Nico Cereghini: “Sulle strade ritorna il cantoniere?”
Ciao a tutti! Il pezzo della scorsa settimana su Automoto.it (con l’annuncio dello sblocco degli investimenti sulla manutenzione delle strade, ma con tempi lunghi) è di quelli che agitano i nostri lettori: sarà anche aumentata del 17% la produzione di bitume e saranno ripresi gli investimenti dell’ANAS, ma le prospettive sono lunghissime, dodici o quindici anni per mettere le strade in sicurezza, e tempi doppi per rifare tutti i 600.000 km della rete nazionale. Se qualcuno voleva rassicurarci, ha ottenuto l’effetto contrario.
Negli stessi giorni rimbalza dalla Liguria una notizia piuttosto interessante: in quattro comuni della Bassa Valle Arroscia, entroterra di Albenga, in provincia di Imperia, sta per tornare una figura scomparsa da anni: quella del cantoniere, che si occuperà delle piccole manutenzioni del suo tratto di strada, segnalerà i vari problemi e sarà, insomma, un guardiano della vallata. L’iniziativa rientra in un progetto europeo per la promozione dei territori a rischio di spopolamento: con durata di tre anni, centomila euro di finanziamento per cominciare, e la speranza che prosegua nel tempo. Perché tutti sappiamo che in Appennino, come in tante altre zone, sono stati fatti errori imperdonabili, a partire proprio dall’abbandono del territorio nazionale. E tra le conseguenze ci ritroviamo strade dimenticate.
Il cantoniere, figura antica. Pochi di voi lo avranno conosciuto. Le case cantoniere, quelle sì: tutti le vediamo ai bordi delle nostre strade statali, per lo più in uno stato di totale abbandono. Il loro colore rosso “pompeiano” è ancora visibile sotto i crolli e i cedimenti. Sono circa milleduecento in tutta Italia; l’Anas aveva lanciato nel 2016 un bando per riqualificarle all’insegna del turismo sostenibile, ma delle trenta case proposte pare che soltanto due abbiano sollevato un certo interesse, una vicino a Cortina, e l’altra a Dervio, sul lago di Como. Forse gli investimenti richiesti non erano così sostenibili… Per fortuna non mancano recuperi importanti - come quelli della provincia di Parma a Berceto e a Cassio, sulla via Francigena - con la realizzazione di spaziosi ostelli per i viandanti ben gestiti dalle cooperative locali.
Le case cantoniere dell’ANAS ospitavano di solito due lavoratori e i loro nuclei familiari. Un uomo governava il tratto di 4 o 5 chilometri (il cosiddetto cantone) a lato della casa, l’altro il tratto opposto, con una rimessa comune per gli attrezzi e i materiali vari. Ma esistevano anche i cantonieri comunali, che negli anni Cinquanta erano detti “stradini”.
Questi dipendenti comunali curavano strade generalmente sterrate, e il lavoro era tosto: spargere la ghiaia, riempire le buche, pulire i fossi, tagliare le erbacce. Avevano a disposizione una pala, il piccone, il martello, la falce e una carriola. Qualche volta dovevano procurarsi la ghiaia da sé, spaccando le pietre con il martello in un lungo lavoro. Uno di loro lo conoscevo personalmente, in Valsassina, oggi provincia di Lecco: Eera il padre della “tata” che si occupava di noi piccoli, allora ero un bimbetto. Lo vedevo spesso al lavoro, mi faceva una certa impressione perché aveva un cappello nero, era sempre pieno di polvere, eppure fischiettava e pareva contento. Adesso leggo che il suo mestiere era tra quelli più invidiati nelle campagne: stipendio fisso e ferie pagate.
Saranno quattro, dopo la preparazione tecnica, i cantonieri assunti in Bassa Valle Arroscia, nell’imperiese. La loro figura mi ricorda più lo “stradino” che il cantoniere: attrezzatura minima, nessuna casa in uso, presenza fissa sulla strada. Per lo più saranno le sentinelle del territorio. Poi, quando servirà l’intervento della squadra e dei mezzi, speriamo che ci siano anche i fondi, sennò saremo punto e a capo.
Perché quel palliativo che è il catrame a freddo abbiamo visto tutti che dura giusto il tempo fra un acquazzone e l'altro!
È pensare che per fare le strade svizzere vengono chiamate aziende ITALIANE.
fate un po' voi😣🤦♂️