Nascono Officina Moto Italia e la prima Paton stradale
Tra le tante novità presenti al prossimo EICMA milanese, gli appassionati visitatori di tutto il mondo scopriranno una nuova realtà, battezzata come Officina Moto Italia, e già iscritta all’ANCMA, l’Associaziona Nazionale Costruttori Cicli Motocicli e Accessori.
Si tratta di un vero e proprio polo dell’artigianato motociclistico italiano di altissimo livello, un modello unico nel nostro settore il cui motto è “Piccole imprese per grandi sfide”. Si tratta di quattro aziende motociclistiche lombarde, ben note per la impagabile cura artigianale che caratterizza le loro creazioni, raggruppatesi in un’unica entità conservando tuttavia le rispettiva autonomie: ovvero le milanesi CR&S e Paton e le varesine Magni e Zaeta. Quattro piccole realtà che creano dei veri gioielli frutto della gran passione di chi le ha create e fatte conoscere nel mondo, e che da questo mese di novembre sono riunite in un unico comprensorio, dove potranno continuare le rispettive attività in modo autonomo e ottimizzando i costi.
L’obiettivo di coloro che dirigono queste quattro coraggiose realtà motociclistiche artigianali è dunque quello di unire le proprie forze per continuare a valorizzare il Made in Italy in una delle sue forme più appassionanti, per chi ama visceralmente il motociclismo.
L’idea di creare Officina Moto Italia è nata da Giorgio Sarti, Presidente di CR&S, che ha coinvolto - senza gran fatica, peraltro - Giovanni Magni (figlio del mitico cavalier Arturo, per decenni direttore tecnico di MV Agusta, e figura fondamentale nel contribuire alla conquista dei 75 titoli iridati del mitico Marchio varesino), Roberto Pattoni, degno figlio dell’indimenticabile “Pep” fondatore della Paton, e Paolo Chiaia, Presidente di Zaeta.
S
orpresa verde!
I quattro personaggi sopra citati figurano nella foto di apertura assieme alle loro nuove moto, che vedremo al salone milanese. Ma la novità più eclatante – almeno per chi ha vissuto le corse negli anni 60, o comunque conosce la storia della Paton e della famiglia Pattoni – è senz’altro quella moto color verde con le tabelle porta-numero gialle che spicca nella foto, anche perché è dotata di faretti polielissoidali sul musetto, specchietti e indicatori direzionali.
Inutile dire, dunque, che non appena ricevuto il comunicato che annunciava la nascita di Officina Moto Italia, sono piombato come un falco pellegrino nella nuovissima sede dell’originale “cooperativa” motociclistica, sita a Settimo Milanese, in via Galvani 16/22, poco distante dalle vecchie locazioni di CR&S e Paton. Ero dannatamente incuriosito dall’operazione, e ancor più da quella Paton con fari e frecce, della quale peraltro si vociferava da tempo. E ad accogliermi ho trovato lo stato maggiore quasi al completo di Officina Moto Italia, ovvero Sarti, Pattoni e Magni, quest’ultimo accompagnato addirittura dal papà, il leggendario Cavalier Arturo, quasi novant’enne.
Mancavano solo Chiaia e la sua Zaeta, assenti per impegni pre-salone.
Eh, si: quella nella foto è la S1 650, la prima Paton stradale da quando Giuseppe “Pep” Pattoni e Lino Tonti, dopo la chiusura del reparto corse della Mondial, nel 1957, costruirono la prima Paton da corsa, creando un marchio chiaramente ricavato dai rispettivi cognomi. Si tratta dunque della prima volta in assoluto che un marchio storico del mondo delle competizioni motociclistiche viene trasferito su una moto stradale!
Per chi non lo sapesse, Pattoni creò dei gioiellini da 125, 250 (di derivazione Mondial) e soprattutto 500 a 4 tempi - ma dalla seconda metà degli anni 70 si dedicò alle V4 a 2 tempi - con i quali corsero alcuni tra i più famosi piloti del mondo: Mike Hailwood, tanto per iniziare, che nel 1958 arrivò 7° al TT e 1° a Silverstone con una Paton 125 (e che tra l’altro, verso la fine degli anni 60, si fece anche realizzare da Pattoni, in collaborazione con lo specialista Belletti, un telaio speciale per la sua bizzosissima Honda 500 a 4 cilindri, in barba al divieto della dirigenza Honda), ma anche Zubani, Pagani, Bergamonti, Toracca e, nel ’74, Virginio Ferrari - che poi corse anche con la 4 cilindri 2T - per citare solo alcuni degli italiani, oltre ai numerosi altri stranieri.
Me le ricordo molto bene le Paton e il loro sound tonante sul rettilineo di Monza: allora le MV dominavano, ma alle loro spalle le verdoni milanesi se la giocavano più che dignitosamente. E mi pare anche che il compianto Bergamonti riuscì a battere Ago e la MV, in una gara del Campionato italiano.
Oggi il marchio Paton è di proprietà di Pep Moto Italia, che vede Mario Pagani come Presidente e CEO.
Ma torniamo a bomba alla Paton S1, praticamente identica, a prima vista, alla più recente versione della leggendaria progenitrice 500 bicilindrica bialbero raffreddata ad aria che, nell’ultima versione affidata a Ferrari nel ‘74 (dotata anche di telaio Bimota), disponeva di una sessantina di cavalli, ma che nelle versioni Replica, realizzate da Roberto Pattoni per gli appassionati amatori (fino ad oggi ne sono state costruite 23), ne eroga 75 alla ruota.
La Paton S1 si propone come una miscela artigianale di linee classiche e contenuti tecnologici moderni. Ed essendo evidente che realizzare una versione stradale omologata Euro 3 del motore montato sulle Paton Replica sarebbe equivalso ad alzare il costo dell’operazione a livelli folli, andava quindi identificato un propulsore già esistente vicino il più possibile al vecchio Paton, ma già bell’e pronto e, naturalmente, affidabilissimo.
E lo staff di Pep Moto Italia ha scelto il motore delle Kawasaki Er-6N e Versys 650, completo di cassa filtro, radiatore, impianto elettrico, collettori di scarico e cablaggi elettrici: un motore molto simile per caratteristiche tecniche (raffreddamento a liquido a parte) al quel celebre bicilindrico Paton 500 nato nel 1964, che tante soddisfazioni diede al mitico Pep: come la fasatura degli scoppi a 180°, che genera l’inconfondibile sound Paton, la distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro e il cambio estraibile.
Chi eventualmente storcesse il naso, sappia che la Paton S1 attualmente pesa meno di 160 kg a secco, quindi il suo rapporto peso-potenza è molto interessante; che è bassa e compattissima (l’ho “provata” staticamente, è francamente mi ha provocato un brivido, lo giuro: sarà l’età...), e che sicuramente sarà molto divertente da usare, su strada e in pista.
La carrozzeria, che sarà solo leggermente modificata rispetto a quella del prototipo, è costituita da serbatoio e sellino (con portaoggetti) in alluminio realizzati a mano, con carenatura in vetroresina. Mentre il telaio del prototipo che vedete in foto - e che potrete ammirare al Salone - è quello della Replica solo leggermente modificato. Chiaramente la versione definitiva avrà un telaio realizzato ad hoc, sempre in tubi di acciaio ma con saldature in ottone a vista (molto cool!), studiato per l’alloggiamento della scatola filtro originale: le quote caratteristiche parlano di 25° di inclinazione del cannotto di sterzo e 105 mm di avancorsa. Il forcellone posteriore definitivo sarà in lamiera di alluminio piegata e con saldature in vista, con una coppia di ammortizzatori Öhlins; la forcella è Paioli (naturalmente tradizionale), le ruote sono a raggi con cerchi in lega leggera e, dulcis in fundo, gli scarichi definitivi saranno a tromboncino come quelli in foto, anche se ovviamente sotto al motore comparirà il classico scatolotto con catalizzatore.
L’omologazione della Paton S1 è prevista per l’inizio dell’anno prossimo, e la struttura attuale di Pep Moto Italia è in grado di costruire dalle 50 alle 100 moto l’anno, che verranno vendute in edizioni numerate. L’inizio della produzione è previsto a inizio marzo 2014, per consegnare le prime moto a partire dalla tarda primavera, a un prezzo orientativo di 25.600 euro.
Insomma, chi sarà in grado di capire ed apprezzare una moto come questa Paton S1, avrà la possibilità di godersi su strada una moto effettivamente unica al mondo e strettamente ispirata ad una racer storica.
Sarà anche posta particolare cura alla realizzazione di accorgimenti tecnici che permetteranno una facile e sicura trasformazione per usare la S1 in pista (cavalletto, luci, targa).
CR&S
La nota factory milanese che ha inventato la Vun e la Duu (ovvero Uno e Due, come il numero dei loro cilindri, in dialetto meneghino, come lo sono anche i relativi libretti di istruzioni e tutte le decal presenti sulle moto) ha subito recentemente un periodo abbastanza movimentato, durante il quale assetto e scelte aziendali sono stati modificati al pari dell’organico. Giovanni Cabassi e Giorgio Sarti si sono rimboccati le maniche, e dallo scorso settembre hanno cambiato sede trasferendosi in questa nuova struttura molto più ampia e funzionale, e nominato general manager l’ingegner Giovanni Mariani, tecnico dalla grandissima e pluriennale esperienza che già collaborava da tempo con CR&S. Mariani si occuperà di riorganizzare l’attività industriale, i contenuti tecnici e qualitativi e l’espansione verso mercati importanti come la Cina, Dubai ed altri. Oltre naturalmente a creare nuovi modelli anche con motorizzazioni diverse, per allargare l’attuale gamma.
Mariani, tra l’altro, è anche titolare della ETA Engine Technology, società di Engineering la cui sede si trova nel capannone attiguo a quello della CR&S, e che si occupa dello sviluppo motoristico.
Nelle foto della nostra gallery noterete una versione particolare della Duu Biotta, presentata esattamente un anno fa: questa si chiama “Ghe nè minga” (leggi “non ce n’è”), ha la struttura portante anodizzata – in questo caso in azzurro, ma l’acquirente (che spenderà ben oltre 30.000 euro per questa moto) potrà ovviamente scegliere un qualsiasi altro colore – ma soprattutto monta una versione maggiorata a 2.200 cc aumentando l’alesaggio del V2 americano S&S, che guadagna dunque un buon 25% in coppia motrice; inoltre questo modello sfoggia pregiate ruote a raggi Kineo con cerchi tubeless, con un mozzo posteriore ricavato dal pieno al CNC, che è un vero spettacolo; e il sistema che occulta il cablaggio elettrico funge anche da elemento estetico particolare. Da notare che su questa moto tutte le parti metalliche, motore compreso, sono satinate e “pulite” manualmente, operazione che comporta parecchie ore di lavoro.
Magni
La novità di Magni per il prossimo EICMA si chiama Storia, e segna il ritorno alle origini dell’azienda di Samarate, che iniziò la sua attività nel 1977 creando le sue prime special attorno ai motore delle 750 SS e America. Di questa moto potrete leggere la presentazione qui.
Magni continua naturalmente anche a lavorare sul restauro di vecchie MV Agusta da competizione, e nella realizzazione di parti speciali. Ma quando la Casa di Schiranna renderà disponibili anche i suoi motori “piccoli”, cioè i tricilindrici 675 ed 800, attualmente impossibili da avere semplicemente perché le nuove MV sono molto richieste, allora vedremo certamente anche nuove Magni MV Special.
Stradale Paton
Per fare una stradale coerente con la sua storia e visto che di 2T non si può più parlare non credo esistano molte possibilità
Moto per ricchi sì mà con molta molta cultura.
Bella idea
Mi duole dire però che ritengo questa Paton un pezzo per ricchi senza troppa cultura motociclistica e mi auguro che ne vendano tanti a Dubai o in Oriente.
Personalmente, per andarci su strada, con quei soldi comprerei un mezzo d'epoca di qualsiasi marca e lo restaurerei alla grande.
In bocca al lupo.