Confronto Sportive

Nei segreti delle Supersportive top 2017: la tecnica

- Un autentico trionfo della tecnica applicata al motorismo per prestazioni assolute. Ecco le tante raffinatezze che contraddistinguono le fantastiche moto della nostra comparativa
Nei segreti delle Supersportive top 2017: la tecnica

Gli autentici capolavori di meccanica provati dai nostri tester sono frutto di un lungo lavoro di ricerca e sviluppo e di una razionale applicazione delle soluzioni più avanzate attualmente disponibili.

Già a un primo esame appare evidente la ricerca della massima compattezza, abbinata alla riduzione del peso, oltre che delle prestazioni più elevate. Per quanto riguarda queste ultime si è lavorato alla ottimizzazione del rendimento termico (forma camera e rapporto di compressione), al miglioramento della respirazione e all’aumento della velocità di rotazione (maggior numero di fasi utili nell’unità di tempo), avendo cura di mantenere un'affidabilità totale e di ridurre al minimo le perdite per attrito e per pompaggio, cosa non facile dati i regimi in gioco.


 

Pistone e fasce della Honda Fireblade SP
Pistone e fasce della Honda Fireblade SP

Come al solito, sono i numeri a dirci come stanno le cose; diamo quindi un’occhiata ai principali parametri motoristici.
L’alesaggio dei quadricilindrici 1000 è compreso tra 76 e 80 mm, mentre la corsa va dai 55,1 mm di Honda e Suzuki ai 49,7 mm del BMW. In una categoria a sé stante rientra il bicilindrico Ducati, con il suo alesaggio monstre di ben 116 mm (abbinato a una corsa di 60,8 mm) e con una cilindrata unitaria, inusitata per una moto sportiva, di ben 642 cm3. Come è logico aspettarsi, il rapporto di compressione è sempre elevatissimo; va infatti da 13 a 13,6 nei motori a quattro cilindri, mentre nel 1299 si attesta su 12,6.

Il rapporto corsa/alesaggio è superiore a 0,7 nei motori Kawasaki, Honda e Suzuki e scende al di sotto di 0,65 nei quadricilindrici Yamaha e BMW. Nettamente diverso è il caso del bicilindrico bolognese, che si attesta su 0,524. Pure stavolta siamo di fronte a un valore record per un motore motociclistico di serie.

 

Il motore Yamaha R1M
Il motore Yamaha R1M

 

La potenza dei 1.000 a quattro cilindri è attorno ai 200 cavalli; poco più, poco meno, sono abbastanza vicine come abbiamo potuto verificare nelle prove al banco prova inerziale. Nel Ducati 1299 la potenza specifica è di 158 CV/litro, cosa logica vista la cilindrata unitaria più che doppia e la corsa maggiore rispetto agli altri motori di questa comparativa, che girano a regimi dell’ordine di 13.000 - 13.500 giri/min. Il bicilindrico di Borgo Panigale eroga la potenza massima a 10.500 giri/min, regime al quale ha una velocità media del pistone (indice affidabile delle sollecitazioni meccaniche) di 21,3 metri al secondo. Nei quadricilindrici BMW, Aprilia e Yamaha tale velocità è compresa tra 22 e 23 m/s mentre nel Kawasaki e nell’Honda supera i 23 m/s e nel Suzuki raggiunge il valore record (per un motore di serie) di 24,2 m/s.

 

Numeri che contano

Elevatissima, per dei motori aspirati, è la pressione media che agisce sui pistoni durante l’espansione, ovvero la “vigoria” delle fasi utili che hanno luogo all’interno dei cilindri, a testimonianza di eccellenti rendimenti volumetrico, termico e meccanico. La pressione media effettiva (PME) in tutti i motori della nostra comparativa è infatti superiore a 13 bar, valore assai vicino a quello delle migliori realizzazioni da competizione.

 

Aprilia RSV4 RF
Aprilia RSV4 RF

 

A livello di architettura il motore Aprilia spicca con la sua V di 65°; mentre tutti gli altri quadricilindrici della nostra prova sono in linea. Tra di essi quello della R1M spicca per l’impiego di un albero a gomiti con perni di manovella disposti su due piani a 90° e di un albero ausiliario di equilibratura con due masse eccentriche. Negli altri quadricilindrici in linea le manovelle sono a 180° e l’albero di bilanciatura (non impiegato nella BMW e nella nuova Suzuki) ha una massa soltanto.

 

Il particolare raccordo del terminale di scarico BMW S 1000 RR
Il particolare raccordo del terminale di scarico BMW S 1000 RR

In tutti i motori la distribuzione è bialbero con quattro valvole per cilindro. Nei 1000 in linea a comandarla provvede una catena laterale, che nel BMW prende il moto da un ingranaggio di rinvio e non direttamente dall’albero a gomiti.
Nel V4 Aprilia si impiegano due catene, disposte ai lati opposti del motore, ciascuna delle quali raggiunge una testa, ove aziona l’albero a camme di aspirazione, in presa con quello di scarico mediante una coppia di ruote dentate. Questa soluzione viene adottata per ragioni di compattezza. Utilizzano punterie a bicchiere i motori Kawasaki, Honda e Aprilia, mentre di recente sia la Yamaha che la Suzuki per i loro 1.000 più potenti sono passati con decisione ai bilancieri a dito (dotati di un riporto superficiale di DLC), seguendo la strada indicata in questo settore dalla BMW con la S 1000 RR.

 

La distribuzione a fasatura variabile Suzuki
La distribuzione a fasatura variabile Suzuki

Di particolare interesse è l’adozione da parte della Suzuki di un sistema di fasatura variabile che consente di cambiare il posizionamento angolare dell’albero a camme di aspirazione rispetto alla ruota dentata che lo aziona. Viene utilizzato un semplice ma razionale dispositivo centrifugo con 12 sfere di acciaio a funzionamento automatico grazie al quale agli alti regimi, mentre rimane invariata la durata del sollevamento delle valvole, diminuisce il loro anticipo di apertura e parallelamente aumenta il ritardo di chiusura.

 

Desmo e velocità

Il motore Ducati si distacca da tutti gli altri non solo per il fatto di avere due cilindri a V di 90° e per l’alesaggio impressionante ma anche (anzi, soprattutto, dato che si tratta di una raffinata esclusività della casa bolognese) per essere dotato di una distribuzione desmodromica. Per ogni valvola ci sono due bilancieri (uno a dito di apertura e uno a due bracci di chiusura), che vengono azionati da due eccentrici aventi profili coniugati. Ciascun albero a camme è quindi dotato di quattro eccentrici e fa muovere due valvole in entrambi i sensi. Per azionare la distribuzione si fa ricorso a un sistema misto: i due alberi a camme alloggiati in ciascuna testa vengono trascinati in rotazione da una catena a bussole, comandata dall’albero a gomito, che trasmette il moto a una terna di ingranaggi.

 

Honda CBR 1000 Fireblade SP
Honda CBR 1000 Fireblade SP

 

In tutti i motori in esame si impiegano pistoni forgiati, di altezza estremamente modesta in relazione al diametro e con il mantello ridotto ai minimi termini, per limitare gli attriti e per diminuire il peso. I 1.000 hanno le canne dei cilindri integrali con riporto superficiale al nichel-carburo di silicio. Nel motore Ducati si utilizzano invece canne in acciaio, del tipo riportato in umido con bordino di appoggio superiore. Per quanto riguarda le bielle, spicca l’impiego del titanio da parte della Yamaha.

Naturalmente, l’albero a gomiti in tutti i motori in esame è in acciaio forgiato e lavora su bronzine. Il basamento, fuso in lega di alluminio con notevole tenore di silicio, nei motori a quattro cilindri si apre secondo un piano orizzontale che taglia a metà i supporti di banco. Nel bicilindrico Ducati è invece formato da due semicarter che si uniscono secondo un piano verticale longitudinale; spicca inoltre il ricorso da parte della casa bolognese a un raffinato procedimento di pressofusione sotto vuoto (sistema Vacural).

 

Suzuki GSX-R 1000
Suzuki GSX-R 1000

 

Per quanto riguarda i sistemi di lubrificazione, quelli dei quadricilindrici ormai possono essere definiti a carter “semisecco”, data la netta separazione tra il vano ove è alloggiato il manovellismo e la coppa, piazzata sotto l’alloggiamento del cambio e dotata di un profondo “pozzetto” che consente alla pompa di “pescare” l’olio anche nelle condizioni più estreme, come nelle impennate e nelle frenate più vigorose. Molto interessante la soluzione adottata dalla Yamaha, che prevede l’ingresso dell’olio destinato alle bronzine di biella tramite canalizzazioni assiali praticate alle due estremità dell’albero a gomiti; alle bronzine di banco il lubrificante arriva invece come di consueto da passaggi praticati nel basamento, che partono direttamente dalla canalizzazione principale. Adotta un sistema a carter secco, con la camera di manovella che viene mantenuta in depressione, il bicilindrico Ducati.

 

Onde di pressione

Nel “reparto” alimentazione appaiono molto netti i trend che portano all’impiego di airbox sempre più grandi e alla adozione del doppio iniettore. Semplicemente impressionanti sono i corpi farfallati del diametro di 46 - 48 mm utilizzati per far respirare cilindri della capacità di 250 cm3. Per migliorare l’andamento della erogazione, ossia per ottenere curve di coppia più piene e dall’andamento più regolare, i tecnici si sono sbizzarriti in fatto di trombette di aspirazione (talvolta di lunghezza variabile) e di geometria dei sistemi di scarico, con raccordi e collegamenti tra i tubi discendenti che contribuiscono a migliorare lo sfruttamento delle onde di pressione. Va anche segnalata la tendenza ad impiegare sempre più diffusamente il titanio a livello sia di tubi che di silenziatori di scarico.

 

Kawasaki ZX-10RR
Kawasaki ZX-10RR

Molto evoluta è la gestione elettronica per quanto riguarda la sfruttabilità delle prestazioni. In un prossimo articolo parleremo delle piattaforme inerziali che equipaggiano anche queste moto, qui ci limitiamo a dire che tutte e sette - tutte dotate di acceleratore ride by wire - offrono la possibilità di modificare i riding mode, l'erogazione della potenza e il controllo di trazione, inoltre offrono l'anti impennata, il launch control, il cornering ABS, l'intervento sul freno motore e in certi casi anche il cruise control, il limitatore di velocità in pit lane e lo slide control. Si tratta di importanti controlli elettronici che consentono di sfruttare l'enorme potenziale motoristico e ciclistico tanto ai piloti come ai normali appassionati.

 

Anche nella ciclistica Ducati è diversa

Nella parte ciclistica le scelte tecniche di base sembrano notevolmente standardizzate. Tutti i modelli a quattro cilindri impiegano telai a doppia trave di rilevante sezione con una struttura che viene completata dal motore, il quale ha una funzione più o meno stressata a seconda dei casi. In una categoria a sé rientra la Ducati, nella quale il telaio è monoscocca e il motore ha una funzione portante addirittura essenziale.

 

Ducati 1299 Panigale S
Ducati 1299 Panigale S

 

La scelta per quanto riguarda l’inclinazione del cannotto di sterzo ormai è abbastanza ristretta; per le moto più sportive, e quindi anche per quelle della nostra prova, si sono affermati da tempo valori compresi tra circa 23° e 25°. L’avancorsa varia da 95 a 102 mm, ma nella Kawasaki raggiunge 107 mm; la ZX-10R è anche la moto con il cannotto di sterzo più inclinato. Nello sviluppo delle più recenti versioni delle supersportive stradali i tecnici hanno lavorato con particolare impegno alla centralizzazione delle masse; in diversi casi ampie attenzioni sono state dedicate all’aumento del carico gravante sull’avantreno, spostando il motore più avanti, e all’allungamento del forcellone oscillante.

Le sospensioni di ultimissima generazione impiegate sulle moto della nostra prova meriterebbero una trattazione a sé, che ci proponiamo di fare in futuro. Nel reparto freni la scena è sempre più dominata, all’anteriore, dalle pinze monoblocco Brembo, che lavorano in abbinamento con dischi aventi diametri compresi tra 320 e 330 mm.

  • Bonds
    Bonds, Palaia (PI)

    Tecnica

    Il Ducati non è a carter secco, tanto è vero che presenta una pronunciatissima coppa a pozzetto, e dentro vi è alloggiata una normalissima succhieruola.
    Esiste, questo è vero, una pompa di recupero che mantiene asciutta e in depressione (almeno così asserisce Ducati, ma vorrei sapere il valore di questa "depressione") la camera di manovella, ma questo non fa del sistema di lubrificazione Ducati un carter secco propriamente detto.
    La pompa di mandata risucchia l'olio dalla coppa, invece di riceverlo dall'alto (quindi sotto battente geodetico).
    Insomma, basta confrontare questo con i normali motori da fuoristrada (serbatoio nella triangolatura cannotto), negli H-D (scusate la bestemmia...), o addirittura nel vecchio Rotax 990 montato su Aprilia: il serbatoio olio è INVARIABILMENTE posto più in alto della pompa di mandata, questo fa la differenza.

    Grazie.
    Bonds.

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    Risponde l'autore dell'articolo.
    Il sistema di lubrificazione è a carter umido quando la coppa, collocata sotto la camera di manovella, è in diretto collegamento con essa e l’olio le arriva per gravità. C’è solo la pompa di mandata (che aspira l’olio dalla coppa e lo manda in circolo).
    Il sistema è invece a carter secco quando l’olio viene aspirato dalla camera di manovella, tramite un pozzetto o delle feritoie, da una o più pompe di recupero, che lo inviano al serbatoio. Quest’ultimo può essere fissato in qualunque punto della moto, venire ricavato nel telaio o addirittura nel forcellone (vedi Buell). Ma può anche essere incorporato nel basamento (vedi vecchie Royal Enfield bicilindriche), in un coperchio laterale (vedi scuola austriaca) o essere fissato inferiormente al basamento stesso. In quest’ultimo caso assume la forma di una profonda coppa, che però è nettamente separata dalla camera di manovella. Questa soluzione viene usualmente impiegata nelle MotoGP.
    Dunque nella moto in oggetto il sistema è a carter secco.


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  • Crovo465
    Crovo465, Salsomaggiore Terme (PR)

    Bravi come sempre.... bellissimo e interessantissimo articolo!
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