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Nico Cereghini ci racconta gli anni Settanta, 7ª puntata

- Un periodo mitico del motociclismo, tanto che le moto di allora sono ancora le più richieste. Nella settima puntata: la Honda Gold Wing 1000, la RG 500 e Lucchinelli, Read, Lansivuori, Toracca, Bonera, Coulon... | N. Cereghini
Montesa Cota del 1968
Montesa Cota del 1968

trial, e ricordo i fratelli Brambilla e i Bonera in Brianza, ma anche Lusuardi e Villa a Modena, e i romani e i siciliani. Il primo campione italiano di trial fu il Teto Adamoli di Premana, in Valsassina. Un grande. Nel ’76 nacquero, quasi contemporaneamente, le prime due moto da trial italiane la Fantic e Lancillotti forse addirittura antecedente. Nel '78 la prima moto da trial di alta cilindrata, la SWM, che partecipò al mondiale con Coutard e nell’81 fu iridata con Burgat. Più avanti sarebbero arrivati i titoli mondiali anche per la Fantic Motor, la Beta e l’Aprilia.

Tra le marche giapponesi la più attiva sul mercato mondiale era in quel momento la Suzuki. Sì, comparvero altre belle moto come la prima e innovativa Honda Gold Wing 1000 nel ’74, il massimo del comfort, e tre anni più tardi arrivò anche la Yamaha XS 1100 da 95 cavalli, con il cardano; ma Suzuki osò di più e il Wankel ne è l’esempio più eclatante. Si chiamava RE 5, questa moto a pistone rotante del ’74 disegnata da Giorgetto Giugiaro; aveva richiesto investimenti senza precedenti, erogava 63 cavalli con una coppia da paura, però consumava parecchio, il mercato non gradì, venne abbandonata dopo un biennio e anche la Suzuki passò alle sue prime quattro tempi con la GS 750 quattro cilindri, che aveva più o meno la stessa potenza, 64 cavalli, girava molto in alto e sfiorava i 200 all’ora. Bella, la mia era azzurra.. Ed ecco qui la moto simbolo degli anni Settanta, almeno dei miei: la RG 500.

Costruita in soli sessanta esemplari nell’inverno tra il ’75 ed il ’76, la RG costava l’equivalente

RG 500
RG 500

di 60.000 euro di oggi o giù di lì, miagolava con un sound spettacolare ed era la copia della moto ufficiale: quattro cilindri in quadrato, ammissione a disco rotante, quasi cento cavalli, circa 140 chili e serbatoio da 36 litri. Nelle partenze a spinta non era una piuma, ma non si era mai visto niente di simile e di colpo la griglia della 500 si arricchì: prendevano il via da 30 a 36 piloti secondo il circuito, e dovevi fare il tempo altrimenti tornavi a casa. Lucchinelli, Read, Lansivuori, Toracca, Bonera, Coulon, tutti correvano con quella e un giornalista-tester come me poteva girare a un secondo dal campione del mondo. Che fu Barry Sheene, naturalmente, il grande Barry che abbiamo conosciuto nella terza puntata. La RG avrebbe avuto un a lunghissima carriera.

A proposito di corse, tutto non si può raccontare, ma una nota merita certamente la famiglia Lazzarini che oggi è rappresentata dal fortissimo Ivan nel mondiale Supermoto, ma che nello zio, Eugenio, ha il suo simbolo: pesarese, tre volte campione del mondo nelle piccole cilindrate alla fine degli anni Settanta, lui ha corso con Morbidelli, Kreidler, MBA, Garelli, Piovaticci, ma soprattutto con la Lazzarini costruita in casa, anzi in cantina, insieme al fratello Enzo. Il loro libro ve lo abbiamo presentato di recente ed è una gran bella storia di passione targata anni Settanta.

Chiudo con un amico che non c’è più. Walter Villa è scomparso giovane, dieci anni fa ed era uno dei più forti piloti italiani di sempre. Modenese, tecnicamente molto preparato, simpatico e spiritoso, lo chiamavamo il reverendo per la pancetta, il gusto della buona tavola (i suoi amici di Castelnuovo Rangone portavano i migliori salami del mondiale) e la saggezza da ridere che spargeva volentieri; era rimasto coinvolto nel terribile incidente di Monza nel ’73: gravissimo, fu salvato dal dottor Costa per un pelo, e allora è stato uno dei più attivi a battersi per la sicurezza quando non era vantaggioso mettersi contro la FMI e i gestori delle piste. Ago, per dire, non lo faceva. Walter ha vinto il titolo nel ’74, ‘75 e ‘76 con l’Harley-Davidson 250, e ha fatto doppietta con la 350 nell’ultimo anno. Ventiquattro vittorie. Ma ha corso anche con la Benelli, poi con le Triumph, e per anni è stato collaudatore per la Pirelli, instancabile e prezioso.

  • moreno05
    moreno05, Sesto San Giovanni (MI)

    il primo campione italiano di trial...

    ...fu Giovanno Tosco, per due volte consecutive, poi Baldini, quindi Fulvio Adamoli nel 1978...
  • teoris
    teoris, Lacchiarella (MI)

    ...forse non è solo questione di moda...

    ...ma anche di "popolazione" motociclistica che cambia.

    Chi ha vissuto i '70 (ed anche gli '80) in modo cosciente, vale a dire non in fasce, oggi ha un'età che vai dai 35 ai 50, e questa è la fascia d'età in cui mediamente si ha (forse) la fortuna di avere anche un po' di disponibilità economica per restaurare, riesumare o comprarsi una vintage così da rivivere in qualche modo i propri vent'anni.

    A me le moto dei '70 piacciono perché, nato nel 1970, le vedevo con gli occhi di un ragazzino di 10 anni, cioè come qualcosa di incredibile, irraggiungibile e terribilmente affascinante...le Kawa o le CB Four, o le KTM quando ancora avevano il serbatoio bianco con la banda Blu o il Caballero 150 con la borsa di pelle per gli attrezzi sul serbatoio erano la Moto. E da lì, lo ammetto, il mio gusto non si è spostato più di tanto...Sì, poi ho comprato e guidato altro, però, visto che la moto è passione irrazionale, giuro che anche l''ultimissima Ducati, messa a fianco di una di queste vecchie glorie, mi sembra bellissima sì, ma con poco fascino (non me ne vogliano tuti i Ducatisti, ma non riesce a farmi battere il cuore come una Scrambler 350, (tanto per restare in casa Ducati). Se vedo una Paso750 mi giro e mi schianto contro un palo per vederla. Credo che, alla fine, sia semplicemente una questione di imprinting.

    A 16 anni sognavo le gesta dei piloti della Dakar (era l'86), così nel 2001 mi sono comprato un TT600 del 90 conciato maluccio. L'ho smontato, risistemato e riportato ad una qualche forma di vita...e confesso che se mi offrissero un GS1200 nuovo fiammante (o una SuperTénéré 1200, o una Crosstourer...) non me ne fregherebbe nulla: quello che mi dà il TT al solo vederlo o al solo sentirlo fare quel bel pum-pum-pum che ha al minimo non è nemmeno 1000 anni luce vicino a quanto mi trasmette una qualsiasi moto moderna. Non credo di essere l'unico in queste condizioni.

    E poi non dimentichiamo una cosa: negli anni 70 ed 80 il mondo delle moto ha visto affacciarsi sul mercato dei concetti di moto totalmente nuovi e del tutto rivoluzionari...come dire, era un po' tutto da inventare, adesso per le case motociclistiche si tratta di andare a riempire quei piccoli angolini che il mercato già sovrasaturo di fatto ha colmato al 1000%, riuscendo ad andare a creare bisogni e cose che non ci servono.
    Non credo succederà in futuro questa cosa che accade a "noi 40-50 enni"...la fine degli anni '90 ed il decennio 2000-2010, con l'avvento degli scooter e di moto più plasticose, non credo potrà risvegliare così tanta passione tra qualche anno. Magari mi sbaglio (lo faccio almeno 20 volte al giorno!), ma penso che il motivo di tutto questo revival sia anche questo.

    Poi, che in mezzo a tutto questo ci sia gente che lo fa per moda e basta è pacifico, ma questo vale per qualsiasi cosa. Anche negli anni 90 si vendevano migliaia di moto attrezzate da deserto che vedevano poi consumare la propria esistenza sulle tangenziali...ora che ci penso, però, questo succede anche oggi!!!! :-)

    Dimenticavo: Grazie NICO!!!
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