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Massimo Clarke: la storia della Trident

- Con le attuali tricilindriche la Casa inglese rinverdisce i fasti delle oramai mitiche Trident, prodotte dal 1968 al 1975 e per qualche tempo grandi protagoniste anche della scena sportiva | Massimo Clarke
Massimo Clarke: la storia della Trident

 

Poche moto hanno avuto un fascino paragonabile a quello delle Triumph 750 con motore a tre cilindri in linea, che molti considerano, non a torto, l’autentico canto del cigno della classica scuola inglese del dopoguerra. In effetti si è trattato del risultato finale di una lunga linea evolutiva, la cui origine può essere fatta risalire, tutto sommato, alla 5T Speed Twin di 500 cm3 apparsa nel 1937, ovvero alla stessa antenata delle bicilindriche tanto ammirate negli anni Cinquanta e Sessanta. Già, perché con la Bonneville la nuova 750, denominata T 150 Trident, era strettamente imparentata, sotto molti aspetti.


Più cilindrata


Allorché è apparsa chiara l’esigenza di realizzare un modello di prestazioni nettamente superiori a quelle della pur valida 650, alla Triumph hanno deciso di passare a una cilindrata maggiore non aumentando l’alesaggio, ma realizzando un motore a tre cilindri. Quando il nuovo modello ha fatto la sua comparsa, sono stati in molti a pensare che fosse stato semplicemente aggiunto un cilindro alla versione di 500 cm3 della bicilindrica, ma non era così. Il progettista Doug Hele infatti aveva provveduto a ridisegnare completamente la parte inferiore del motore, utilizzando però lo stesso schema dei motori a due cilindri per il complesso della distribuzione e per la testa. Da tempo la Triumph e la BSA erano entrate a far parte dello stesso gruppo industriale e quindi la direzione dell'azienda aveva pertanto deciso di sviluppare parallelamente due versioni del nuovo modello, destinate ad essere commercializzate con i due marchi. Le differenze non erano però solo di natura estetica; il telaio era diverso e anche il motore, pur avendo caratteristiche tecniche eguali, non era identico in quanto ad architettura, dato che nella BSA aveva i cilindri leggermente inclinati in avanti e non verticali come nella Triumph (pure il coperchio laterale destro del basamento era differente).


Le due tricilindriche sono entrate in produzione nel 1968, inizialmente destinate al solo mercato americano. La potenza erogata era di 58 cavalli a un regime di 7250 giri/min. Il motore aveva il blocco cilindri in lega leggera, con canne riportate, e la distribuzione era ad aste e bilancieri, con due valvole per cilindro, fortemente inclinate tra loro. I due alberi a camme, alloggiati nel basamento, erano azionati da ingranaggi posti sul lato destro, ove si trovavano anche le due pompe dell’olio (di mandata e di recupero, dato che la lubrificazione era a carter secco). L’alimentazione era assicurata da tre carburatori Amal Concentric, a vaschetta centrale. I supporti di banco erano quattro; l’albero a gomiti, in un sol pezzo, era forgiato in acciaio e ruotava su due bronzine centrali più due cuscinetti a rotolamento posti alle due estremità. Le bielle erano forgiate in lega di alluminio, come voleva la scuola inglese dell’epoca. L’alesaggio di 67 mm era abbinato a una corsa di 70 mm.
La trasmissione primaria era a catena triplex, sul lato sinistro, e la frizione a disco singolo. Il cambio, del tipo con presa diretta, era a quattro marce.


Il telaio della Triumph tricilindrica era a culla singola sdoppiata, mentre quello della BSA era a doppia culla.
La prima serie della Trident, che oggi è senz’altro la più ricercata, è stata prodotta fino al 1970, quando è stata sostituita dalla seconda serie, notevolmente riveduta a livello estetico. A metà del 1972 è stato adottato il cambio a cinque marce; alla fine dello stesso anno la moto ha ricevuto un freno anteriore a disco, in sostituzione del precedente a tamburo. È nata così la terza serie della tricilindrica, rimasta in listino fino all’inizio del 1975, anno nel quale è stata prodotta la T 160, riveduta anche a livello di motore (i cilindri sono stati leggermente inclinati in avanti) e dotata di avviamento elettrico, di pedale del cambio sulla sinistra (in precedenza era a destra) e di freno posteriore a disco. La fabbricazione di queste splendide moto è terminata alla fine del 1975. La BSA A 75 R “Rocket 3” era uscita di scena già da un paio di anni. Merita un cenno la X 75 Hurricane, disegnata dallo stilista americano Craig Vetter e prodotta solo in un ridotto numero di esemplari nel 1972-73.


In pista


La storia sportiva di queste tricilindriche è stata relativamente breve ma assai ricca di soddisfazioni. Le grandi vittorie sono iniziate nel 1970 con la durissima 24 ore del Bol d’Or, che ha confermato la grande robustezza della moto, oltre alle sue eccellenti prestazioni. L’anno successivo la BSA (dotata dello splendido telaio realizzato dallo specialista Rob North) ha trionfato a Daytona, dove le tricilindriche inglesi hanno occupato le prime tre posizioni della classifica finale. Pure il Bol d’Or è stato vinto, nel 1971, da una di queste moto. Ufficialmente si è trattato di una BSA, come comunicato all’atto della iscrizione, ma in effetti quella che Tait e Pickrell hanno condotto al trionfo era una Triumph. Innumerevoli sono state le vittorie ottenute da queste 750 nelle gare per le moto di serie e per le “derivate”. In Italia sono state grandi protagoniste quelle schierate dalla scuderia Koelliker di Milano, preparate da Domenico Pettinari. In Inghilterra spiccano, tra l’altro, le cinque vittorie consecutive al Tourist Trophy nel periodo che va dal 1970 al 1974. Oggi svariate Trident e Rocket 3 corrono (e vincono!) nelle gare per le moto storiche.

  • giumorin
    giumorin, Giussano (MB)

    ***per.......Massimo Clarke

    Seguo da sempre i tuoi articoli (o libri, bellissimo quello sulla M. Morini)e li apprezzo .........però .....sarebbe ore di parlare del "mitico treemmezzo "" e di Moto Morini visto che tra poco ci sarà l'asta ..........mà non ne parla quasi nessuno....................
    NB, grande & competente.....Ciao
  • ware
    ware, Verona (VR)

    Complimenti!

    In quegli anni gli Inglesi avevano idee chiare e i mezzi per costruire delle moto straordinarie.Quelle moto,anche a distanza di anni,hanno mantenuto un fascino che per molti motociclisti come me,rimane insuperabile!Nonostante io abbia una propensione ad apprezzare e valorizzare la produzione nazionale vecchia e nuova, davanti a questi pezzi di storia del motociclismo, trovo giusto rendere onorevoli complimenti agli Inglesi!
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