Moto o auto? Su due fronti!
Se si pensa alle case che nel corso della loro storia hanno prodotto tanto moto quanto auto, vengono subito in mente la BMW, la Honda e la Suzuki. Oggi sono le sole attive, e con eccellenti risultati, in entrambi i settori. In passato però ce ne sono stata diverse altre, alcune delle quali decisamente illustri.
Qualcuna ha cominciato costruendo automobili e in seguito ha aggiunto anche le moto alla sua gamma mentre qualche altra ha fatto il contrario.
La Bianchi ha costruito il suo primo triciclo a motore nel 1897 e la sua prima moto cinque anni più tardi. Nel mondo delle autovetture è entrata nel 1908 e in seguito ha esteso la sua attività anche al settore dei veicoli industriali.
È stata una grande azienda, che però non si è mai completamente ripresa dopo la seconda guerra mondiale (durante la quale i suoi stabilimenti milanesi sono stati distrutti).
Ha ricominciato con le moto, ottenendo buoni risultati nel corso degli anni Cinquanta, e ha anche ripreso la fabbricazione degli autocarri medi e leggeri, ma non ha mai più costruito automobili. Da quest’ultimo settore è definitivamente uscita nel 1955 quando assieme alla Fiat e alla Pirelli ha fondato l’Autobianchi.
Forse sono in pochi a sapere che per diverso tempo la Opel oltre alle automobili, che ha iniziato a produrre nel 1899, ha costruito anche ottime moto.
La sua attività in tale campo si è svolta in tre diversi periodi. Quello pionieristico (1901 – 1907) è stato seguito, a partire dal 1918, dal periodo principale, durante il quale hanno visto la luce diversi modelli interessanti, tra i quali un monocilindrico da corsa di 204 cm3 con raffreddamento ad acqua e quattro valvole (comandate da aste e bilancieri).
Spiccavano anche il basamento in magnesio e la disposizione posteriore dello scarico.
La costruzione di moto si è interrotta di nuovo nel 1925 per riprendere tre anni dopo con l’acquisizione della Elite-Diamant e dei relativi modelli, progettati dal tecnico Neander.
Famosa è rimasta la versione sportiva della Motoclub, azionata da un monocilindrico ad aste e bilancieri di 500 cm3 che erogava 22 cavalli (una potenza ragguardevole, per l’epoca). Nel 1928 Fritz von Opel, che davvero non conosceva la paura, ha raggiunto i 238 km/h sulla Rak 2 a razzo, derivata da una Motoclub.
Nel 1930 la Opel è uscita definitivamente dal settore delle due ruote.
Alla NSU spetta un posto di grande spicco nella storia del motorismo.
Questa casa, che aveva sede a Neckarsulm, ha iniziato a costruire moto nel 1901 raggiungendo rapidamente una posizione di grande importanza e un notevole prestigio. Le auto le ha prodotte, con risultati interessanti, tra il 1905 e il 1928, dopo di che ha concentrato la sua attività nel settore delle due ruote.
Nel secondo dopoguerra si è imposta in grande stile in campo internazionale sia per la validità tecnica che per i volumi di produzione. Le sue moto ufficiali di 125 e 250 cm3, dopo avere effettuato qualche gara di assaggio nel 1952, hanno conquistato quattro titoli mondiali nei due anni successivi. La bicilindrica 250 del 1954 (anno nel quale ha trionfato in tutte le competizioni alle quali ha preso parte) aveva prestazioni che la concorrenza ha raggiunto solo all’inizio degli anni Sessanta.
Nel 1955, dopo il ritiro delle moto ufficiali, il mondiale 250 è stato conquistato da una Sportmax monocilindrica derivata dalla serie. In quello stesso anno la NSU si è confermata come più grande casa motociclistica del mondo con oltre 290.000 unità costruite. L’ammiraglia della gamma era la 250 Max, con distribuzione monoalbero comandata da un sistema a biellette.
La produzione delle auto è ripresa nel 1958 con la piccola Prinz, azionata da un motore bicilindrico di 600 cm3 con distribuzione monoalbero, raffreddato ad aria e collocato posteriormente.
La Prinz IV, dotata di una nuova estetica, è stata costruita in oltre 600.000 esemplari. Nella prima metà degli anni Sessanta la NSU ha cessato la produzione motociclistica per concentrare la sua attività nel settore automobilistico, con vari modelli a quattro cilindri. Nel 1967 ha fatto la sua comparsa la famosa Ro 80 con motore Wankel e nel 1969 la K 70, costruita poi col marchio VW a seguito della incorporazione della NSU nel gruppo Audi-Volkswagen.
L’austriaca Puch è stata a lungo una grande realtà in campo motociclistico. Nata nel 1891 come fabbrica di biciclette, ha cominciato a produrre moto nel 1903; inizialmente i motori erano monocilindrici ma poi sono arrivati i bicilindrici a V, sempre a quattro tempi. Nei primi anni Venti alla Puch si è aperta l’era dei motori a due tempi a cilindro sdoppiato, dapprima dotati di una biella a forchetta (secondo lo schema studiato dall’ing. Giovanni Marcellino) e quindi di una biella madre abbinata a una bielletta.
Il nome di questa casa austriaca è stato a lungo legato a motori a due tempi di tale tipo, che ha continuato a produrre in numeri molto elevati fino al termine degli anni Sessanta. Va comunque segnalato anche un modello a quattro tempi a quattro cilindri contrapposti con distribuzione a valvole laterali di 800 cm3.
Nel secondo dopoguerra molte Puch sono state commercializzate negli USA con i marchi Sears e Allstate (ne ha posseduta una anche il famoso attore James Dean). Importantissima è stata la produzione di ciclomotori; per un certo tempo uno di essi è stato costruito su licenza dalla Bianchi (che lo ha chiamato Sparviero). Tra gli anni Sessanta e la metà del decennio successivo la casa ha intensificato la sua partecipazione alle gare di regolarità con modelli via via più specialistici, ottenendo ottimi risultati. Nel cross spicca il mondiale 250 del 1975. Nel 1987 la Puch è stata acquistata dalla Piaggio e i suoi stabilimenti hanno smesso di produrre modelli di propria progettazione.
La Puch ha costruito automobili tra i primi anni del Novecento e il 1923 per poi concentrarsi principalmente sulle moto.
Alle quattro ruote è tornata dopo la seconda guerra mondiale. Per un certo periodo ha prodotto alcuni modelli su licenza Fiat, ma sul finire degli anni Cinquanta ha compiuto un passo fondamentale dotando una vettura della casa torinese di un motore di propria progettazione e fabbricazione.
Si trattava della “Nuova 500”, che è stata equipaggiata con un bicilindrico Puch a due cilindri contrapposti, con camere di combustione emisferiche, la cui cilindrata è stata ben presto portata a 650 cm3 (alesaggio e corsa = 80 x 64 mm), il che ha consentito di ottenere una potenza di 27 CV a 4800 giri/min. Di questa piccola ma brillante automobile, in listino fino ai primi anni Settanta, sono stati prodotti circa 60.000 esemplari.
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andreariva, Milano (MI)Manca la Triumph, costruttrice anche di auto fino agli anni '80...