato utile alla causa, è il tuo “lavoro”. (***Per “causa” si intenda la squadra, la nazione, il moto club, in ogni caso chi ti paga).

Se sei uno dei 600, invece e nel caso della Sei Giorni, la realtà è diversa. Assai meno talebana ed enormemente più aperta. Come per la Dakar, dopo quello di partecipare l’obiettivo più diffuso è quello di finire la Gara. Ma immaginate: 650 partenti. Impossibile che tutti finiscano. Allora anche arrendersi è nel paniere. Quel che voglio dire è che un ritiro non dovrebbe avere alcun nesso con una criticabile debolezza, sia essa umana, meccanica o di fantasia della sorte. Tutto dovrebbe far parte del gioco nel ventaglio delle sue emozioni. Giuste soddisfazioni e deglutibili dispiaceri, meno euforia e nessun dramma.

In fondo la 6 Giorni è anche una Festa. Poi si è uomini, ci si entusiasma e dispera anche per molto meno.

Comunque, ecco un esempio di “resa” che non è né vergognosa né disonorevole. È quello che è, conseguenza di niente e parte di tutto in un’esperienza come tale sempre vincente. Sei giorni di vittorie è una bella cosa, tre o quattro di birre tra amici non lo è di meno. Anche se si frantumano motori, telai e sogni.

Ecco la piccola parabola. Giovanni Bussei, un… presente di mille gare di Superbike e Supermoto, #770, Paolo Bergamaschi, anima e genio a due carburatori, #870, e Vittorio Veggetti, detto "Lollo" e vorrei sapere perché, #970, si presentano con dei mezzi “strani”. Due BMW di ispirazione replica RW e, Bussei, una Harley Davidson replica Bussei (ne ha un’altra che è prototipo e muletto). Il mago delle Beeme (alla franscese) è Paolo B, l’Harley in questione è protetta niente meno che dal Rosso (“B” chi? Rosso chi? Ma devo dirvi tutto io? I loro nomi sono cultura generale!).

Le tre Moto sono nate quando cuori e intelligenze si nutrivano di Dire Straits e U2, su vinile, e suonano come un Thorens! Hanno fatto tutto i Piloti, ma quasi casualmente (il destino non lascia niente al caso) i tre convergono nel Team assistito da Enduro Republic. Diventa anche una questione di immagine, si sa, e quindi di contratti. Presidente presente, Bergamaschi e Veggetti firmano per 1 milione, 3 se finiscono la gara. Non è previsto un premio in caso di vittoria. Bussei, invece, è stato strappato alla concorrenza. Lo voleva a tutti i costi il Paris Saint-Germain Motorsport, quindi Napodano ha messo sul tavolo la proposta indecente: 6 milioni secchi, nessun premio e un contratto con decorrenza 28 agosto e scadenza 4 di Settembre. Niente, era un incubo, l’Enduro della Formula 1.

Il MAN con i colori opachi di Enduro Republic campeggia in fondo alla pista del paddock di Rivanazzano, accanto il mezzo di assistenza del Moto Club Gilera Arcore, di lato l’ospitalità di qualcun altro. Atmosfera neorealista di guerra e grande pace, Underground di Kusturica e Bregovic.

Il primo giorno Bussei brucia la frizione, il secondo apre il telaio all’altezza delle pedane. Contestualmente Paolo B, che guida la sua creatura, si “arrende” con le piastre della forcella tranciate. Provate voi a guidare con le pedane penzoloni in terra o forcella e ruota anteriore che se ne vanno per i fatti loro. Il terzo giorno la BMW di Veggetti finisce negli abissi di un “guado” e aspira un container di acqua. Finisce in Parco chiuso a due secondi dal tempo massimo dopo che il Pilota l’ha smontata mezza, raccolto i pezzi e spinta sboccando sangue fino al CO. Finirà di rimontare tutto in quel quarto d’ora del mattino prima della partenza, armato di… fretta, istruzioni e arnesi fornitigli da Paolo. La Moto riparte, ma è un miracolo e anche un jolly. La sua corsa, infatti, finisce più avanti per un danno irreversibile alla trasmissione.

Sotto la tenda verde luglio cale un silenzio anomalo, introspettivo. È distanza sociale emotiva. Ci vuole il terzo cartone di Corona per ristabilire il corretto livello di considerazione della vita. Che va avanti spedita e visionaria. Si parla di una “rivincita” all’Elba, nell’aria tre bicilindriche dell’Est declinate AER, Atelier Enduro Republic.

Né vergogna né disperazione. Se se ne stavano tutti a casa non avrebbero rotto niente. Ma non avrebbero vinto lo stesso e in più si sarebbero persi un capitolo del gusto della loro vita. Dovremmo pensarci tutti i giorni, e probabilmente due volte prima di aver paura o di una qualsiasi rinuncia.

Giovanni Bussei’s Trivia and Thoughts

… ho sempre avuto l’idea di una Harley da cross. Poi l’ho avuta e sono venuto a girare con Bergamaschi. La moto è entrata nel giro dell’amicizia. Giri d’inverno, tramonti speciali…

… nel dicembre 2011 durante una gita ho provato un’XR. Poi sono tornato e tutti con le “moderne”. È diventata una gara e mi sono rotto una cervicale, così abbiamo deciso che avremmo fatto solo passeggiate e siamo tornati ai “vecchi ferri”. Non facciamo più brutte corse, solo bellissime passeggiate…

… la 6 Giorni è nata dal concetto di stare insieme. Bei giri tra amici, bei posti, molta Moto e qualche brindisi…

… anche i “vecchi ferri” diventano da corsa. Mi chiama Paolo e mi dice che c’è la 6 giorni a casa sua. La facciamo? Con i Ferri? Bene, complichiamoci la vita. Nessuna modifica all’Harley delle passeggiate. Due cinghie per il recupero, una sistemata all’impianto elettrico…

… mi diverto sempre, con questa Moto. È come un gioco. Certo, alla 6 Giorni ci si diverte meno. Perché non è un gioco. Ho fatto fatica, il primo giorno molta. Poi, alle gare non ci si diverte mai, si corre per un obiettivo diverso, tipo vincere come ho fatto mille anni fa. Però mi piace, c’è un’attrazione…

… l’Enduro non è mai stato al centro delle mie attenzioni. È affascinante ma forse non è per me. Mi piace andare forte, la velocità. Qui non è così. Però c’è la questione dell’amicizia, del gruppo, del divertimento…

… è una roba forte. Sette ore in moto tutti i giorni. Non vai al massimo, ma sei sempre sotto pressione. Ora no, ma magari più avanti. Beh, l’anno prossimo non posso fare più gare Mondiali perché avrò cinquant’anni. Ma che roba è? Allora chiamatelo Mondiale Under 50!...

… la Dakar? Ora per me sarebbe velocità e rischio. Ho smesso di fare la velocità quando ho deciso di avere dei figli. Magari da vecchietto, quando fossi in grado di prenderla come mototurismo, come una di queste “passeggiate” …

 

© Immagini pb

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