Nico Cereghini: “Collaudatori: gente bella tosta”
Ciao a tutti! Lo Sviluppo era per me un termine fastidioso, per incrementare il quale, ancora da adolescente, mi toccava ingoiare dei gran cucchiai di una porcheria che si chiamava olio di fegato di merluzzo. Ai miei tempi si usava torturare i bambini. E così ancora oggi, quando sento parlare di Ricerca e Sviluppo, un po’ mi dà noia. Preferisco allora dirla all’inglese: R&D. E qui mi sento modernissimo.
Di R&D non parlavano i collaudatori di moto fino agli anni Ottanta. Parlavano semmai di tresette e “ciapanò”, di giochi di carte. Ne conoscevo diversi, specie della Aermacchi e della MV, che passavano da Milano mentre facevano i chilometri, e con la scusa di ritirare qualche particolare dal Menani –che era Angelo Menani, produttore di parti speciali racing in via Lombardini vicino ai navigli- si trasferivano volentieri nella vicina trattoria “al bolognese”. Pranzo veloce, seguito da interminabili partite a carte, mentre a far chilometri sullo strumento della moto pensava il tornio, collegato al cavo, nel retro dell’officina Menani. Voi dite che era un imbroglio e che magari ci è costato il sorpasso da parte dell’industria giapponese? Siete severi, però può darsi che abbiate ragione; ma era anche legittima difesa, perché l’ufficio tecnico pretendeva da quei poverini 700 km al giorno anche con la neve e il gelo sull’asfalto. A quei tempi si usava torturare anche i collaudatori.
Non erano tutti così. C’erano soprattutto quelli che collaudavano sul serio, e del resto tanti di loro hanno pagato un prezzo altissimo, sono caduti sul lavoro. In un certo periodo, e penso soprattutto alla squadra del vecchio Cereda in Guzzi e alle pericolose strade del lago di Como, i collaudatori morivano troppo spesso e ci si incontrava ai funerali, drammatici, di una vittima troppo giovane, magari padre di famiglia, che lasciava vuoti terribili. E mi ricordo che ai tempi di De Tomaso i collaudatori della Moto Guzzi erano frustratissimi, perché dopo tutte quelle migliaia di chilometri loro proponevano magari un certo ammortizzatore o un certo pneumatico; e poi l’ufficio acquisti, su pressione della direzione, ne deliberava un altro per risparmiare mille lire. Oggi, per fortuna, il mestiere del collaudatore è più garantito, anche se il rischio resta alto. In Ducati, per esempio, sono dieci gli uomini che fanno km all’R&D, mentre le moto di serie che escono dalla linea vanno a girare sui rulli, e solo a campione finiscono sulla strada.
Ne conosco tanti, tra i collaudatori di oggi, gente simpatica con cui ci si intende benissimo. Per forza, sono motociclisti! E spesso sono severi con le moto che sviluppano, ci tengono a dare pareri obiettivi, conoscono tutte le moto di riferimento e sono anche dei gran bei piloti, delle belle manette. Pensateci, quando siete alla guida della vostra moto e ne siete soddisfatti: prima di voi, altri l’hanno guidata a lungo con professionalità.
Chi è che...
Per le riviste del settore, in particolare Motociclismo, erano, e lo sono ancora, una risorsa primaria, irrinunciabile, così come le motociclette. E molti dei collaudatori, assolutamente anonimi per il settore auto, erano dei veri e propri personaggi, come il caro Nico, forse più famoso come collaudatore che, meglio ribadirlo visto che Lui lo è stato davvero, come pilota della indimenticata 500 e di altre categorie.
Allora il pensiero era differente da quello attuale: "Tanti soldi, ma quanto rischiano". No. Allora si pensava "E li pagano pure per fare il lavoro più bello del mondo."
Da grande avremmo voluto essere tutti collaudatori.
E frasi come "il fascino sornione della barba" hanno consegnato alla storia, mia personale, e di tutti, due campioni: Nico Cereghini e la Yamaha V-Max 1200...
Grazie...
Nico ma i commenti li leggi ?
ciao
andrea