Lino Dainese: “Faccio un passo indietro per farne dieci avanti”
La notizia risale ai primi di novembre: Dainese è stata acquisita all’80 per 100 da Investcorp, gruppo internazionale fornitore di prodotti di investimento alternativi con base in Bahrain e attività in mezzo mondo. I comunicati ufficiali hanno parlato della necessità di espansione internazionale e del valido supporto offerto dal grande network commerciale; ma le formule societarie sono incomprensibili ai più e lo sono certamente per me. E così, con l’obiettivo di saperne molto di più e forte dell’amicizia personale con Lino Dainese, ho ottenuto la possibilità di un incontro nella sede di Vicenza. Questa è la prima intervista a tu per tu rilasciata dal fondatore. Si chiude una bellissima storia lunga oltre quarant’anni, però ne comincia un’altra.
«Mi ero posto il traguardo dei quarant’anni in azienda» comincia Lino Dainese, «e sono arrivato a quota quarantadue. Ci resterò ancora un po’, e volentieri. Il fatto è che con la rivoluzione del D-Air si è aperta una strada nuova. Cambia la scala dei valori: avevamo un migliaio di clienti nel mondo, tra rivenditori e store esclusivi, mentre adesso diventano clienti le principali case mondiali come Honda, Yamaha, BMW, Ducati, Peugeot. Io faccio un passo indietro perché l’azienda ne faccia dieci in avanti. Potrei dirti che questa creatura che è l’azienda io la do in sposa, la consegno a chi ha capitali e altre competenze per farla diventare ancora più felice, per fare un altro salto. L’azienda padronale non ha più senso, tenerla a tutti i costi è una stupidata».
Qual è il tuo stato d’animo?
«Leggerezza è la parola giusta. Ora mi sento leggero. Ci ho pensato molto, qui ho vissuto quarant’anni, ma oggi gestire un’azienda è una cosa complessa, soprattutto se vuoi farlo alla perfezione come piace a me. In realtà, lo sai, avevo deciso da tempo. All’amministratore delegato Federico Minoli ho chiesto: fammi uscire con stile. E adesso è il momento giusto. E’ bello uscire lasciando l’azienda sul trampolino di lancio. Felice no, non lo sono, ma leggero sì».
Lino Dainese si guarda indietro ed è fiero di ciò che vede.
«Io mi ritiro da campione del mondo, se posso dirlo. Abbiamo chiuso un anno a più dieci per cento di fatturato, più venti per cento di raccolta ordini, abbiamo grandi possibilità con questi giganti della tecnologia. Faccio la cosa giusta al momento giusto e ricomincio, per una vita più bella. Voglio dirti questo: come imprenditore io valgo appena un sei meno, sono da quarta fila. Ma come innovatore, come capacità di avere le idee, sono in prima fila. Valgo un bell’otto e mezzo. Questo penso di me. E proprio sulle idee mi concentrerò».
Più avanti vorrò saperne di più, ma in azienda? Come hanno reagito i tuoi collaboratori?
«La notizia è uscita in anticipo, prima che potessi avvertire i dipendenti. Allora li ho subito convocati, pensavo fossero una trentina invece era una marea di gente; sono passato nel gruppo toccando tutte quelle mani e poi mi sono girato: gli occhi erano lucidi. Qualcuno all’esterno dice: siete diventati arabi. Macché arabi, i soldi sono arabi, la linfa vitale è araba, questo sì. Ma è un gruppo internazionale che ha avuto ed ha grossi marchi come Gucci, Riva, Tiffany, Leica: marchi importanti, noti e tecnologici, e li hanno rilanciati. E’ gente preparata, hanno valutato bene la nostra realtà; sono venuti a Vicenza e lo hanno dichiarato: non abbiamo la presunzione di saper fare il vostro lavoro, le competenze che esistono oggi in Dainese sono la base del futuro, qui c’è gruppo di giovani con belle competenze e questo gruppo resterà».
Puoi dirci chi sono i protagonisti dell’accordo?
«Il personaggio principale che ha curato l’operazione, Hazem Ben-Gacem, è a capo del team europeo; è tunisino, vive a Londra, è figlio di un console tunisino negli States ed ha studiato là. Poi c’è il ruolo dei vari consulenti, tra i quali Mediobanca che li ha messi in contatto con noi e ha garantito sulla loro consistenza».
Le cifre sono già note.
«Centotrenta milioni di euro è la stima del valore dell’azienda e loro ne hanno acquisito l’ottanta per cento. A me resta il venti per cento. Non ho voluto cariche operative, resto semplicemente il fondatore, ma ho la facoltà di nominare il presidente del Consiglio di amministrazione: che sarà Minoli e che garantirà la continuità. Io il presidente, loro la maggioranza»
E tu esattamente che cosa farai?
«Manterrò questo mio ufficio solo per rappresentanza, non ci lavorerò nel quotidiano. E quello che mi preme di più è ciò che nasce giusto oggi, venerdì 21 novembre. Oggi viene costituita infatti una nuova, piccola società: il D-Air Lab, una start up per l’applicazione e lo sfruttamento del D-air in tutti i campi. Un mondo enorme di applicazioni. Su tutto ciò che inventeremo, Dainese avrà naturalmente la prelazione. Io detengo l’80% della nuova società, Investcorp il 20%».
Quale sede avrà il D-Air Lab?
«In centro a Vicenza ho già individuato un bel palazzo storico che prenderemo in affitto. Lì studieremo le nuove soluzioni e poi andremo a realizzare i prototipi nella sede storica di Molvena. Vicenza è una piccola città ma è bellissima: il Palladio, le ville, tutte quelle opere d’arte… E qui entra un discorso che non ho mai fatto nel mondo della moto: sai cosa vuol dire lavorare nella bellezza? E’ una cosa che dà stimoli, hai un confronto continuo con quello che resta, con le opere d’arte. Quando percepisci tutto questo non puoi pensare semplicemente all’utile o fare delle porcherie. E’ una sfida con la città, con quelli che sono venuti prima, con le nostre radici»
Dainese crede fermamente nell’air bag. Lo definisce la corazza d’aria. Per lui, da sempre affascinato dalle armature medievali e dalle soluzioni protettive inventate dalla natura come i gusci dei carapaci, questa cosa dell’aria che protegge anche meglio, che non ha peso e può essere contenuta in un tubetto simile a quello del dentifricio, è una gran cosa».
In questo campo la ricerca costa tantissimo, per le sole certificazioni il D-Air ha richiesto qualcosa come 1,2 milioni di euro, senza contare gli oltre dieci anni di lavoro. Il nuovo assetto societario garantisce la ricerca e lo sviluppo.
«E’ bello che questo mondo di motociclisti, di scavezzacollo come spesso è visto, abbia messo a punto un sistema che è stato fondamentale e ancora più lo diventerà. Penso a Valentino, a Marco Simoncelli che è stato il primo a crederci. Non a caso nel D-Air c’è il suo 58. I campi di applicazione sono infiniti, dai bimbi ai carri armati alle biciclette, e penso anche a quelle a pedalata assistita che diventano più veloci dei ciclomotori. Ora abbiamo un progetto per i bisonti della strada, dove l’air bag è insufficiente perché lontano da chi guida. Abbiamo la collaborazione con i centri ricerca, con le università, è un mondo nuovo pieno di stimoli e potenzialità anche economiche, e l’applicazione più interessante, che attualmente mi coinvolge di più, è quella riferita ai bambini e ai loro piccoli sedili sulle auto. Con la nostra tecnologia non scoppia più un air-bag sulla loro faccia, capisci, e l’air bag diventa come l’abbraccio di una mamma».
Per chiudere, quale è stato il momento più entusiasmante di questi 42 anni?
«Non ce n’è uno solo. Ne vedo tre. Il primo quando ho capito in che direzione andare, dove comprare il materiale, dove fare il disegno, dove le cuciture e ho messo insieme le prime cinque tute. Erano lì, appese ai tubi di riscaldamento del box di mio padre, e mi parevano così belle che non volevo neanche venderle. Queste me le tengo, ho pensato. Il secondo, che mi ha colpito nel profondo, più ancora delle gare, è stato quando una decina d’anni fa abbiamo aperto il D-Garage, il nostro outlet. Un successo incredibile, una marea di gente a vedere e toccare le cose. Vedevo tutta quella loro fiducia ed è stato un momento inaspettato. Infine c’è l’entusiasmo che ti riempie quando hai una intuizione come il D-Air, come il casco morbido che sarà più sicuro dell’attuale e che già abbiamo fatto per lo sci».
Le moto e le corse resteranno al centro del mondo Dainese?
«Certo, anche al di là della sperimentazione; non c’è sport che possa trasmettere la stessa passione e lo stesso spettacolo. Stiamo rinnovando l’accordo con Valentino. E’ una storia di amicizia e di rispetto, è incredibile che dopo la delusione degli anni Ducati abbia ritrovato ancora motivazione e velocità. Ti dico una cosa: Valentino recentemente è venuto qui, l’ho portato in centro a Vicenza per una mostra, e gli ho chiesto come diavolo faccia a tenersi in forma. Mi alleno, ha risposto, lo faccio ogni sera perché mi rende di più, tre ore o anche tre ore e mezza, tutti i giorni dal lunedì al sabato. Sempre. Ha aggiunto che negli ultimi trecento metri di gara deve poter fare quello che vuole lui. Questa voglia di battere i giovani è una cosa fantastica, altro che controfigura di se stesso. E’ una questione di stimoli. Gli stimoli sono tutto e la sai una cosa? Voglio far camminare i paraplegici. E’ un progetto di qualche anno fa, che è rimasto accantonato per le esigenze quotidiane della vita in azienda. Ora posso riprendere il lavoro interrotto».
@nierosp hai ragione
E' stato uno dei primi a trasferire la produzione in Asia vantando un Made in Italy che in Italy produce ben poco.
Vendendo l'80% della sua azienda si è intascato 100 milioni. Mica male per un settore che probabilmente soffrirà l'arrivo di prodotti low cost made in china.
Un falso gesto eroico...