Mercato dell’usato: Dieci moto da divertimento puro sotto i 6.000 euro
La voglia di moto intelligenti, comode, pratiche e sfruttabili viene confermata e ribadita dai risultati delle vendite mese dopo mese. Una tendenza che però crediamo abbia molto a che vedere con il fatto che giustificare l’acquisto di una moto in un momento storico come questo si fa sempre più difficile. Vi basta guardarvi attorno e parlare un po’ per capire c’è ancora, e molto forte, la voglia di moto divertenti se pure "inutili", che servono praticamente solo a dare gusto nella guida. E scusate se è poco.
Abbiamo pensato di farvi riflettere un attimo con una delle nostre rassegne dell’usato, in cui ci siamo posti un limite economico un po’ più alto delle altre volte ma comunque ancora accessibile, per dimostrare come spendendo meno di 6.000 euro sia possibile mettersi in casa veri e propri bombardoni. Moto capaci di farvi divertire tantissimo anche e soprattutto nell’uso stradale, di tenere il passo anche delle più recenti novità e di farvi rientrare a casa con il sorriso sulle labbra, che magari – certo – non saranno l’ideale per andarci in vacanza con la moglie o la fidanzata, ma che vi rimetteranno in pace con il mondo meglio di qualunque psicofarmaco.
Anche stavolta non abbiamo imposto vincoli di settore, presentandovi moto afferenti a settori molto diversi, accomunate solamente dal gusto che vi possono dare nella guida su strada. Una scelta con cui abbiamo cercato di toccare un po’ tutti gli ambiti della guida brillante, evitando modelli troppo specializzati nell’uso pistaiolo e tenendo conto della filosofia di ciascuna delle Case considerate. Come potete ben immaginare le discussioni per restringere la rosa ad un numero accettabile di proposte sono state lunghe ed argomentate: ci sarà spazio per altre rassegne in cui troveremo posto alle escluse. A breve, tra l’altro, vi presenteremo una successiva selezione di proposte altrettanto gustose ma più accessibili sia per le tasche che per il polso destro.
Non staremo inoltre a ripetervi tutte le volte come si tratti di moto che difficilmente andavano in mano a tranquilli motociclisti di mezza età, e che vadano acquistate dopo un attento esame delle condizioni generali, soprattutto se prese da un privato che non offre le garanzie formali di un concessionario. Controllate che la moto non abbia subito urti, le condizioni dei cuscinetti di sterzo (che si danneggiano negli atterraggi dalle impennate – a buon intenditor poche parole) e dei dischi freno per sgamare i “mai pista” che hanno invece fatto i solchi negli autodromi di tutta Italia, perché più di un modello fra quelli che vi presentiamo fra i cordoli se la cava alla grandissima. E attenzione come sempre alle special: se vi piace l’opera del precedente proprietario non c’è problema, ma assicuratevi che ci siano tutte le parti originali, giusto per essere sicuri che l’operazione non sia stata una scorciatoia per coprire i danni di una scivolata.
Vi presentiamo la nostra selezione nel consueto ordine alfabetico, con un modello per casa – e noterete che qualche marchio è assente per la propria scelta di aderire completamente ad una filosofia politically correct – ed evitando modelli la cui quotazione teorica rispetta il limite ma poi, andando a cercare gli esemplari giusti, serve il lumicino per trovarli. Come di consueto, ogni modello è cliccabile per accedere alla scheda tecnica, al listino dell’epoca e all’offerta di moto usate.
Aprilia Tuono Factory (2004-2009)
Era il 2002 quando all’ingegner Klaus Nennewitz, tedesco ma con molte caratteristiche di noi italiani, venne in mente di far fare ad Aprilia quello che qualche suo pazzo connazionale faceva nel suo garage. Prendere una sportiva – in questo caso la RSV Mille – spogliarla della carenatura ma soprattutto montare un manubrio largo ed adeguare l’assetto, per creare una moto che fino a quel momento non c’era. Una vera e propria follia per i canoni dell’epoca, accolta da molti con un filo di scetticismo soprattutto per un’estetica, quella sì, dal gusto prettamente teutonico. Però tutti quelli che la provavano scendevano con gli occhi spiritati e una risata isterica, perché quando si trattava di guidare davvero su per un bel misto di montagna, meglio se con l’asfalto bello liscio, le moto capaci di tenere il passo della Tuono si contavano sulle dita di una mano.
Con i nostri 6.000 euro si porta a casa un esemplare dell’ultima serie, tanto fra i modelli standard quanto nel più raffinato allestimento Factory – se siete così fortunati da scovarne uno vicino a casa vostra. A meno di non volerla utilizzare per scopi non consoni alla sua natura (potete leggere qui la nostra prova per farvi un’idea più precisa di quale sia) è difficile trovare difetti alla naked veneta: qualche esemplare ha sofferto di invecchiamento precoce per colpa di finiture non impeccabili, e sicuramente non si tratta della moto più facile da gestire alle bassissime velocità o se non avete il polso fermo necessario. Per tutti gli altri, andate e divertitevi.
Quando è apparsa per la prima volta, nei saloni di fine 2004, qualcuno ha pensato che in BMW fossero impazziti. La K1200R (qui la nostra prova) era a tutti gli effetti una K1200S privata della carena, con manubrio largo e qualche accorgimento per levare qualche cavallo ed evitare ricoveri per arresto cardiaco, una linea post-atomica a dire poco sconcertante e una guida più gratificante di quanto non si potesse pensare. I cavalli erano tanti e l’appeal iniziale molto elevato, tanto che BMW arrivò a farla correre in una serie monomarca, dove però molti lamentarono la scarsa attitudine all’uso in pista della sospensione anteriore Duolever, declinazione BMW dello schema Hossack.
I pochi difetti vennero risolti con l’introduzione della K 1300R, più matura e raffinata: la 1200 lamentava qualche irregolarità del motore, un impianto frenante (incomprensibilmente diverso dal Brembo della 1200S) non del tutto all’altezza delle prestazioni nella guida sportiva e un’agilità migliorabile. Qualche piccolo problema venne dalla distribuzione e dalla trasmissione, ma entrambi sono stati risolti con richiami – assicuratevi che il libretto manutenzione della moto riporti tagliandi ed interventi di manutenzione effettuati con regolarità.
Stabile ma non certo maneggevolissima, la K1200R regala il maggior gusto sul misto veloce; da brava BMW, con il plexi “Touring” e le valige non è nemmeno inadatta ad un po’ di turismo. Sconsigliata se cercate una mangiatornanti o una moto che se la cavi bene anche in pista.
Ducati Hypermotard 1100 (2007-2009)
Ha ceduto recentemente il passo alla versione 821 con motore a quattro valvole ma molti ducatisti, specialmente quelli più legati alla risposta corposa e viscerale del Desmodue, amano ancora tantissimo la “Hyper” originale. Agile, relativamente leggera e veloce ma soprattutto divertentissima nel misto stradale, la Hypermotard ha sempre fatto del minimalismo la sua arma vincente: è nata per dare gusto nella guida, non per essere la più veloce in pista. Sul misto di montagna è difficile trovare qualcosa di più efficace, anche grazie ad un comparto freni e sospensioni di primissimo livello; per tutto il resto c’è la grande coppia del bicilindrico Ducati, che spinge come un dannato ai medi regimi.
La prima versione (la successiva Evo costa ancora troppo) che si riesce a raggiungere con il nostro budget è consigliata a tutti coloro che interpretano la moto come strumento di divertimento puro – trovate qui la nostra prova se volete saperne di più – mentre chi desidera qualcosa di versatile farà meglio a pensarci bene: il serbatoio minimalista e la completa assenza di qualsivoglia protezione aerodinamica la rendono quantomeno inadatta a qualunque impiego turistico. Come ogni brava Ducati, vi regalerà grandi soddisfazioni a patto che vi prendiate cura di lei: assicuratevi che il precedente proprietario l’abbia fatto attraverso la documentazione relativa ai tagliandi.
La SM 630 non ha troppo bisogno di presentazioni; quella che vi proponiamo – praticamente l’ultimo modello uscito prima del doloroso “passaggio di proprietà” della Casa di Cassinetta – è una motard dura e pura, targata per l’uso stradale ma ovviamente più che capace di dire la sua nell’uso in circuito. Da prendere in considerazione se non avete altra ambizione se non godere come matti sul misto stretto, meglio se di montagna, e puntare a qualche estemporanea uscita in pista. Fra i pregi segnaliamo un motore con una castagna goduriosissima, un’agilità sovrannaturale e un divertimento assoluto nella guida.
Fra i contro annoveriamo la totale inettitudine in qualsivoglia destinazione d’uso turistica o semplicemente utilitaria, la necessità di costante manutenzione (assicuratevi peraltro che la moto che state trattando sia stata sempre seguita con scrupolo da un tecnico che sapesse dove mettere le mani, in caso contrario le riparazioni possono essere economicamente dolorosissime) e l’impegno richiesto in termini di concentrazione non appena la guida si fa poco più che allegra. Tale e tanta agilità porta ad una certa instabilità sui percorsi veloci che richiede manico e mani fatate per evitare di combinare pasticci.
La definizione “moto da gusto” non esclude necessariamente i semimanubri, anzi: c’è chi ritiene che niente possa dare il piacere offerto dalla sportiva dura e pura, con pedane alte, manubri bassi e poco più di un contagiri a riflettere l’immagine del pilota in fondo al cupolino. La Kawasaki ZX-10R è forse la più dura e pura di tutte le sportive giapponesi: tornata sulla scena mondiale nel 2004 con un modello capace di far spuntare capelli bianchi anche ai manici più esperti, nel 2006 si è ammorbidita un po’ (troppo secondo alcuni, ma vi assicuriamo che non è questo il caso - potete leggere qui la nostra prova per capire cosa intendiamo) e nel 2008 ha corretto il tiro.
Estrema e con pochissimi compromessi, la Ninja si lascia godere anche per strada anche se migliora tanto più il percorso si avvicina alla pista per velocità e levigatezza dell’asfalto. Potentissima ma stabile, richiede una guida un po’ fisica ma ripaga con grande gusto ogni piega ed uscita di curva, anche grazie all’embrionale sistema di controllo trazione implementato a partire da questa versione. Raccomandata a chiunque ami le sportive cattive; se l’esemplare che state trattando non ha subito incidenti (controllate i soliti indizi…) anche qualche uscita in pista difficilmente ne avrà minato l’affidabilità.
Dire KTM e gusto di guida ormai è una tautologia, perché la Casa di Mattighofen ha da diversi anni sacrificato qualunque parvenza di politically correctness sull’altare del divertimento e del dare gas. La 950 Supermoto è esagerata in tutto, anche perché nessuna delle cosiddette “maximotard” è vicina quanto lei alle monocilindriche da competizione. Agilissima e leggera (anche se non quanto la Ducati Hypermotard di qualche riga sopra…) ai limiti del nervosismo, richiede polso fermo per dare il meglio, perché pur con una ciclistica di quelle sane è dinamite pura – il nostro Francesco Paolillo l’aveva provata nel lontano 2005 e ne è sceso, come potete leggere, a dire poco entusiasta.
La dotazione ciclistica non lascia spazio a dubbi, il motore sfiora i 100 cavalli: vi basta un misto non troppo veloce e ne ricaverete soddisfazioni a non finire. La Supermoto oltretutto se la cava anche meglio di quanto non sarebbe lecito attendersi nell’uso turistico, una volta messa in conto una protezione aerodinamica pari a zero. Anche in questo caso accertatevi che la moto che state trattando sia stata curata con il massimo del riguardo, perché il 950 cc a carburatori della Casa austriaca era famoso per la goduria che sapeva regalare più che per l’affidabilità.
MV Agusta Brutale 910S (2005-2011)
Anche qui non crediamo ci sia bisogno di presentazioni: Brutale è uno dei capolavori con cui il compianto Massimo Tamburini ha rivoluzionato il segmento delle naked sotto più di un aspetto. Potente ma anche corposa ai bassi, cattiva come si conviene al suo nome, la 910S è stata secondo molti la Brutale come avrebbe dovuto essere fin dalla prima versione - potete leggere qui la nostra prova. La Brutale 910S, ancora in grado se ben guidata di tenere il passo di sportive ben più recenti sul misto stradale, è una moto dalle reazioni tipiche delle moto da corsa per la rigidità del suo assetto e le suo quote ciclistiche, tanto qualcuno la descrisse con ottima approssimazione “instabilmente precisa”. Serve un po’ di esperienza per tirarne fuori il meglio, anche perché la risposta all’acceleratore si è rivelata spesso ai limiti dell’imprevedibilità.
Con il nostro budget riusciamo a portarci a casa uno degli esemplari meno recenti, anche se cercando con attenzione non è raro scovarne qualcuno del 2008-2009 – con 6.000 euro ci si mette in garage un vero e proprio pezzo di storia motociclistica oltre che un mezzo eccezionale a cui abbiamo dedicato qualche mese fa una guida all’acquisto. Questo modello di Brutale si è rivelato relativamente affidabile, e problemi come quelli legati al mozzo posteriore sono stati largamente risolti fra garanzia e richiami, quindi potete comprare in una certa serenità, a patto come sempre che la storia della manutenzione sia regolare e documentata.
La Suzuki GSX-R 750 rappresenta per molti la prima, vera, sportiva moderna – la moto che ha contribuito, nell’ormai lontano 1985, a ridefinire le categorie per derivate di serie, nonché il modello più longevo del panorama attuale: l’anno prossimo sarà in circolazione da 30 anni. La GSX-R 750 è l’unica ad aver resistito al progressivo abbandono della categoria da parte delle Case giapponesi, convinte che il frazionamento fosse ridondante in un mondo perfettamente diviso fra 600 e 1000. E invece la 750 secondo noi offre il meglio dei due mondi, anche e soprattutto nell’uso su strada dove la potenza delle maxi è ormai del tutto ingestibile e lo scarso vigore ai medi e bassi regimi delle 600 costringe ad una guida troppo nervosa.
La GSX-R è potente, gustosa e relativamente facile da guidare: capace di impensierire le 600 per agilità e sfruttabilità, sa tenere il passo delle 1000 sul veloce. La versione 2008/2010 (qui la nostra prova) che si riesce a raggiungere con i nostri 6.000 euro si trova con facilità sul mercato dell’usato, e ha risolto diversi piccoli problemi di finiture che affliggevano i modelli precedenti. La gestione delle tre mappature, ridondante secondo alcuni, in realtà viene comoda nell’uso disimpegnato; sorprendentemente la Gixxer non disdegna un po’ di turismo a medio raggio. L’affidabilità è a prova di bomba: se il chilometraggio è adeguato e la moto non presenta segni di brutte esperienze, potete comprarla con la massima serenità.
Triumph Street Triple R (2009-2012)
Accolta inizialmente con un po’ di snobismo, la Street Triple R si è conquistata rapidamente una folta schiera di proseliti. Difficile che potesse andare diversamente, perché ha saputo sintetizzare le doti migliori della sorella carenata Daytona 675 (da cui deriva strettissimamente) e della cugina Speed Triple (da cui riprende quasi in toto l’impostazione di guida oltre che il look). Quando poi Triumph ha pensato bene di levare quei due difettucci che aveva la versione standard presentando la Street Triple R, il successo si è fatto planetario.
Agilissima, leggera ed accessibile ma anche grintosa a tutti i regimi grazie al suo meraviglioso motore a tre cilindri, la Street Triple R è un rasoio sul misto. Portatela su un passo di montagna e arriverete in cima veloci e felicissimi, perché a parte l’incontestabile efficacia (grazie anche ad una ciclistica con poche rivali nella categoria, come potete constatare dalla nostra prova della versione Trofeo) la piccola “R” sa regalare un gusto impareggiabile, non fosse altro per il ringhio roco allo scarico da pelle d’oca tanto in accelerazione che in rilascio. Con il nostro budget si arriva facilmente alle più recenti Street del 2011. Compratela serenamente: i proprietari tendono a coccolare le proprie Triumph. Attenzione alle special, e date magari un’occhiata alle condizioni dei cuscinetti del cannotto di sterzo, vista la propensione alle impennate della Street...
Se avete bisogno che vi spieghiamo che moto sia la Yamaha R1 state probabilmente leggendo la guida sbagliata, perché pur se progressivamente civilizzata con il passare degli anni, la maxi di Iwata è la quintessenza della moto politicamente scorretta grazie al retaggio che si porta dietro dai primi modelli di fine millennio scorso. Ultimo degli esemplari con fasatura regolare, il modello che vi presentiamo (2007/2008) è tornato alla cattiveria dei primi modelli senza però arrivare a quote tanto estreme per la ciclistica: adesso la R1, pur restando una belva, è abbastanza addomesticata da permettervi di godervela – e tanto – anche su strada, fatto salvo naturalmente la quasi impossibilità di sfruttare tanto motore. Che da parte sua, avendo abbandonato le cinque valvole per cilindro in favore delle più consuete quattro, risulta comunque molto più corposo ai bassi e meno nervoso nell’erogazione.
Con il nostro budget si porta a casa quello che è da considerarsi praticamente il penultimo modello della Yamaha R1, da molti considerato anche l’ultimo vero esemplare della supersportiva di Iwata, diventata enormemente più sfruttabile ma anche meno cattiva con l’arrivo del propulsore crossplane – potete leggere qui la nostra prova e farvi un’idea di cosa vi aspetti. L’R1 è un modello dimostratosi capace di crearsi un suo seguito, spesso acquistato ed utilizzato da possessori che la curavano con mille premure. Se la moto non è caduta e non ha subito radicali preparazioni potete andare tranquilli.
E per viaggiare?
L'ABS si fa desiderare e anche pagare
Le mie preferenze vanno alla Versys, al Dorso duro 750, al Monster 796.
Ma con abs, perchè credo in questo accessorio.
I prezzi salgono e le offerte diminuiscono. :-)