Le Guazzoni che hanno lasciato il segno
Nella storia del motociclismo non mancano certo gli esempi di aziende di modeste dimensioni che hanno lasciato un segno profondo grazie ad alcuni modelli di grande successo o ai risultati sportivi.
Un caso molto significativo è quello della Guazzoni, attiva dal 1950 al 1976. A questa casa milanese va il grande merito di avere prodotto per prima in Italia un modello di serie a due tempi con l’ammissione controllata da un disco rotante, proprio come quella adottata dalle moto da Gran Premio che negli anni Sessanta hanno ottenuto tanto successi sulle piste di tutto il mondo.
Questa soluzione tecnica è stata lanciata dalla tedesca MZ che, a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, ne ha fatto conoscere universalmente l’indiscutibile validità; ciò ha portato in breve tempo alla sua adozione da parte di praticamente tutti i costruttori di moto da corsa.
In effetti la casa tedesca non è stata la prima a proporre qualcosa di questo genere. Già nei primi decenni del secolo XX c’erano state alcune proposte non molto dissimili, ma non si erano affermate. È stato il tecnico Daniel Zimmermann, nei primi anni Cinquanta, a sviluppare e ad impiegare per primo una valvola a disco rotante nella configurazione che è stata rapidamente ripresa dalla MZ e che quindi si è imposta sulle moto da competizione.
Negli anni Sessanta i costruttori giapponesi hanno venduto decine e decine di migliaia di moto di piccola cilindrata nelle quali l’aspirazione era controllata da valvole di questo tipo.
In Italia però per lungo tempo è stata solo la Guazzoni a produrre moto con l’ammissione a disco rotante.
Aldo Guazzoni aveva iniziato a costruire moto negli anni Trenta, impiegando motori inglesi Calthorpe.
Nel dopoguerra è diventato concessionario della bolognese Morini, casa con la quale ha sempre mantenuto eccellenti rapporti, ma rapidamente ha ripreso a produrre moto con motori di propria fabbricazione.
Dopo una 250 a due tempi costruita in un numero assai ridotto di esemplari nel 1950 e 1951, ha realizzato un modello di 150 cm3, sempre a due tempi, che nel 1953 si è evoluta nella Grifo. Un altro monocilindrico significativo aveva una cilindrata di 175 cm3 ed è stato anche realizzato in una versione sportiva denominata Bol d’Or, presentata alla fine del 1952.
L’attenzione dell’attivissimo costruttore milanese si è naturalmente rivolta anche al settore dei ciclomotori; nel 1955 un cinquantino Guazzoni ha conquistato una serie di primati mondiali sulla pista di Monza. Risale allo stesso anno una bella monocilindrica a quattro tempi di 200 cm3, dalla quale in seguito è stata derivata una versione di 175 cm3, costruita anche in versione Gran Sport.
Dopo un periodo difficile per tutte le case italiane, nel 1965 è apparso un modello che non solo si è subito imposto alla attenzione generale ma è anche rapidamente diventato il sogno dei giovani appassionati più sportivi per la sua tecnica unica e per le sue brillanti prestazioni. Si trattava di un ciclomotore denominato Matta, un nome destinato a diventare famoso, azionato da un motore dalle caratteristiche degne di una moto da Gran Premio, con ammissione a disco rotante e scarico posteriore (come sulle mitiche MZ). La versione “codice” aveva una potenza limitata a 1,5 cavalli, ma quella libera (ovvero “export”) disponeva di 6,5 CV a 10.000 giri/min. In questo motore l’alesaggio era di 41 mm e la corsa di 37,5 mm, il cilindro era in ghisa, la trasmissione primaria a catena e il cambio del tipo con presa diretta.
Nel 1967 al posto delle precedenti 50 e 75 la FMI ha varato una nuova classe di cilindrata, la 60, con la quale per alcuni anni si sono corsi sia il campionato cadetti che quello della montagna.
Rapidamente la Guazzoni ha realizzato una nuova versione da corsa di 60 cm3 del suo eccellente cinquantino, con alesaggio portato a 45 mm, che ha ottenuto importanti successi e che è stato impiegato da numerosi piloti. Tra le migliorie apportate nel successivo sviluppo del motore vanno segnalate una nuova testa con alettatura a ventaglio, un cambio a sei marce (inizialmente disponibile in alternativa a quello a quattro, con un sovrapprezzo) e, dal 1968, una trasmissione primaria a ingranaggi al posto della precedente a catena. Questa ultima modifica ha comportato l’inversione del senso di rotazione dell’albero a gomito, che infatti ora girava all’indietro. Le moto da competizione con questo tipo di primaria (che non ufficialmente venivano chiamate “ingranaggino”) dovevano essere costruite in un lotto di cinquanta unità ma pare che ne sia stato prodotto un numero ben maggiore.
L’ultima evoluzione della Guazzoni 50 da competizione, realizzata in alcuni esemplari soltanto, risale al 1974 e ha visto la comparsa di una testa e di un cilindro raffreddati ad acqua.
Quando le gare di Regolarità hanno cominciato a crescere di importanza e di numero, attirando un numero sempre maggiore di giovani appassionati, la Guazzoni ha rivolto le dovute attenzioni a tale settore. Nel corso degli anni ha così realizzato una nutrita serie di modelli destinati al fuoristrada agonistico.
La prima e più famosa è stata la Matacross (con una sola t!), che è stata costruita in più serie conseguendo una buona diffusione. La Matacross Regolarità Casa Special del 1967 disponeva di 7 cavalli a 9.000 giri/min. La casa milanese ha realizzato anche, con identico schema, modelli di 100 e di 125 cm3; la serie è culminata con l’RM del 1973 e il GS del 1974.
Merita infine menzione quello splendido pezzo unico che è stato il 125 bicilindrico da Gran Premio, schierato solo a Monza nel 1970, per il quale si parlava di una potenza superiore ai 30 cavalli a circa 12000 giri/min.
Quattro marce, cambio a destra.
Era un mostro di motore e infatti con i due freni a tamburo ero sempre al limite: una volta mi sono trovato la coda dopo una curva cieca, frenata a ruote inchiodate e mi sono fermato esattamente parallelo al paraurti posteriore dell'ultima auto a una distanza di forse 30 o 40 cm...
D'altra parte era una goduria girare con un motorino fuori dal tempo ma con un motore racing.
A casa dei miei ne abbiamo ancora due.
Mi ricordo di aver visto un poster del 125 da strada: aveva i freni a disco già al tempo, un mezzo avanti di non so quanti anni, mi sa...