Museo Laverda: per fare un tuffo nel passato arancione [VIDEO]
Il nuovo museo è stato creato da Werner Ricciolini, 48 anni, imprenditore della zona e grande appassionato del marchio. Ricciolini, affiancato dalla moglie Irina, ha rilevato tutta la collezione olandese dello scomparso Cor Dees, ha aggiunto molti pezzi di sua proprietà, trovato la sede e ottenuta la collaborazione dell'amministrazione locale e delle banche. Un entusiasta, una forza della natura.
C’erano il presidente della ASI Palmino Poli, il presidente della commissione Musei ASI Danilo Castellarin; poi Piero Laverda con moglie e figli, la vedova e i figli di Massimo Laverda, l'ing Todeschini, l'ing Mariano Roman oggi Ceo Fantic, lo storico collaudatore Fernando Cappellotto, il famoso restauratore Riccardo Oro di Breganze, i parenti di tanti tecnici, operai e dirigenti che non ci sono più.
Non mancavano i piloti Augusto Brettoni, Roberto Gallina, Edoardo Dossena e il sottoscritto, ma soprattutto c’erano centinaia di appassionati per due giornate di festa, completate dalle grigliate e dai concerti rock serali. La figlia di Giulio Franzan, Arianna, ha presentato il suo bel libro, del quale a suo tempo parlai qui.
La sede del museo è in quella che era una vecchia fabbrica dismessa in corso Roma, non tanto lontano dalla prima officina storica della Moto Laverda a Breganze. All’ingresso campeggia l'insegna originale. Due i grandi spazi espositivi: nel primo c’è la storia dagli albori degli anni Quaranta fino ai Settanta; nella seconda sala sono allineate le bicilindriche 500 e 750, le tre cilindri 1000 e 1200, naturalmente con diversi pezzi da corsa come la 500 Formula, le 750 SFC, la 1000 “space frame” dell’Endurance e la V6 di Alfieri di proprietà Piero Laverda. Nel sotterraneo le officine.
Bello, ricco, molto ben fatto. Devo dire grazie a Fabrizio Zorzo detto Icio che mi ha dato le informazioni che mi mancavano e mi ha fatto da Cicerone tra i mezzi esposti
Il museo è visitabile tutti i giorni, con un preavviso di ventiquattr'ore tramite la pagina FB o il sito Museo Laverda.
Bravi! Sicuramente prima o poi verrò a visitarlo